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LeBiELLE Recensioni


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Biellenews 65
Gli imperdibili 2011


Ry Cooder - "Pull up some dust and sit down" The Cave Singers - "No witch"
The Low Anthem - "Smart flesh" John Mellencamp - "No better than this"

Ci sono dischi, film e libri che, per un motivo o per l'altro, non dovremmo mai perdere e a volte ci passano davanti così velocemente che non ce ne ricordiamo neanche. Questa rubrica vuole porre un freno ai guasti della memoria. Secondo noi gli imperdibili del 2012 sono, per ora:
 
 
Francesco Guccini:
"L'Ultima Thule"



E allora, ancora una volta mi chiedo, come si fa a recensire Francesco Guccini, quando l'unica cosa che mi viene in mente è di dirgli grazie. Grazie per tutto quello che ci hai dato e hai voluto condividere con noi. Grazie per le "stoviglie color nostalgia", per "i ciuffi di parietaria attaccata ai muri", per i "ruffiani e mezze calze, feroci conduttori di trasmissioni false", per le "vetrate viola" e le "vecchie suore nere" e il "bastardo posto". Grazie per le danze "con Snoopy e con Linus", per esserti fatto vedere "grande e grosso coi fumetti", per aver raccontato "piccole storie ignobili".E potremmo andare avanti ancora a lungo. (segue)

Francesco De Gregori:
"Sulla strada"

Le ballate del “Principe” andrebbero assunte come antidoto alle vacche magre discografiche del tempo attuale (due volte al giorno, come le pillole, prima e dopo l’ascolto di qualche cantautorucolo di belle speranze), mandate a memoria nei corsi per aspiranti folksinger, da Lampedusa alla Terra del fuoco, se rendo l’idea. Le canzoni di Francesco De Gregori andrebbero prese, insomma, per ciò che sono (prima che per ciò che significano), e cioè l’esito alchemico di musica e parole, fulgida scrittura d’autore, categoria dello spirito, madeleine della memoria, libere associazioni escatologiche su Storia e storie, a seconda della sospensione di incredulità e/o dell’estrazione generazionale di chi ascolta.(segue)

 

Eugenio Rodondi: "Labirinto"

Enzo Avitabile: "Black Tarantella"
Questo primo album di Eugenio Rodondi è opera di certosina scrittura, frutto della collaborazione continuata e in continua evoluzione con una band fissa che è parte integrante del progetto; è la prova che la nuova canzone d’autore continua a lavorare sotto la cenere, anche se troppo lontano da una giusta e meritata attenzione; è il primo importante e già valido passo di un artista che dimostra un grande potenziale e l'estro del poeta.E’ bravo Eugenio, alcuni brani sono penetrati dal genio, gli vien facile il gioco di parole, l’uso accorto e sapiente delle figure retoriche, i calembour e le dotte citazioni.
E' l'ultima Targa Tenco per l'album in dialetto. Un album che non è solo musica, ma la testimonianza di cosa si può fare con un piccolo aiuto dagli amici. Con Enzo suonano e cantano Pino Daniele, Franco Battiato, Francesco Guccini, Mauro Pagani, David Crobsy, Bob Geldof, Manu Diabate e tanti altri. Il viaggio musicale di Enzo dura da 30 anni e non è mancato lustro senza che, a un periodo di eclissi, non seguisse un brano che lo riguadagnasse all’ascolto, con la rara capacità di rifondarsi ogni volta una nuova collocazione nel panorama musicale non solo nazionale, e guadagnando alla magmatica musica popolare del sud nuovi giovani appassionati.

Franco Battiato: "Apriti Sesamo"

A dirla tutta e forse in contro-tendenza: di Battiato continuo a preferire l’oscuro sperimentalismo pre/post “…corde di Aires” e l’iconoclastia pop dei suoi anni Ottanta. In altre parole: si può scrivere senza peccare di lesa maestà che il cantautore inarrivabile è stato quello elettro-sinfonico antecedente alla collaborazione con Manlio Sgalambro, e che - tolta le parentesi dei tre “Fleurs” - le songs a seguire sono state, per lo più, una reiterata mise en abyme dei suoi topoi, appesantite dall’ingerenza del filosofo-collaboratore?

