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Le BiELLE RECENSIONI
 
Francesco Guccini: "Ritratti"

Warning! "Guccini inside"
di Leon Ravasi

Ma si può fare una recensione di Francesco Guccini? Dunque, a memoria, non ne ho mai fatte. Esaminiamo il problema: se Massimo Bubola rappresenta una fetta della canzone italiana, Guccini “È” tout court la canzone d’autore italiana. Storia coi controfiocchi e le medaglie. E poi l’ebbrezza di finire per diritto e a rovescio in una canzone del Guccio l’ha già provata Bertoncelli. Ma Guccini si può recensire? In linea di principio sì, ma probabilmente no. Per farlo dovrebbe scrivere canzoni e Guccini ha smesso da un po’. Non che non sforni periodicamente materiale più che degno di essere ascoltato, ma sono ancora canzoni? Se una canzone, in fondo, deve essere costituita di un meccanismo ripetitivo che ne favorisca la memorizzazione e la cantabilità, beh tutto questo in Guccini non c’è. Ci sono dei racconti, a volte lunghi, a volte più brevi, con accompagnamento di musica, dove il cantante Francesco, a volte pronuncia solo le parole e a volte le allunga in una forma di strascicato declamare, che canto non è. Ma se chiamiamo canzoni l’hip hop, forse possiamo farlo anche con Guccini. E allora veniamo a parlare di “Ritratti”, un disco atipico, un disco di Guccini. Nove canzoni, senza perle, ma con momenti di grande fascino.

“Ritratti” perché si parla di persone: Ulisse, il Che, Carlo Giuliani, Cristoforo Colombo, la zietta, la moglie, se stesso, ma ognuna di queste canzoni non è altro che l’occasione per fare i conti con varie storie, con diverse urgenze di dire, macchiate di passioni civili, culturali, personali. Guccini è Guccini e un suo cd dovrebbe portarlo scritto: “Guccini inside”, come l’Intel ama marchiare i suoi computer. Per non correre rischi, per tenere lontani i non appassionati, i non-aderenti al culto del maestrone di Pavana. Che a dire il vero, comunque, in questo cd fa qualcosa in più per essere amato.

Ma Guccini, la domanda ritorna insidiosa, si può davvero recensire? Quando lui stesso dichiara nelle interviste di presentazione al disco che non gliene frega niente che le musiche siano sempre eguali, tanto a lui interessa quello che ha da dire e finché gli piacerà dirlo in canzone andrà avanti a farlo. E non serviranno a frenarlo nemmeno i critici velenosi che azzardano che, oltre alla “r” al nostro inizia a difettare anche la “s” diventata sibilante per problemi di dentiera. A parte che nel disco non si sente e che la voce del Guccio suona ancora possente e ben motivata. Poi può darsi che sia un po’ difficile capire l’attualità di ritratti come “Odysseus” o “Cristoforo Colombo”, per quanto quest’ultimo veda “le babeliche torri di cristallo”, “sciami assordanti d’aerei” “quell’inutile America amara”.

“Cristoforo Colombo”, peraltro, è l’unica tra le nove canzoni che offre un abbozzo di ritornello e, non a caso, Guccini c’entra poco: musica di Dati-Fontana, testo di Dati-Guccini. Sotto il profilo strettamente musicale mi risultano assolutamente indifferenti la stessa “Odysseus” e “Vite” (già “prestata” a Celentano), mentre le più gradevoli sono “La canzone per il Che” e “La ziatta”, le cui musiche sono rispettivamente di Juan Carlos Biondini e di Manuel Serrat (lo stesso tema noto in Italia come "Bugiardo e incosciente").

