"No
si cresj avonde mai cence bogns ricuarts
Si vif distes, ma coste un pouc de plui"
di Giorgio Maimone
"Non
si cresce mai abbastanza senza buoni ricordi. Si vive comunque,
ma costa un po' di più". Luigi Maieron poeta furlano
e cantante di gran vaglia. Prendete Leonard Cohen, fatelo cantare
in lingua carnica, su musiche di Nick Drake e avrete un idea di
cosa può proporvi Gigi Maieron. Siamo dalle parti di un signore
di 48 anni con molti capelli bianchi e una gradevole aria da "duro"
vissuto, ma dal cuore tenero che canta dei suoi piccoli spostamenti
dell'anima e del tempo che passa (e una volta che è passato
diventa "di seconda mano". Le parole sono il piatto forte,
parole intense, parole pensate, parole vissute e "emesse",
sussurrate, proposte con gentilezza, con un attitudine dolce che
non può non toccarti il cuore.
C'è
profumo di cose buone e antiche tra le pieghe delle canzoni di Maieron:
polenta e castagne, latte caldo e vino fresco di neve. E c'è
soprattutto il senso del tempo che passa (non invano) e che passando
ti regala le parole che hai sempre cercato per spiegarti la vita.
Guardare il passato per capire il presente.
Ma
Gigi Maieron è tutt'altro che una figurina da presepe, una
rarità per turisti "culturali", pronti a cogliere
al volo l'ultima stranezza. Maieron è un cantautore a tutto
tondo, che appartiene al mondo attuale e che canta le sue storie
usando la sua lingua natale, esattamente come Davide Van De Sfroos
fa con la sua o Daniele Sepe con la propria. Un uomo che si racconta
e lo fa con pudore, con sullo sfondo un'orchestrina di paese.
Piccole
storie per tirare la sera, piccole storie per far passare la notte.
Volete sedervi ad ascoltarle? "Le lacrime sono fatte così
/ un po' di vita che si trasforma in pianto". "Ho chiamato
la vita per chiarire la questione/ abbiamo scelto la bottiglia,
tolto il tappo/ bevuto come fratelli/ come vecchi amici". "Foglie,
foglie cadono/ sul prato cadono sul prato/ i fuochi d'autunno, l'aria
di neve/ il mio paese che piano batte sui ricordi" "Cos'è
questa nebbia che non si apre, quest'aria di alti e bassi che non
ti lascia?" "Si vive di mura e di finestre alte".
"Sono gli ultimi pensieri di una nuova giornata/ si salutano
gli amici e si resta guardare/la vita si muove e ogni giorno si
fa leggere / se i tuoi occhi sono liberi, i tuoi occhi sono per
lei".
Grandi
testi, grandi emozioni, musica crepuscolare con un'eccellente lavoro
di produzione di Michele Gazich (un nome una garanzia? Inizierò
a pensarlo). Pochi strumenti: la chitarra di Maieron, viola e violino
di Michele, una fisarmonica (Luca Ferro), un flauto (Elena Ambrogio),
ogni tanto un basso (Giancarlo Prandelli). E poi l'uso della voce.
Tenuta sempre sul registro basso, alla caccia di emozioni che possano
prenderti sotto cinta. Una voce, come Cohen, decisamente sensuale,
una voce in grado di restarti dentro. Come una nebbia sottile. Come
il crepitare di legna. Come la solidità intrisa di tenerezza
che sembra passare. Un uso della voce che, forse, può avere
a che fare con la produzione di Massimo Bubola (il disco esce per
la Eccher Music). Lo stesso tono di scuro che il cantautore veronese
cerca di mettere nei suoi dischi, ma che a Maieron viene naturale.
Infatti nel disco precedente di Luigi ("Anime femine"
1998 - credo introvabile, ma ci sono dei file real player sul suo
sito internet: www.maieron.it) le tonalità sono più
alte e l'atmosfera coinvolge meno. Insomma: grandi testi, grande
voce, grande musica: c'è di che volare!
Luigi
Maieron
Si Vif
Eccher Music 2002
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aggiornamento: 24-04-2002 |