Una Brigata di memoria, di cultura, di utopie,
di speranze, d'informazione, dell'uomo.

 














 
Le BiELLE RECENSIONI
Ambrogio Sparagna: "Ambrogio Sparagna"

Poche palle: è una meraviglia!
di Giorgio Maimone

Poi capita un giorno in cui ti trovi tra le mani un disco che non sapevi nemmeno dovesse uscire. Disco autoprodotto, poco pubblicizzato. Anzi, per niente. Ma prova a metterlo sul lettore e ascolta. Il primo pezzo si chiama “L’onore”: l’organetto è riconoscibile. La prima voce no. Ma la seconda non mette dubbi. E’ il principe: Francesco De Gregori. E il prezzo è epico, all’altezza delle sue cose migliori. Le due voci si intrecciano nell’inciso e si separano di nuovo nella strofa e ne entra una terza (Patrizio Trampetti). Siamo già affascinati. Mandola, chitarra, percussioni, tofa (conchiglia) e contrabbasso. Musica popolare delle migliori: il ceppo è sano e il disco è una meraviglia: Ambrogio Sparagna si chiama l’organettista, Ambrogio Sparagna si chiama il primo cantante e “Ambrogio Sparagna” si chiama anche il disco.

Come se fosse il primo prodotto di un debuttante. E’ invece il decimo disco di Ambrogio, un personaggio che è riuscito a farsi una fama non indifferente in Italia a seguito delle sue numerose escursioni nelle musiche di confine e la frequentazione con Francesco De Gregori (avete presente l’organetto in “Fine di un killer”? Era lui), ma anche con Giovanni Lindo Ferretti (“Litania” è lo spettacolo della serie “La musica dei cieli” che porteranno anche al Festivaletteratura di Mantova in settembre), Teresa De Sio, Rita Marcotulli, Francesco Di Giacomo (ex Banco), Lucilla Galeazzi, tutti, tranne Ferretti, impegnati a portargli tributo all’interno di questo disco che, ripeto, è una vera chicca di stagione. Da non perdere se la musica popolare per voi vuol dire qualcosa.

E se Francesco De Gregori apre il disco da par suo, Teresa De Sio in pratica lo chiude con un’intensa “Fra Fre Fro” che serve ancora una volta in più a farci sentire la mancanza, ormai da troppo tempo di un disco nuovo made in De Sio-Napoli. Ma i duetti, anche se usati al meglio, non sono tutto nel disco. Certo Francesco Di Giacomo è grande in “Senza fucili e senza cannoni” e Lucilla Galeazzi essenziale ed emozionante ne “La madre”. Le collaborazioni eccellenti continuano con Pasquale Minieri (Avion Tavel, Carnascialia, Nada, Capossela, GianMaria Testa) alla produzione e con Erasmo Treglia (Aquaragia Drom) alla prodeuzione esecutiva (oltre che addetto a ciaramelle, ghironde, scacciapensieri, torototela).

Ma le canzoni migliori (e qui sta un’altra sorpresa) sono quelle dove Ambrogio è da solo. “Ruccano”, la seconda canzone, è tutta cantata da Sparagna stesso, se non vado errato al debutto assoluto come cantante, ed è il punto di volta dell’architrave sonora del disco. La storia del suonatore Ruccano che “passa de là /allo vedere attorno chell’ammuina / chella situazione isse ha da cagnà / … / Ruccano comincia un organetto a suonare / e la magia subito se va a scuppà / lo strumento cresce, diventa gigante / la gente capisce che se po’ salvà / … / lontano da un mondo che puzza di morte / l’organetto vola e la gente è sicura / verso un altro mondo senza più paura”.

E delicatissima è “Stella che passa”, come la conclusiva “Nerina”, affidata al piano di Rita Marcotulli e alla voce e all’organetto di Sparagna. O ancora vogliamo parlare della bellezza di valzer della “Chiarastella”? O della carica vitale de “La bonavita” (canzone per Jacuruzingaru): “Sono turnate tutte ‘e parole / tutte chelle c’amme parlate / so’ turnate tutte canzone / tutte chelle c’amme cantate”.

Insomma trovo solo un punto debole in un lavoro che, di ascolto in ascolto, mi è sempre più facile appendere alle categorie del meraviglioso ed è la durata limitata: poco più di 46 minuti. Ma forse una durata maggiore avrebbe intaccato la forza poetica del lavoro. Forza poetica che è ancora meglio riassunta nelle note introduttive dell’album, ancora stillate dalla penna (in questo caso prolifica) di Ambrogio Sparagna.

“Caro amico che ti avvicini ai miei suoni, le storie che ascolterai per anni le ho tenute gelosamente nascoste, un sentimento intriso di timore e tenerezza mi impediva di cantarle, ma con il dono della paternità qualcosa è cambiato. Le volte che vedo Matilde e Giacomo guardarmi mentre canto, mi rivedo piccolo, quando rimanevo incantato, seduto intirizzito sulla pedaliera dell’organo della chiesa di Santa Maria, a sentire le miracolose gesta dei cori degli angeli che mio padre cantava durante i lunghi mattini delle novene di Natale. Il loro entusiasmo mi ha ridato fiducia in quell’arte antica della parola cantata che dà vita alla canzone e mi ha spinto a diventare finalmente anch’io un cantastorie. Ho deciso di recuperare il tempo perduto e con l’aiuto di molti amici ho realizzato questo disco. Insieme abbiamo cantato storie, sentimenti, favole che traggono la loro ispirazione nella memoria della civiltà contadina dell’Italia degli Appennini e ora affettuosamente te le affidiamo affinché anche tu possa aiutarci a farle continuare a vivere, lungo quelle strade speciali dove ancora viaggiano le storie cantate, al riparo del rischi dell’oblio”.

Ambrogio Sparagna
"Ambrogio Sparagna"

Finisterre - 2004
Nei negozi di dischi

Ascolti collegati

Ultimo aggiornamento: 01-08-2004

HOME