La
musica manouche come un biglietto per viaggiare
di Giorgio Maimone
C’è
un disco, di questi tempi di vacanze, che mi fa impazzire. Lo suono
e lo risuono e mi convinco sempre più che sia un ottimo disco.
Non solo, ma il fatto che nessuno, in famiglia, dopo il decimo ascolto
serrato, mi esorti ancora levarlo e a gettarlo nel dimenticatoio
mi rafforza nell’idea che si tratti di una grande disco. E,
mi verrebbe da ripetere ovviamente, si tratta di un disco ignorato.
Uscito ormai da 3 anni per i tipi della Visage e da me recuperato
rovistando nei fondali degli scaffali di musica “etnica”
nel negozio più rifornito di Milano (si parla di buona musica).
Maurizio Geri, co-pilota di Riccardo Tesi nella Bandaitaliana dal
1994, segue e svolge un’attività parallela che si incarna
nel Maurizio Geri Swingtet a cui va ascritta la meraviglia di questo
“A cielo aperto”.
Cosa
ha che funziona questo disco? Tutto: dalla copertina a portafoglio
di cartone che si apre in 8 scomparti, alle illustrazioni ivi riportate
di foto d’epoca o magnificamente ibridate, fino (e soprattutto)
alla musica. Geri è un appassionato (l’unico? L’ultimo?)
di musica “manouche”, ovvero di quella
parte di popolazione Rom, di antichissima emigrazione in Europa
dalle terre originali dell’India, ormai quasi stanziale nella
zona compresa tra Francia, Olanda e Germania (avete presente:
“… e poi Mirka a San Giorgio di maggio” in
Korakhané di De Andre?). Popolo a cui appartenne almeno un
grande chitarrista come Django Reinhardt e altri
che non conosco ma che Geri vi saprebbe citare.
Django Reinhardt
è omaggiato in “Cielo aperto” di una magica versione
di “Blue Drag” e di una sospesa “Anouman”
che chiude il disco facendoci implorare “ancora!”, ma
già nel precedente lavoro di Maurizio con lo Swinget, intitolato
“Manouches e dintorni” (Feelmay – 1997),
era presente con “Nuages”,
“Tears” e un medley di “Daphne”
e “Djangology”. Casi strani della vita:
la stessa “Nuages” è stata rifatta (e devo dire
abbastanza bene) da Pino Daniele nel suo ultimo
lavoro: “Passi d'autore”.
Tra gli altri
brani, che si caratterizzano per un’unitarietà di fondo
assoluta, si notano firme celebri come Big Bill Broonzy
e Gorni Kramer, altre che a me non dicono (V.
Rose, H.Owens, F,Verstraet, M.Ferret, J. Colombo, T.Murena),
ma la maggior parte delle canzoni sono firmate dallo stesso Maurizio
Geri che è riuscito a calarsi su misura nella parte e il
suo “Sogno spagnolo” (sono a corto
di aggettivi immaginifici. Metteteli voi) è indistinguibile
da un brano d’epoca. Epoca? Già, ma quale epoca? Come
scrive lo stesso Geri sulla copertina del disco, si miscelano ricordi
musicali tra la Parigi degli anni ’30, l’Italia dei
’40 (allora eravamo 10 anni indietro rispetto alla Francia,
non solo all’America) e la Pontepetri degli anni ’80,
paese natale di Geri nelle colline del pistoiese.
La musica di
“A cielo aperto” suggerisce malinconie leggere
e il senso di grandi spazi, un’ansia tranquilla di infinito
e la finitezza del ricordo che riscalda. Come zingari sui carri
con un tetto di cielo e stelle e pareti mobili fatte di musica,
una musica che è ritorno a casa e sicurezza, tranquillità
e senso di appartenenza e, proprio per questo, proprio in quanto
tale, il miglior biglietto per poter viaggiare, perché si
sa di poter sempre tornare viaggiando sulla strada dei ricordi.
E io viaggio assieme a lui, su questa cascata di note cristalline,
appese per aria come luminarie o a ondeggiare come lampare su un
mare sempre un po’ più lontano e color del vetro, sulla
barchetta swingtet assieme a un equipaggio di fidati prodieri come
Klaus Lessman clarinetto, Ruben Chiavano
Fabian violino, Enzo Biordi fisarmonica,
Leonardo Boni chitarra, Luca Giovacchini
chitarra e Daniele Mencarelli contrabbasso.
Oltre alle
già citate raccomando un occhio di riguardo per “Passione”,
“Mademoiselle de Bucarest” (registrata
dal vivo in studio) e “Volo”. Il buon
ascolto è assicurato, ma cercare di non avere altro da fare:
provate ad ascoltarlo non come sottofondo, ma come musica non di
parole che racconta storie, tante storie di anni passati che potrebbero
anche ritornare. Almeno finché ci sarà gente, come
Maurizio, in grado di innaffiare le piante dei ricordi dalla parte
delle radici.
Maurizio
Geri
"A cielo aperto"
Visage - 2001
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aggiornamento: 10-08-2004 |