In
bilico tra l’entusiasmo e il dubbio
di Leon Ravasi
Mettiamola
così: le sensazioni più belle le provi leggendo il
libretto. Ma non è una critica, è un pregio! Mettiamo
gli ingredienti sul tavolo da cucina e proviamo rifare il piatto.
Le musiche sono belle, ospiti importanti, buona tecnica, sentimento
e idee. I testi sono di alto livello: tutti co-firmati Susanna Parigi
e Kaballà. Ogni tanto qualche spezia di troppo, ma fa parte
dei rischi del viaggio. La produzione è buona. La voce è
interessante. E c’è pure il pepe di qualche canzone
davvero
bella. Eppure, dopo aver gettato tutto gli ingredienti in casseruola,
aver cotto a dovere, servito e degustato con attenzione, resta un’ombra
di insoddisfazione.
Ingredienti buoni, ricetta corretta, ma piatto di transizione. Manca
qualcosa. L’amalgama. E non faremo come quel presidente di
una squadra di calcio che su richiesta dell’allenatore cercò
di comprarlo l’amalgama (“In che squadra gioca?”).
Susanna Parigi ha dei buoni numeri e verrà senz’altro
fuori, ma per vederla “sbocciare” appieno sarà
forse necessario attendere un altro disco.
Vorrei chiarire però che sono i classici appunti di chi avendo
visto una cantautrice di valore (e soprattutto una buona penna)
avrebbe voluto gustarsi ancora di più la ricetta. Forse il
cuoco, ogni tanto ha voluto strafare. Ma già così
sono da segnalare i gioiellini di “Amada” con Flaco
Biondini alle chitarre e coautore delle musiche, “In differenze”,
il brano che dà il titolo al disco e che ha un grande respiro
e una piacevolissima estensione melodica, l’avvolgente viaggio
sensoriale della solo-musica “Una porta nel tempo” e
infine “Cinì Cinì” dal sapore corale che
chiude il lavoro. Una gran voce e tanta personalità.
La voce di Susanna Parigi è forte e sicura e l’impressione
è che possa crescere ancora, liberandosi ad esempio da qualche
piccola deriva imitativa o dai cachinni cristinadoniani che ogni
tanto affiorano.
Personalmente la preferisco sui toni medi che sugli acuti sparati
o sui “sospirati” para-jazzati. Sempre
questione di preferenze personali, ma suona così bene quando
c’è solo lo Stainway in scena che diraderei nettamente,
in un disco del genere le programmazioni, soprattutto ritmiche.
Suonasse più “acustico” il disco, che comunque
vale un 7 e mezzo abbondante, potrebbe ambire all’otto. Ancora
sui testi: bellissimi. Riporto da “Più grande di dio”:
“Quello che ci fa creature grandi a metà/a metà
tra cielo e terra/sono le nostre mancanze/ la nostra innocenza incosciente”.
Da “Amore che m’invita”: “Espando la mia
bocca/perché di bacio avvolga /disegno draghi e cervi /sul
mio corpo perché possa al tuo passaggio, cacciatore/essere
preda”. Oppure Amada che “davanti allo specchio/si spoglia
e si scioglie i capelli/ prepara la festa nuziale/si vede già
sposa all’altare/ Si dedica l’ultima notte/e libera
corre nel bosco /si stende su un letto di foglie /ed è pronta
all’assalto del mondo”. Quanta sensualità! Che
cantata si accentua. E le liriche del precedente lavoro di Susanna
non sono per niente inferiori.
Alle spalle la produzione (iper?) di Vince Tempera e il gran lavoro
di Ares Tavolazzi e Ellade Bandini (tutto il gruppo di Guccini,
insomma). Partecipano anche Gianni Coscia alla fisarmonica in un
brano (in altri è suonata dalla stessa Parigi, personaggio
che sarebbe piaciuto a Kusturica), mentre al basso, in alcuni brani,
comprare Tony Levin, poi il quartetto del Picasso String, Elvis
Fortunato alla chitarra, viole e violini, cori bizantini e orchestre
bulgare, Flavio Oreglio alla voce recitante, Mario Arcari all’oboe,
i tamburi di San Marino. Un brano di Pat Metheney tradotto, il filosofo
Umberto Galimberti co-autore di un testo, una meravigliosa foto
di Salgado a illustrare il booklet (perfetto!). Ecco forse l’errore:
troppi ingredienti? Resta il dubbio, ma più lo sento, dopo
avere letto i testi, e più mi convince. Non sarà che
i troppi suoni fanno arrivare i testi in ritardo?
Susanna
Parigio
In differenze
Columbia/Sony Music- 2004
Nei negozi di dischi
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aggiornamento: 18-03-2004 |