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Le
BiELLE RECENSIONI |
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di Leon Ho campato abbastanza a lungo per vedere la Sony fare un disco di musica popolare italiana. Non avrei mai creduto di sentire le note di "Donna lombarda" o le strofe di Giovanna Daffini uscire dai patinati solchi della major giapponese. Potenza di De Gregori. E potenza di un anacronismo fortemente voluto e perseguito con intensità e rigore. Questo precede la considerazione che si tratti o meno di un bel disco. È un disco meritorio. Poi che io lo ascolti con tre dita di brividi alzati lungo la schiena forse è un fatto soltanto mio. Le due voci all'unisono percorrono cento anni e più di canzone popolare, che, sarà un caso, è sempre canzone di popolo e quindi naturalmente schierata a sinistra. Qualcosa tipo "Sempre e per sempre/dalla stessa parte mi troverai". E ancora una volta ci tocca trovare De Gregori in cima a un gran disco. Giovanna Marini è il tocco di classe, la ciliegina sulla torta e, allo stesso tempo, la molla primaria e la ragione prima di essere di questo disco. Senza Giovanna non ci sarebbe stato questo disco e comunque non sarebbe stato com'è. Con i suoi punti più alti, con quelli più bassi, con vette e valli, con la voce che si arrampica su acuti cristallini e che pure alcune volte sbanda di fatica in quell'incredibile maratona canora che è "I treni per Reggio Calabria". Il disco suona da dio. La band di contorno (la classica band di De Gregori) non perde un colpo e fornisce un tappeto sonoro acustico di primo livello, mentre la scelta del repertorio non potrebbe essere contestata nemmeno da un Alan Lomax redivivo. Tutte canzoni che hanno il necessario pedigree o che sembrano in grado d conquistarselo sul campo (vedi "L'abbigliamento di un fuochista" di De Gregori dell'epoca Titanic, già allora in coppia con una grande Marini). Da "Nina ti te ricordi" di Gualtiero Bertelli a "Venezia che sei la più bella", passando per "Il feroce monarchico Bava" e "Il lamento per la morte d Pasolini", per finire a "Bella ciao", una collana di canti preziosi, come le perle che le "impirarese" venete infilavano una dopo l'altra sulle collane, in una litania infinita che sapeva di chiesa, di canti e di nebbia. La canzone politica ha lasciato dietro di sè macerie, la canzone popolare parla piuttosto per perle, con sua maestà chitarra che detta le trame ed i tempi, come faceva un tempo da unico strumento ammesso alla corte delle corti o delle stalle dove si narrava il filò, dove la gente si riuniva per sentire il giornale orale delle storie cantate. Dopo essere diventato il numero uno del cantautorato italiano, con la scomparsa di De Andrè, il quasi ritiro di Guccini, lo smarrirsi di Dalla e di Fossati e il non emergere di nuove leve, Francesco De Gregori ha ancora voglia di mettersi in gioco e di usare la sua posizione di forza per proporre prodotti musicali che altrimenti non avrebbero mai visto luce o magari sì (Fabrizio Poggi ha fatto un'operazione simile e forse un disco anche più bello) ma senza poter contare sulla "gioiosa macchina da guerra" che la Sony è disposta a mettere in campo, distribuendo il disco ovunque e con un ritorno altissimo in termini di eco sulla stampa; un ritorno a cui, peraltro, stavolta Francesco, ex allievo della Marini alla scuola popolare di musica del Testaccio, si è piegato di buon grado, scegliendo un'esposizione che non rientra nelle sue abitudini. Piccola nota a margine: ascoltata la ballata del "Feroce monarchico Bava" e provate a sostituire alle prime note "Quella sera a Milano era caldo". È infatti lo stesso tema su cui è stata scritta "La ballata del Pinelli". "Saluteremo in signor padrone", invece, deve forse qualcosa alla versione "rock" di Eugenio Finardi di fine anni '70. In questo quadro di idilliaca perfezione forse l'appuntamento meno riuscito è proprio la title track a cui spetta il difficile compito di aprire il disco. Una canzone ispirata probabilmente alla guerra in Albania del 1914 che originariamente è una canzone drammatica, molto intensa. La versione di Giovanna Daffini, da brividi, rendeva ben presente il tema di una donna che soffre la lontananza del proprio uomo e contemporaneamente vive il desiderio fisico, naturale di fare l'amore, "Starei piuttosto senza mangiare, ma l'amore lo voglio fare". La versione leggera e stornellante di questo cd non rende giustizia al tema, per quanto gradevole possa essere all'ascolto. Francesco
De Gregori & Giovanna Marini |
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