Roberto Giordi: "Gli amanti di Magritte"

Gli amanti”, di Magritte, è un quadro del 1928, anzi è una serie di quadri, surreali, con i protagonisti che tentano una vana materializzazione della passione impossibilitati da veli che impediscono il contatto visivo e tattile. Roberto Giordi dedica al pittore belga questa opera seconda, questo catalogo di amori imperfetti, di precarietà cosciente, di guerra civile non dichiarata, di rifugi incerti e insicuri.

Luigi "Grechi" De Gregori: "Angeli & Fantasmi"

La cosa migliore che si possa dire di Luigi Grechi è che è persona tenace e coerente. Tra "Accusato di libertà" (1976) e "Angeli & fantasmi" (2012) le differenze non sono poi molte. Sì, siamo sempre lì: tra il Texas e il Colorado. I pezzi potrebbero sembrare tutti cover di successi di oltre Oceano, ma successi non sono e non vengono nemmeno dagli States. Sono tutti prezzi nostrani di luciferina intelligenza e di bella penna, che dagli States potrebbero anche invidiarci.
Giovanni Block: "Un posto ideale"

Giovanni Block, flautista, fine dicitore, artigiano della parola, con lo sguardo a un passo dalla pazza folla, arriva all'esordio con il ritardo di chi ha saputo aspettare, compilando paziente e attento una serie di brani che va dall'eccellente all'ottimo, per gusto musicale e per la sua ormai riconosciutà capacità di far sorridere sulle agrodolci vicende quotidiane.
Lautari: "C'era cu c'era"
I Lautari fanno seria musica popolare senza compromessi. Riconoscono e omaggiano i maestri del genere, ma altrimenti procedono da soli, con composizioni di loro pugno.
  E ascoltiamole allora queste storie, che sono "tanti e tanti", degli amici musicanti! Ubriachiamoci di allegria e cerchiamo di riconoscere la magia, quando ci si presenta. Che anche a questo serve la musica.  
Davide Tosches: "Il lento disgelo"
Non voglio consigliare Davide Tosches. Non ne vale la pena. Si consiglia da solo. Se vi piace ascoltarlo vi apre scenari imprevisti, piccoli paradisi personali, squarci di assoluto. Se non vi piace, lui non viene certo a rincorrervi. Le impronte le ha lasciate, camminando: c’è qualche giunco piegato, un po’ di erba calpestata e una figura lontana all’orizzonte. Se volete prendere fiato e poi correre a perdifiato giù per la collina potreste anche riuscire a raggiungerlo. Altrimenti lasciatelo sfumare nella nebbia. Lui appartiene a sfere che non sono le vostre.
Acustimantico: "Tempo di passaggio"
Un disco degli Acustimantico non può lasciare indifferenti. Mai. Potrebbe perfino non piacere, ma lasciare indifferenti no. Anche perché ne fanno pochi e quando li fanno hanno la tendenza a fare opere che restino nella nostra testa e nella nostra pelle. Sono fatti così. Un po' perfezionisti, un po' algidi, molto eleganti, molto discreti. Ma i risultati di quello che fanno sono di una bellezza insinuante, di una cristallina nitidità. Suoni puliti, pochi. attraverso i quali passa, come passa una sirena nella nebbia, la voce sciamanica di Raffaella Misiti. E allora provate ad ascoltarli e a dirmi se è possibile fare finta di niente.
Stefano Saletti e Piccola Banda Ikona: "Folkpolitik"
Ci sono dischi che ti convincono dalla prima nota ed altri che hanno bisogno di più tempo per manifestarsi. "Folkpolitik" ha tutte queste qualità: un titolo intrigante, una bella copertina, una ditta di sicura affidabilità e convince dalla prima all'ultima nota. Convince perché, pur essendo un album di cover è anche un concept album. Partendo dai suoni della Primavera araba Saletti e i suoi ripercorrono i canti che hanno segnato la stagione delle rivolte nazionali negli anni '70: il Portogallo, la Spagna, la Grecia. Tutto con un cuore mediterraneo.
Strepitz & Paolo Tofani: "Sounds of..."

