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Le
BiELLE RECENSIONI |
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AAVV:
"Liocorno - Note d'autore" |
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Per
chi "non si è perso nel bosco" Il problema è andare oltre la prima canzone che Gualtiero Bertelli abbaia alla luna con una rabbia degna di essere rivolta verso soggetti maggiormente meritevoli d’essere colpiti. Il prode Gualtiero in “Sai”, accompagnato da Paolo Favorito alle tastiere si lascia andare a un “ricordando con rabbia” dei tempi andati di “quando in ognuno di noi c’era il gigante buono”, di “quando gli uomini amavano sentirsi un po’ bambini”, ma il brano risulta fuori fuoco, con una serie di immagini abbastanza abusate e una poesia di fondo che non riesce a prendere. Forse se non fosse cantata con la voce dell’orco cattivo potrebbe anche allontanare di meno. Ma la seconda canzone invece colpisce. Alberto Cantone per me appartiene alla categoria “never covered”, ma se “Siete venuti a cercare” è un efficace biglietto da visita, mi sa che d’ora in poi mi toccherà andarlo a cercare. La canzone, interpretata con piglio deciso e voce scura, affonda le sue radici nell’humus delle folk song di protesta, alla Woody Guthrie o Bob Dylan della prima maniera. Il brano è scritto da lui ed è interpretato assieme a Gianantonio Rossi 4th alla chitarra. Alberto Cantone (scopro) non è giovane, è nato nel ’66 a Treviso, e canta praticamente da sempre. Ha scritto oltre 200 canzoni ed è considerata una “voce deandreiana”. Come voce ci siamo, come canzone anche. Appena appena un velo di ingenuità in frasi troppo di contingenza come “Non vi aspettano qui come allora/ né bandiere, né cori / festa a Baghdad né a Bassora”, ma subito riscattata dal finale epico e in crescendo: “Non vi aspettano baci né fiori /dai rami delle finestre ferite / in questo schifo d’aprile / … siete venuti a morire / siete venuti a morire”. Coinvolgente. Paolo Capodacqua riprende con la consueta classe “La bambina che sapeva volare”, già incisa in “Bianchirossigiallineri”, ma l’esecuzione dal vivo è leggermente sporcata nella voce, mentre subito dopo Renato Franchi e l’Orchestrina del Suonatore Jones costituiscono la seconda sorpresa del disco. “Cento passi”, al di là del titolo ormai consumato, è una bella canzone che mi costringe, per la seconda volta in quattro brani a documentarmi sull’autore. E l’ambito è anche qui Fabrizio De André, nume tutelare della musica d’autore, prossimo santo patrono dei cantautori. Anche Renato e la sua orchestrina non sono giovanissimi, ma hanno un modo di fare musica sincero e spontaneo che mette simpatia: la musica ti accarezza con dolcezza e la voce vi si deposita sopra snocciolando storie con ritmo piano e tono amichevole. Musica popolare dal profondo nord (Varese). Da qui in poi finiscono le sorprese e arrivano le conferme in questo “Liocorno – Note d’autore”, disco da conservare sul comodino a lungo. “Sesto San Giovanni” dei Gang con Guido Frezzato dei Marmaja al mandolino è struggente di dolcezza, “Folkstudio” di Claudio Lolli con Paolo Capodacqua capolavoro era e capolavoro resta, ma privata della batteria elettronica che le faceva torto in “Dalla parte del torto”, rifulge ancor più di luce propria (“Ed è chiaro che i giorni che passano lasciano il segno / nelle tasche, nei pungi, nei sogni / negli occhi che ho”). Lino Straulino in “Jo soi l’inviern” dà prova di grande tecnica chitarristica e di grande spessore umano e poetico. (“Non sono tuo figlio/ non sono il tuo piccolo / non sono tutto questo / io sono l’inverno / io sono la notte / e guerre non ne faccio … io no … io no”) Alla categoria delle sorprese appartiene Goran Kuzminac che, assieme a Giacomo Lelli al flauto, ci propone “Le ragazze di domani”, un brano che viene dal passato, ma sa rinnovarsi e coinvolgere nella sua semplicità. Bravissimi i Marmaja con “Quello che vorrei” e Andrea Parodi impegnato in “Carolina”, splendida cover da Townes Van Zandt. Ma c’è ancora una chicca in serbo ed è “Alex” dei Tupamaros, un flusso di emozioni condensato nei 4’18” del brano, già uscito due anni fa e da me colpevolmente dimenticato. Trascurabile la conclusione con Renzo Zenobi fin dal titolo: “E ancora le dirai: Ti voglio bene”. Il progetto artistico di Flavio Carretta e Francesco Mazilli per l’Associazione culturale Liocorno è in collaborazione con Storie di Note. Disco registrato dal vivo durante il concerto del 14 dicembre 2003 presso l’auditorium Legrenzi a Montebelluna (Treviso). Sull’associazione Liocorno che sembra avere molti punti di contatto con Bielle, pur operando ciascuno su propri binari paralleli ma indipendenti, il libretto del disco riporta questa bella nota, non firmata, ma in realtà scritta da Claudio Lolli. La riportiamo perché crediamo anche noi che debba esserci spazio per personaggi “ricchi di umanità, di antagonismo, di capacità di resistenza e di originalità. Gente che non si è persa nei boschi”. “…
Ricordo benissimo che una sera, da bambino, girando per i boschi vicino
a casa mia, vidi un animale strano. Sembrava un cavallo, ma era molto
piccolo, e bianco, e mi sembrava anche che avesse un corno sulla fronte
… ricordo benissimo che tornai a casa e che lo raccontai ai miei
e che loro si misero a ridere, e mi dissero che tutti i bambini vedono
quell'animale perché non esiste, e i bambini sognano e vedono tutto,
anche, e soprattutto, quello che non esiste. Gang,
Lolli,
Marmaja, Tupamaros, Bertelli, Straulino e altri Ascolti collegati
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aggiornamento: 01-06-2004 |
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