Tra
anime-donna e tempo di uomini ascoltando la vita
di Giorgio Maimone
Forse
non bisognerebbe aver sentito prima "Si vif". Perché
è come partire a conoscere Dante dalla Divina Commedia o
Stanley Kubrick da "Full metal jacket". Forse c'era solo
bisogno di decantazione. Perché tanto e tanto grande era
stata l'emozione complessiva che "Anime femine" mi aveva
mosso dentro, tante e così stratificate le impressioni che
c'era bisogno di una camera di decompressione e non di un prologo.
Insomma, ho sbagliato tempo! Ho ascoltato "Anime femine"
sull'onda immediata dell'innamoramento per "Si vif" e,c
ome capita anche nella vita, quando si è innamorati si perde
la capacità di giudizio.
E'
vero, "Anime femine" suona diverso da
"Si vif", la voce di Luigi
Maieron è molto più acuta e le atmosfere sono meno
dense e riflessive. Ma dio santo che grande disco è? Siamo
in ambito Friuli stretto, anzi Carnia e di quella più ostica.
Non solo il libretto presenta i testi in friulano con brevi riassunti
in italiano, ma anche le note di presentazione sono stilate in lingua,
ahimé, incomprensibile a me e penso a tanti altri. E se con
le canzoni si può anche seguire la melodia e le suggestioni
proposte dalle voce e dagli strumenti, con le note proprio non ce
la si fa. E questa mi sembra un'esagerazione perché non mi
ricordo un solo cd di area napoletana con le note in solo in napoletano
o uno di Van De Sfroos con il libretto in lombardo e basta.
Il peccato
è che ci perdiamo la densità della poetica Maieroniana.
La intuiamo, dobbiamo muoverci per similitudini, dobbiamo tenere
sotto mano il libretto di "Si vif", peraltro tradotto
anche in inglese, oltre che in italiano (o troppo o niente?) e cercare
di cogliere significati che, a volte riusciamo a intuire (o crediamo
di fare) e altre ci perdiamo. Ma il senso delle canzoni di questo
disco è il senso della vita: "vivo sospeso tra gli
anni che sento e gli anni che ho" ... "qui il pane costa,
ma costa anche rubare" ... "La mia vita è questa
/ perdere o vincere / ma comunque partire" ... "per ogni
uomo che si alza, si muove un nuovo giorno" ... "Chi se
ne va lascia il vuoto di non aver detto di più" ...
"Cerco parole buone e la mia voce tace" ... "Fra
le mura della mia casa batte qualcosa di tuo che mi dà luce"...
"Non racconta la paura un animale / né può raccontare
una corsa che non gli servirà" ... "la mia anima
è un bambino e sa quanto ha pianto / la mia anima è
donna e sa cosa ha taciuto".
Temi pesanti
come macigni, raggi di sole e nube che copre il cammino. Attimo
assoluti e spazi inesplorati, il silenzio, il non detto, il non
capito. le eredità, le cose che lasciamo parlando (o tacendo)
e mostrando (o vivendo). Ma Maieron non è persona che ti
lascia "tranquillo", il suo compito, il suo ruolo è
di agitarti, farti porre domande: da quelle semplici che nessuno
osa più farsi, a quelle più complesse che non sai
dove ti porteranno. C'è inquietudine, c'è sempre il
vento che muove le foglie, c'è, infine, quello che Fabrizio
De André ha segnato e classificato così bene,
come solo un grande poeta poteva fare: un "marchio speciale
di speciale disperazione" che ce lo fa amare senza intercapedini,
senza filtri protettivi, senza pudori.
La veste musicale è sontuosa: Gigi, all'epoca (era il 1998)
viaggiava ancora appaiato a un'altra grande figura della musica
di quelle zone: Lino Straulino. Che nel disco suona
chitarra elettrica, chitarra classica, mandolino e basso, è
co-autore di due brani e diffonde in giro l'aroma chitarristico
della sua presenza. Oltre a Lino compare un trio femminile di archi:
Lucia Conflero al violino, Marina Bertoni
al violoncello e Elisa D'Agostini alla viola. Completano
il gruppo dei musicisti Stefano Amerio al pianoforte
e tastiere e U.T. Gandhi, il celebre percussionista
friuliano, appunto alle percussioni. Oltre a Luigi che suona la
chitarra e canta.
"Ci sono uomini che comunicano le proprie sensazioni per
mezzo di quadri o di immagini, altri che affidano al legno o alle
pietre scolpite la propria fatica, il proprio disagio di vivere,
altri ancora che scrivono comunicando con linee sottili e sensibili
le proprie idee. Luigi Maieron è uno di questi "artigiani".
Ha l'estro di vestire i suoi testi di sensazioni malinconiche e
delicate, sa spogliarsi dei suoi sentimenti e metterli con grazia
e pudore nelle mani di chi ascolta. Questa è la grandezza
di Maieron". Così credo ci sia scritto nelle note
friulane di Mauro Quai e non posso che essere d'accordo
con lui, soprattutto quando scrive che con Maieron "torna in
primo piano l'importanza dell'interiorità" di un disco
tormentato e bellissimo che racconta i patimenti e gli struggimenti
di un uomo. E "pudore" è il termine migliore per
indicare l'approccio.
"La me vite a é cheste", "Anime femine",
"Scolte le cjere" (scritta con Straulino) e "L'aire
buine" sono i brani che mi colpiscono di più,
che lasciano un segno sotto la cintura, come un colpo scorretto
assestato da un pugile e contro il quale non c'è difesa:
la musica ti induce e seduce e, solo un attimo dopo, sei dentro
lo stesso tormento di Luigi e quando te ne accorgi è troppo
tardi. Non riesci più a tirarti fuori.
Insomma è un grande disco. Scommettiamo che non è
più reperibile? Ma se lo trovaste in giro ... non perdete
l'occasione! Fatevi del male: buttatevi nel gorgo esistenziale,
tormentandovi in friulano. Giuro, funziona meglio!
Luigi
Maieron
"Anime femine"
Nota - 1998
Forse ai concerti di Maieron o sul sito di Nota
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aggiornamento: 13-03-2005 |