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Le
BiELLE RECENSIONI |
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Lo spettatore assiduo al Gran Circobirò |
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Un'ora
di spettacolo mozzafiato “Colpevoli” di tentato capolavoro sono i Ratti della Sabina che già col disco precedente “Cantiecontrocantincantina” avevano favorevolmente impressionato, riuscendo a vendere oltre 5000 copie col solo passaparola. Ma questa volta si superano: un tiro rock di prim’ordine al servizio di melodie di stampo popolare, dove la tarantella sposa il ballo tondo e la canzone d’autore marcia a braccetto con le dinamiche combat-folk. Non è world music, non è ibridata con cadenze arabe o mediterranee e non è nemmeno giga irlandese. Musica popolare italiana al servizio di testi intelligenti e, soprattutto, di uno spettacolo da gustare con tutti e 5 i sensi.
D’altra parte il vapore di cui si alimenta il treno è di prima qualità: chitarre, armoniche e flauti di Roberto Billi (che per soprannumero scrive anche parte delle canzoni e ci mette la voce), la voce e le canzoni le mette anche Stefano Fiori che suona pure chitarra acustica e organetto; chitarre acustiche ed elettriche per Eugenio Lupi; mandolino, mandobanjo, bouzouki e chitarra per Paolo Masci; finalmente niente chitarra per Alessandro Monzi che suona il violino e Alberto Ricci alla fisarmonica. Basso elettrico, acustico, ma soprattutto contrabbasso nelle mani di Valerio Manelfi e le percussioni passano sotto bacchette e mani di Carlo Ferretti. Equivale a dire: un muro di suono. I Se “Circobirò”, intesa come canzone è immediata e profondamente coinvolgente (oserei dire perfetta nel suo modo di porsi e nella sua finalità introduttiva), anche le altre canzoni non ci mettono molto a superare le (invero fragili) barriere protettive che lo “spettatore” può mettere in atto. E così filtra miele la poesia de “L’uomo che piantava alberi”, ispirata dall’omonimo libro di Jean Giono e servita dalla voce magnetica di Marino Severini dei Gang. Intriga la vicenda del “Violinista pazzo” che ha come papà Fernando Pessoa, rivisto da Stefano Fiori: “Non veniva dal mare né da monti coperti di neve / Non aveva nessuna moglie e neanche un dio sapeva pregare / Non conosceva nessuna lingua e per parlare usava un violino / che raccolse ai piedi di un sogno / sotto il cielo di un giorno lontano”.
Particolare curioso: ai cori in Circobirò e alla voce in “La tarantella del serpente” è presente Raffaello Simeoni dei Novalia, altra band di Rieti e della Sabina che a Berardo Viola aveva già dedicato una canzone sette anni fa in “Canti e briganti”.
Gli “illustri” collaboratori che si susseguono sulla pista battuta di cenere e segatura allineano anche Massimo Liberatori alla voce in “Il pifferaio magico”, adattamento in chiave reatina della celebre fiaba nordica, Stefano Cisco Bellotti che da voce a “Il mercante” e Margherita D’Ubaldo, voce femminile in “Radici”. “Radici” e “Seila” sono le due piccole pause che consentono di recuperare fiato, prima della tirata finale che culmina ne “Il funambolo”: “Son maestro della folla/ Vivo la mia vita sulla fune che separa / la prigione della mente dalla fantasia”.
Restano appunto da ricordare le due canzoni in cui si parla di bambini: “Linea 670” di Stefano Fiori: “Giocano i bambini giocano / fra carcasse d’auto, lavatrici e copertoni / …/ sono ladri, banditi, straccioni, delinquenti / vagabondi senza patria, sporchi e strafottenti / sempre meglio di cravatte, di coltelli e denti / bianchi che se con una mano danno / con l’altra prendono per venti” e “Il giocoliere” dedicata a Gianni Rodari, perché “con le parole ci sa fare il giocoliere”. “Anch’io quando avevo gli anni ad una cifra sola / un giorno l’ho incontrato tra i banchi della sucola / mi disse: “il tempo ha sempre fretta / porta via le ore / tu crescerai ma non scordare / quel che oggi ha dentro il cuore. / Perché ogni ragazzino ha un mondo / fatto di sogni e fantasia / che poi, quando diventa grande troppo spesso per paura butta via”. I Ratti non se ne
sono scordati e non ci consentono nemmeno di farlo, azzannandoci sul collo,
come direbbe De André “tra l’aorta e l’intenzione”
e non consentendoci né di distrarci né di smettere di ballare
e divertirci ragionando. E così, tra funamboli, serpenti, giocolieri
e mercanti, tra bambini zingari che “hanno gli occhi ritagliati
dentro facce da serpente/ che dicono di storie in cui non c’è
da perdere niente” e scemi del villaggio, tra tarantelle, alberi
e topi lo spettacolo si avvia alla fine. Lascia il vuoto dell’eco
di un suono che non vuole saperne di smorzarsi. Sapete che farò?
Mi alzerò dalla mia poltrona per schiacciare “reply”
e gustarmi da capo la magia del GRAN CIRCOBIRO’!
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Ultimo
aggiornamento: 23-01-2004 |
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