Ma come negare la pregnanza e l’importanza di “Piazza Alimonda”? Una canzone di militanza civile che riecheggia in parte l’impostazione chitarristica della “Locomotiva”, “classica ballata alla Guccini” come la definisce lo stesso autore, che parla dei fatti del 20 luglio 2001, scandendoli di stacchi di armonica e di qualche banalità retorica, ma la canzone c’è e prende. Come prende, maledettamente prende, la vicenda di Che Guevara, narrata attraverso le parole del protagonista, riviste da Manuel Vazquez Montalban e rese in italiano da Guccini: “”Signor Colonnello, sono Ernesto il “Che” Guevara / Mi spari, tanto sarò utile da morto come da vivo”. E come è possibile trattenere un brivido, quando anche la musica passa a chiedere il suo tributo?

Bellissimo il testo di “Certo non sai”: “Certo non sai quanto sei dolce e bella quando dormi/ coi tuoi capelli sparsi e abbandonati sul cuscino/ neri e lucenti come degli stormi / in volo al chiaro del mattino” … “Forse non sai quando di sonno e notte sei bagnata / quanto ti ami e quando siano vuote le parole; / chiedo: “Che sogni ti hanno accompagnata?”/ e fuori il giorno esplode al nuovo sole”. La musica, in questo caso, è di Antonio Marangolo (una primizia con Guccini) e accompagna con grazia le parole di questa canzone in bilico tra sogno e veglia.

“La tua libertà” è un outtake delle sedute di registrazione di “L’Isola non trovata” o di “Radici” e si sente sia come resa sonora (è proprio la versione del 1971 quella incisa su disco) sia come temi e modo di cantare. E proprio per questo è bellissima! All’inizio degli anni ’70, non a caso, Guccini ha scritto le sue canzoni migliori. Questa non è delle migliori (e infatti è rimasta “sepolta” per trent’anni), ma viene dalla stessa vena ispirativa di “Piccola città” o “Un altro giorno è andato” o “Incontro” o “Canzone di notte”. Una bella e solida canzone del Guccini di trent’anni fa, quando il suo unico scopo non era accompagnare con la voce i suoi lunghi racconti.

Resta da parlare di “Una canzone” che, a dispetto del titolo, non è una canzone, ma un saggio su come si scrivono canzoni. Saggio puntualmente messo in musica: “La canzone è una penna e un foglio / così fragile tra queste dita /…/ La canzone è una vaga farfalla / che vola via nell’aria leggera / una macchia azzurra, una rosa gialla / un respiro nel vento la sera / una lucciola accesa in un prato / un sospiro fatto di niente” … “Però alla fine è fatta di fumo / veste la stoffa delle illusioni / nebbie, ricordi, pena, profumo / sono tutto questo le mie canzoni”. Bella, molto bella: poco canzone, ma bella.

Insomma tolta la medietà, ma non mediocrità, di “Odysseus”, “Vite” e “Cristoforo Colombo”, un disco che si lascia ascoltare, che affascina e coinvolge, che ci ripropone l’amico di sempre, il cantastorie di una vita, ancora intriso della capacità di indignazione, rabbia ed epos: il grande vecchio Francesco Guccini. Ma si può davvero recensire Guccini?

Ultima nota a margine: il disco della Emi le studia tutte per essere più che antipatico, odioso. Misure stringenti contro la pirateria (fasulle. Non funzionano!) che rischiano però di rendere il cd non ascoltabile in macchina o sui Pc o su diversi impianti stereo. Tutte cose dichiarate in copertina. Peraltro, forse la copertina stessa non bisognerebbe nemmeno provare a leggerla, senza timore di cadere in contravvenzione. Guai e anatema infatti a chi utilizzasse qualsiasi cosa tratta dalla copertina. C’è da farsi tremare i polsi! E forse rischiare la denuncia perché pubblichiamo la miniatura della copertina. Non è così che si scoraggia gente dal farsi copie pirata. No, non è proprio così, povera signora Emi.

Francesco Guccini
Ritratti

Emi - 2004
Nei negozi di dischi
   
Ultimo aggiornamento: 21-02-2004
 
   
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