Ben
fatto, ma perché?
di Antonio Piccolo
Ben fatto, ma perché? Questa è la ovvia domanda che viene
da porre, non dico nel sentire il disco, ma nel sentire la notizia
dell'uscita del remake di "Non al denaro non all'amore né al cielo"
di De André. Ossia, quello che il sottoscritto ha sempre considerato
il miglior lavoro prodotto nella storia della musica italiana del
'900. Perché, se proprio si vuole fare un atto d'amore a De Andrè
- come è stato ribadito da Morgan e dalla Fondazione D'Andrè (che
ha coordinato il progetto) - non si riprende interamente uno dei
primi album, di quelli poco curati musicalmente, anziché questo?
La rilettura, in tal caso, deve essere una cosa spiazzante, che
modifica completamente l’originale - azzardo comunque sconsigliabile
per un lavoro così straordinario. Morgan è un musicista
che sa il fatto suo, che unisce ad intuizioni d’avanguardia
un’ottima preparazione classica: questo ci faceva sperare
che la sua opera avesse quel rinnovamento che la rendesse interessante,
anche se provocatoria o, persino, brutta. Macché. Un bel
disco, sia ben chiaro.
Ma è un bel disco perché, in linea di massima, Morgan
non scuce per ricucire, non sveste per rivestire, non imbianca per
ridipingere. E’ un bel disco perché l’originale
era tre volte più bello, e lui prende il materiale così
com’era per adornarlo qui e lì. E per “materiale”
non si intende parole e melodie, no! Si intende parole, melodie,
ritmi e anche gli arrangiamenti eccezionali di quell’allora
giovane genio che è Nicola Piovani.
Certo, rispettoso, viene da dire. E infatti lo è fin troppo
se, spesso, i cambiamenti consistono in un basso dal suono più
elettrico, sintetizzatori più moderni, ritmi allargati e
cori polifonici. E poi, in sostanza, è anche un fatto di
carisma e di presenza. Morgan forse sarà più intonato,
eppure la sua voce non ha niente a che vedere con l’intensità
delle interpretazioni di De Andrè, in generale, ma soprattutto
in quel disco, dove più che mai diventa un cantante-attore.
Morgan non evidenzia e non ricerca il senso del testo, soprattutto
quando ci dovrebbero essere rabbia, amarezza, rancore. Al massimo,
riesce ad esprimere un senso disincantato e malinconico, cosa che
lo rende particolarmente apprezzabile nell’interpretazione
di “Un malato di cuore”, perchè
quei sentimenti fanno parte dello spirito del brano stesso. Oppure
è piacevole nel pezzo che, per armonia e ritmo, è
la canzone più “nella norma”, ossia “Un
matto”, dove gioca con la voce in perfetto stile-Locasciulli
(ma è improbabile che Morgan sia esperto in materia). Studiato,
eseguito con grande professionalità, con abbondanza di archi,
fiati e clavicembali: bel disco, certo. Ma senza la creatività
necessaria che dà un senso alla cover di un intero album.
Tanto da non essere indispensabile nemmeno per gli ammiratori più
fanatici di De Andrè.
Insomma, c’è poco da fare i conti e trastullarsi in
pensieri filosofici: alla faccia dell’atto d’amore,
l’intento appare più che altro commerciale. Tanto da
parte di Morgan, che fa un occhiolino ad un pubblico - quello di
De Andrè - su cui, evidentemente, non ha molta presa; tanto
da parte della Fondazione, che fa altrettanto con il pubblico di
Morgan.
Dove Morgan mette le mani con decisione, ne viene un risultato ottimo.
Parliamo di “Un ottico”, dove l’interprete ci
va giù in giochi ritmici e vocali, effetti psichedelici,
per non parlare di una fantastica improvvisazione free-funk, eseguita
dal gruppo Le Sagome. Occhiolino al jazz che offre un buono spunto
anche ne “Il suonatore Jones”, grazie
a piano e batteria. Perché Morgan non ha avuto la buona idea
di fare la cover solamente di “Un ottico”
in un suo nuovo album di inediti, come vero atto d’amore?
Morgan
Non al denaro, non all'amore né al cielo
Columbia 2004
Nei negozi di dischi € 17-20,60
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aggiornamento: 10-05-2005 |