Cercavate un disco in dialetto da premiare con una targa Tenco? Eccolo qua. E' il migliore uscito quest'anno. Non l'aveta ascoltato? Peggio per voi.
L'effetto è quello di musica che scende dal cielo, sfiora la natura, si trasforma in pioggia, in aria e ritorna in cielo. Una piccola esperienza mistica.
E' da ascoltare questa piccola perla! Cosa vi costa? Qualche euro. C'è il vantaggio che non la potete scaricare da emule e la sfida di doverla cercare, ma volete mettere la soddisfazione? 
Francesco Baccini: "Canta Tenco"

L’ho aspettato al passo, Francesco Baccini. L’ho aspettato al passo dei classici, e non perchè la scaletta di questo suo “Canta Tenco” sia rimpolpata solo dai classici del mostro sacro di Cassine. Tutt’altro. Riesuma, per esempio, il Tenco più politico (“Cara maestra”, “E se ci diranno”, “Li vidi tornare”); quello profetico, della satira di costume (“Hobby”, Giornali femminili”, “Ballata della moda”); quello beatnik (“Bang Bang”, “Ognuno è libero”), nonchè frammenti di (sue) anime ulteriori: anime da proto-cantautore coi baffi e contro-baffi.
L'Orage: "La bella estate"
L’Orage fa soprattutto musica propria che non rientra nei canoni esatti del folk rock. E’ canzone d’autore ibridata di folk, una miscela fascinosa che ha il merito di lasciare ampio spazio alla musica, intesa anche come elemento aggregante. Sono bravi, non ci sono palle! Ci sono invece i pallini della critica che sforano verso i cinque. Senza pretendere di avere scoperto nessuno, ma di segnalare un altro dei gruppi che fa buona e buonissima musica in giro per l'Italia, da levante a ponente e da nord a sud. L'Orage. E che temporale sia!

Mè Pèk e Barba: "La scatola magica"
La musica popolare non passa mai di moda ed ha sempre storie da cantare. E da raccontare. E queste storie, messe tutte insieme contribuiscono a raccontare l'altra Storia, quella che può volere o meno la maiuscola, ma che la gente, il popolo se ancora ha un senso questo termine, continua a cantare e a contare. I Me Pek Barba, in dialetto emiliano, riaffermano la propria presenza con grande personalità.

Massimo Priviero, Michele Gazich: "Folkrock"

Dobbiamo forse metterci a spiegare il valore di canzoni come "House of the rising sun" o "Hard rain's a gonna fall"? No, possiamo solo sederci e compunti applaudire. E allora parlare dell'esecuzione? No, è pefetta. I due sono seri proessionisti e questa è esattamente la loro tazza di te. Un disco di cover magnifico. Colonna sonora imperdibile di una lunga estate calda.

Pippo Pollina. Kälberer, Schmidbauer : "Suden"

Nuovo disco di Pippo Pollina scritto a sei mani con Werner Schmidbauer e Martin Kälberer, due musicisti bavaresi conosciuti per caso. Cori a più voci, sonorità acustiche, melodie, tutto rimanda agli anni '70 e penso che ci sia tanto bisogno di un disco come questo che, guardando al passato e senza mai rinnegarlo, anzi gettandovi le fondamenta, abbia il coraggio di portare avanti i propri ideali guardando al futuro. Non perdetelo!

Raiz e Radicanto: "Casa"

Questo non è solo un disco, sono due. Uno di Raiz e l'altro dei Radicanto. E i due dischi impongono due letture differenti. Prima partiamo da Raiz e sono solo note positive. E' un vecchio disco con un nuovo abito. Sontuoso, scintillante, vestito da sera, ammaliante, seducente. Un disco che se venisse a invitarvi a un ballo in una sera d'estate, vi costringerebbe a ballare per tutta la notte. Novello Sharazade.

