Un
brutto disco? No. Un disco riuscito? No. Purtroppo è ancora
l'ultimo ...
di Leon Ravasi
Non
ci sarebbe forse da parlare con estrema nostalgia di questo disco
se nel frattempo fossero usciti nuovi cd dei Gang. Il problema è
che a tutt'oggi questo resta l'ultimo lavoro discografico dei Gang
nel senso pieno del termine. E' vero, nel 2004 è uscito il
cd in comune con la Macina, ma non può essere considerato
tout court un nuovo disco dei Gang. E' vero anche che i Gang fanno
oltre 100 serata ogni anno in una sorta di never ending tour all'italiana,
ma canzoni nuove non ne vogliono fare. "Sennò - dicono
Marino e Sandro - al momento di inciderle ci sembrerebbero vecchie".
"Controverso", un titolo autoesplicativo fino all'eccesso,
resta quindi il loro ultimo lavoro.
Ed
è davvero, a tutti gli effetti, un lavoro controverso. Non
bello, no. Anzi, se vogliamo forse addirittura un disco "sbagliato"
nella discografia dei Gang. Un disco in cui manca l'urgenza e la
grinta (eccessiva anche quella, se vogliamo, ma carica come una
bomba a miccia corta) di "Fuori dal controllo", anche
se le chitarre elettriche la fanno da padrone. Purtroppo, in questo
caso, sono le canzoni che lasciano meno tracce del solito.
Le canzoni dei Gang hanno sempre avuto quella forte caratterizzazione
politica ed epica che ha fatto di loro dei cantori unici delle nostre
rabbie, delle nostre sofferenze e delle delusioni. I Gang hanno
cantato la mia generazione, come i cantautori storici hanno cantato
la generazione dei nostri fratelli maggiori. Chi è di sinistra
nel cuore ed ha più di quarantanni e meno di cinquanta non
può che "consonare" su ogni singola sillaba spremuta
dai fratelli Severini. Che non a caso sono forse gli unici tra i
nostri gruppi maggiori a essere trasfusi di un alone di "mito".
Ma è un mito meritato. Sono la nostra voce di lotta, sono
i nostri sogni migliori, sono le nostre delusioni che si sono fatte
piaghe e sangue. Sono le parole che non troviamo e le chitarre che
graffiano la realtà con una grinta che noi vorremmo mettere
per graffiare il mondo. Abbiamo bisogno delle loro canzoni, di nuove
parole d'ordine da gridare cantando, di barricate di suoni e di
parole rimate. Non ne abbiamo. Ci resta "Controverso".
Lo lucidiamo. E lo troviamo un bellissimo mitra pronto per sparare
frasi da ricordare.
Le
canzoni di questo disco non hanno fatto epoca e non sono neanche
riproposte con eccessiva frequenza dai nostri in concerto, tranne
"Prima della guerra", che,
effettivamente, sta una spanna sopra le altre. Nelle altre canzoni
tanto rumore, tante sciabolate di una "Magnum Les Paul che
spara canzoni che fanno male", poi,all'improvviso qualche oasi.
E a queste di aggrappiamo come assetati nella traversata del deserto.
"Se mi guardi, vedi" è
una di queste pause di silenzio in un oceano di violenza. Sia perché
viene subito dopo la becera "Lavami nel sangue
dei miei nemici" che è ispirata all'Apocalisse
di San Giovanni Evangelisti, ma ha un testo che fa tranquillamente
cagare, sia come ideologia che come poesia, oltre a essere servita
da una brutta musica.
"Se mi guardi, vedi" è tuttaltro. Musica che accarezza
senza scorticare, anche se tutt'altro che fatta di pane e rose e
un testo che inizia ad allineare parole non casuali, come il bellissimo
inizio: "Ho la pella fatta di sale d'atesa, delle notti
ho l'età e ho curvato i giorni come fanno i treni".
C'è abbastanza aria anche in "Quando gli
angeli cantano" che è la canzone
più recente incisa nell'album. Tutte le altre risalgono al
1999 e questa è stata incisa nel gennaio 2000, forse aggiunta
su richiesta della casa discografica?
Insomma, il trittico iniziale è di fuoco e fiamme, ma "Danza
nella luce" ha anche momenti di melodia intensi, se si riesce
a farsi largo nella jungla delle chitarre. Il volume di fuoco è
aumentato dalla formazione che allinea sette membri: i due Severini
alle chitarre, Andea Mei alle tastiere, Paolo Mozzicafreddo alla
batteria, Francesco Caporaletti al basso e cori e Davide Lenci,
armonica in "Vorrei". Di "Vorrei"
vorrei parlare a lungo, perché è la canzone più
calma di tutto il bigoncio. Lenta, pacata e solenne, si può
concedere di camminare lungo i solchi della poesia ("Vorrei
svegliarmi ogni mattina con dentro un filo di speranza / vorrei
per casa una collina che avesse il cielo in ogni stanza / Darei
chilometri di vento per un giardino nella pioggia"). E'
la canzone più intima del disco, una canzone che, senza ripiegamento,
senza rinunciare alla lotta, consenta una pausa di ripensamento.
Quello che manca a "Qui"
e a "Io e te". Ma questa
è una vecchia polemica tra me e Marino Severini: lui è
convinto che non si scriva rock o folk, ma si scrive sempre uguale
e la musica è una variabile indipendente. Io la penso radicalmente
all'opposto. E ritengo che non sia un caso che le due canzoni più
"forti" abbiano frasi smozzicate come "qui dove
si canta / qui si ricomincia / fra gli uomini / qui siamo sbandati
/ qui sull'altra sponda / con gli ultimi / qui si parte / qui si
torna" che non concorrerà mai al Nobel per la poesia.
Oppure "Come un ladro nella notte / nella notte io e te
/ come un treno nella pioggia / nella pioggia io e te".
"Non è di maggio" invece
parte direttamente dal territorio della poesia così come
"Reflesciasà". La prima
prende dalle "Ceneri di Gramsci" di Pier
Paolo Pasolini, in tempi non sospetti e la seconda da Erri
De Luca, che poi sarà saccheggiato a tutto spiano
dalla musica d'autore di tutti i generi (ultimo Gian Maria
Testa con cui ha fatto lo spettacolo Don Chisciotte).
Le ascendende nobili sul disco continuano (e terminano) con
"Paz", la canzone dedicata al disegnatore
di fumetti (dio, com'è limitativa questa definizione!) Andrea
Pazienza. Andrea Pazienza è stato uno dei grandi
personaggi che abbiano attraversato questa nostra epoca disgraziata.
Era un "amico fragile" e, in quanto tale, era
facile che finisse fuori rotta, terminando anzitempo il suo cammino
tra di noi. Ma come dicono e ripetono i Gang, in questa che è
uno dei vertici assoluti del disco: "Non ti sei perso niente,
Paz!"
Sentito a distanza di anni e dopo anni di non ascolto,
"Controverso" continua ad apparire un disco che rispetta
il suo titolo. C'è del bene e c'è del male. Ci sono
brani imperdibili come "Paz", "Vorrei", "Prima
della guerra". "Non è di maggio" e "Se
mi guardi, vedi" che una loro intensa vitalità la mantengono
comunque intatta. E ce ne sono altri che possono tranquillamente
sfumare nel cestino delle inafferenze. E' comunque un album che
"non ringiovanisce" ma anzi mostra tutti quanti gli anni
suoi, comprese le rughe. E "Reflesciasà" di Erri
De Luca è interessante, ma non del tutto riuscita.
Gang
"Controverso"
Wea - 2000
In
qualche negozio di dischi
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aggiornamento: 10-12-2005 |