Una
recensione risarcimento: L'ironia di chi ha qualcosa da dire
di Silvano Rubino
Più
che una recensione, questo, è un risarcimento. Noi di Bielle
ci dichiariamo colpevoli di trascuratezza, nei confronti di Pinomarino
e del suo ultimo disco, uscito nell'ormai lontano 2003.
Il secondo lavoro del cantautore romano, vincitore del premio l'Artista
che non c'era, è un prodotto maturo, nello stesso tempo godibile
(anche radiofonico, se fossimo in un paese in cui le radio trasmettono
musica...) e intelligente, ironico ma non superficiale, semplice
ma accurato negli arrangiamenti. Non fatevi ingannare: Pinomarino
è uno molto bravo a usare l'ironia come filtro per raccontare
quello che ha da dire, senza per questo rinunciare a essere impegnato
e impegnativo. Chiede uno sforzo in più, preferisce mascherare
dietro una patina di surrealismo lieve lieve la sua poesia. Perché,
come dice nel brano di apertura del disco, "Canzone numero
8" "ai vermi la terra e l'odore è già dei
fiori/ agli uomini rimangono soltanto le parole/ attenti alle parole
/ attenti alle parole".
E
Pino alle parole sta molto attento, in effetti, costruisce versi
molto densi, pieni di immagini colorate, profumi, sapori: "I
fiori", per esempio, è una canzone puramente sensoriale,
fatta soprattutto di odori ("e i vapori, i migliori vapori/del
miglior minestrone, ad esempio/ non bastano a coprire l'odore/ del
catrame, del miglior catrame/ passato da poco/ in lunghe strisce
di asfalto/ che portano altrove/ che portano a un altro/ paese"),
che si chiude con una fotografia bellissima e struggente: ("però
anche lì un bambino/ anche un solo bambino che piange/ ruba
dai visi i sorrisi/ e anche il sole si nasconde/ in lunghe strisce
di nuvole nere/ e tutti intorno a guardare/ tutti intorno a capire/
inchinati sul mondo/ con qualcosa da dire").
Pino, però, è anche
uno che sa andare dritto al cuore del problema e mettere insieme
una canzone contro la guerra così lontana da qualunque rischio
di enfasi o retorica da diventare un gioiellino ("Caporal maggiore"):
"Se tornassi soldato/ sarei disarmato/ o armato come il temporale").
E' uno che sa riempire di immagini e metafore una canzone (quasi)
d'amore come "l'Isola": ("Una busta bianca della
spesa corre a diventare nuvola/ e se tremi non importa tremo anch'io
con te/ che siamo pazzi in due"), che sa cavarsela con un titolo
impegnativo come "L'invenzione di un uomo" ("Chiunque
stasera abbia gli occhi per guardare/ ha l'invenzione del tramonto
fra le mani") e sa affilare le armi contro i nemici del pensiero
("Io resto qui"), vedere alla voce televisione: "Allora
mi sorprendo a immaginare/ tutto quello che si muove nella vita
intera/ senza mai passare neanche per un'ora/ nel televisore di
nessuno").
Lui stesso, in fondo, appartiene
a quel mondo, quello che si muove nella vita intera senza passare
per lo "schermo nero" del televisore, un mondo vivo e
vitale, anche se troppo spesso dimenticato. "L'alluvione del
'43" si rifugia di nuovo nelle metafore, nelle immagini vivide,
per raccontare di chi "ha ricevuto sopra il viso/ una carezza
troppo forte da dio", chi fa fatica a reggere i ritmi di questa
vita e resta ai margini ("dietro a un angolo per strada/ gira
gira gira/ non ci parla più"). Per certe persone, la
vita, è come un'alluvione, appunto ("come se io/ per
dare l'acqua ai pesci rossi/ usassi l'alluvione del '43").
Le vette di surrealismo Pino le tocca ne "L'acqua e la pazienza",
un quadro di nuovo coloratissimo e affollato, quasi come una tavola
di Jacovitti, pieno di "vermi senza voglie", "tovaglie
innamorate", "fiori diplomati", "monk il gatto
del pianista", "cinesi qualunquisti"...
Sul finale il cd vira di nuovo verso la cantabilità, con
la leggera leggera "Ciao, ciao buona fortuna" e con "Menomale",
allegro inno alla diversità che è anche una garbata
invettiva contro l'ipocrisia ("c'è chi chiama il suo
gatto micio vieni qui/ e poi considera lo sfratto l'esempio urbano
del potere"). Si chiude in dolcezza, con "Le due rondini"
e con un cadeux da leccarsi i baffi: una delle canzoni più
belle dell'album precedente di Pino ("Dispari"), la struggente
"Meglio che niente", cantata, anzi, interpretata da Fabrizio
Bentivoglio.
Ultime notazioni:
produzione e arrangiamenti del trio Pinomarino, Pino Pecorelli (fido
bassista), Fabrizio Fratepietro (batteria e vibrafono), per un disco
(uscito per la Nun Enterteinment, oggi defunta) con una prevalente
e pregevole impronta acustica, a differenza di quello precedente
(un passo avanti, a nostro parere).
Pinomarino,
poi, oltre a saper scrivere, udite udite, sa anche cantare. E non
è poco, basti pensare, per esempio, al filo di voce del suo
collega e concittadino (e per certi aspetti, parente stretto) Max
Gazzé. Ad AcrobaticiAnfibi lo abbiamo potuto apprezzare anche
come simpatico chansonnier, appollaiato sul suo trespolo, con quell'aria
sorniona di chi non si prende mai troppo sul serio. Solo apparenza,
in realtà. Pino, il cantauatore, lo fa davvero sul serio.
Ecco: recensione
fatta. Risarcimento compiuto?
Pinomarino
Non bastano i fiori
Nun
2003
Nei negozi di dischi e su
www.lisolachenoncera.it
Ultimo
aggiornamento: 05-06-2004 |