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Le BiELLE RECENSIONI
Rita Botto: "Stranizza d'amuri"

Affascina ... o meglio "strega!"
di Giorgio Maimone

Un disco che è una malia. E' fatto di calore e di colore. E non stanca mai. Un disco per non dimenticare il piacere di una lingua che "suona" (il dialetto siciliano), con omaggi a grandi autori come Modugno, Battiato, Otello Profazio e Rosa Balistreri. Da non perdere. Basta mettersi ad ascoltare con l'animo disposto a farsi invadere dal sole e dalla malinconia, quello strano languore che toglie le forze e ti permette solo di restare ad ascoltare. Ma già, questo disco ha la "mavaria" dentro! La vecchia magia siciliana che ti affascina e non ti molla più. Anzi, ti strega e rende le tue ossa molli e i muscoli pappa. E' un filtro d'amore: come si può distoglierne l'ascolto?

Rita Botto non arriva dal nulla. E' al suo primo disco, ma dietro ci stanno anni di lavoro, prima nella natia Sicilia (è nata sulle pendici dell'Etna), poi a Ferrara e infine a Bologna, dove si è recata a insegnare canto, inserendosi nell'ambiente musicale locale, ma senza mai perdere i contatti con la Sicilia e soprattutto con il siciliano, "una lingua che suona", come lei stessa la definisce

"Stranizza d'amuri" quindi è un album di canzoni siciliane, ma (già prevengo il rimbrotto: "che palle! Un altro disco di musica etnica!") non è un disco di musica etnica. Come dice la stessa Rita nell'intervista che le abbiamo fatto, l'approccio è trasversale. "E' un disco a rombo, un disco che vaga". Un po' l'inquetudine e la curiosità della stessa Rita, un po' un gruppo di musicisti che l'accompagna dal coté jazzistico pronunciato (Teo Ciavarella al pianoforte e tastiere, Felice Del Gaudio al basso e contrabbasso e Ruggero Rotolo alla batteria che preferibilmente suona con le mani) a cui si aggiunge in alcuni brani al sax Antonio Marangolo danno al suono una deriva non esattamente identificabile, mentre Alfio Antico, presente voce e tamburo in un brano di cui è anche autore, e Fabio Tricomi con mandolino e friscaletti, tengono strettamente legato il disco a terra e mare.

Stranizza d'amuri

"'Ndo vadduni da Scammacca
i carritteri ogni tantu
lassaunu i loru bisogni
e i muscuni ciabbulaunu supra
jeumu a caccia di lucettuli...
'a litturina da ciccum-etnea
i saggi ginnici 'u Nabuccu
'a scola sta finennu.
Man manu ca passunu i jonna
sta frevi mi trasi 'nda lI'ossa
'ccu tuttu ca fora c'è 'a guerra
mi sentu stranizza d'amuri... I'amuri
e quannu t'ancontru 'nda strata
mi veni 'na scossa 'ndo cori
'ccu tuttu ca fora si mori
na' mori stranizza d'amuri... I'amuri"

Il fascino è costante, per cui si fatica anche a scegliere fior da fiore, ma i brani vanno almeno raccontati. A partire da quello che dà il titolo al disco, "Stranizza d'amuri" che è di Franco Battiato, da "L'era del cinghiale bianco" del 1979, ma che qui torna a nuova vita, forse superiore all'originale, per l'intensa partecipazione di Rita nel canto. Il sax di Marangolo intinge di color seppia la musica già di per sè evocativa. Pianoforte, fisarmonica, contrabbasso e spazzole completano il panorama. E' una meravigliosa canzone d'amore a cui non si può resistere.

Compiendo un balzo nella tracklist, ma non nelle atmosfere, atterriamo dalle parti di "Sirena 1 e 2" dal fascino particolare che può avere il mare quando uno strato di nebbia ne sfuma i contorni. Non ci deve essere sole per vedere le sirene. Sennò che incanto sarebbe? Devono bastare le voci. E anche qui, anche questa volta, bastano. "Sirena 2" poi allunga i suoi tentacoli per 9'05" per non lasciare niente di intentato alla malia prima della chiusura del disco. Nove minuti di brividi crescenti.

Cambiamo adesso completamente atmosfera e clima. Torniamo al sole e scogliamo la lingua con lo "Scioglilingua" impraticabile che Rita ci propone. Un esercizio di bravura che ricorda quello di Mina in "Brava". La voce che si trasforma in strumento percussivo che accelera o rallenta i battiti e si scioglie in canto popolare. Solo voce. Nessun altro accompagnamento che la propria bravura. "Cu ti lu dissi" di Otello Profazione resta sullo stesso tema, affrontato a pieno jazz, come pure la strasentita "Ciurì ciurì" una volta tanto proposta in una versione che le rende giustizia.

Mimmo Modugno fornisce la stupenda storia del pesce spada, separato dalla compagna che sceglie di morire con lui. "Lu pisci spada", grande storia d'amore in chiave ittica! Ne parlano ancora in tutti i mercati del pesce. Non solo alla Vucciria. Modugno aveva già fatto quanto di meglio si poteva pensare. Era difficile migliorarlo. Rita quasi ce la fa. "Avò" è invece una ninna nanna di Rosa Balistreri, tesa come una corda di violino e arricchita dal suono del djdjieridu e dagli "uccellini" di Cristian Lisi: un cristallo splendente.

Restano i 5 minuti e 51 secondi di Alfio Antico e dei suoi tamburi in "Storia antica". Tamburo, sax e voce: nulla più. Rita la definisce così: "
Alfio è una persona splendida, una forza della natura! La canzone sua è fuori dall’usuale …Ha staccato completamente. E’ una canzone molto strana, va per i fatti suoi. Fuori dallo schema inciso-strofa-ritornello, con i tempi suoi, un po’ libera … larga". E credo non ci sia niente che si possa aggiungere. Bisogna solo sentirla.

Bellissime infine le due poesie: "L'amuri" di Nino Martoglio e "Dimmillu doppu" di Ignazio Buttitta e convincente la resa recitativa di Rita. mentre della "Mavaria" se n'è già parlato: è la malia che affascina e strega, il filtro d'amore che non perdona. Ma state attenti! Avverte Rita che il filtro colpisce anche da lontano. Basta ascoltare il disco per caderne vittime. E allora vi stupite che questa recensione sia un po' di parte? Non è colpa mia. Scrivo sotto malia!


Rita Botto
"Stranizza d'amuri"

Recording Arts RA - 2004
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Ultimo aggiornamento: 19-11-2004

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