Fabularasa: "Di amore e di marea"
Ci sono dischi che decantano, che bisogna mettere lì ed aspettare fiduciosi che mettano fuori prima i fiori e dopo i frutti. Ci sono dischi che cantano, che appena li metti sul lettore dispiegano tutta la loro potenza emotiva. Ci sono poi dei dischi che contano, con i quali, prima o poi, bisogna venire a patti. Con "D'amore e di maree" si viene a patti. Il patto è: "io ti faccio un disco da leggere e da ascoltare e tu lo leggi e lo ascolti, lo assimili e lo digerisci e poi mi dici cosa ne pensi". Non so se li ho ancora metabolizzati tutti, ma non faccio testo: io i Fabularasa me li ascolto in estasi. Eh sì, da Luca Basso e soci ci aspettiamo molto. E ci fa piacere dire che, anche questa volta, questo molto è stato rispettato.

Lassociazione: "A strapiombo"
Sì, è un disco di musica popolare, ma di quelli da segnarci con la mano sinistra quando li incontriamo. I testi parlano di campagna, di inverno che arriva, di amori, di lavori, di musica: insomma di vita. Si percepiscono i campi, li si vede, si vede la montagna, il pastore che sverna in Maremma, l'acqua che arriva dalla pianura del nord e che porta la primavera, in questa prospettiva ottica invertita. Meno male che qui la Pieve l'abbiamo trovata e la strada del castagneto non vogliamo perdercela. Ce la siamo segnata nel cuore e nella mappa che teniamo serrata lì vicino.

Davide Zilli: "Coinquilini"
Un pò Woody Allen e un pò Jannacci, un pò Cristicchi e un pò Paolo Conte (quello dei primi due dischi), ma soprattutto molto se stesso, il trentacinquenne piacentino Davide Zilli è il prototipo del cantautore ai tempi della crisi.Davide Zilli è uno che sa divertire e far pensare. Soprattutto rinverdisce un filone - quello a metà strada tra la canzone seria e il guizzo cabarettistico - che da tempo non trova più interpreti e autori credibili.

Vinicio Capossela: "Rebetiko Gymnastas"
Vinicio è genio prolifico e perfettamente in grado di fare dimenticare eventuali passi falsi. Passo falso? Che poi in realtà “Rebetiko Gymnastas” non è un vero passo falso. Dovessi dire che è brutto direi il falso. E’ un disco inutile, di quelli che oggi lo metti su e domani, anzi oggi pomeriggio lo hai già del tutto dimenticato.
L’effetto è di appiattimento totale: i brani transitano l’uno nell’altro senza soluzione di continuità, senza stacchi, senza destare interesse. Brutto allora? No, brutto no. Non riesco proprio a dirlo. Inutile questo sì. Abbondantemente inutile.
Dola J.Chaplin: "To the tremendous road"
Ormai non c'è niente da fare. Una cospicua fascia del nuovo cantautorato italiano ha virato verso la musica americana. E i risultati sono tutt'altro che disprezzabili.Dola J. Chaplin non è che l'ultimo arrivato di una lunga fila. Voce potente, chitarra morbida, si inserisce di prepotenza ai vertici del fenomeno, cantando con grande convinzione in buon inglese. Continuo a non capire perché si debba scegliere l'inglese, ma "To the tremendous road" è un ottimo disco. Americano.
Andrea Mirò
Andrea Mirò: "Elettra e Calliope"

Cose che Andrea Mirò ci risparmia di disco in disco: 1) melodie passeggere & svariati altri luoghi comuni da dittatura pop; 2) arrangiamenti-fotocopia che fanno tanto tormentone-ggiovane di tristi speranze canore; 3) destrezze vocali da finte-Giorgia&Pausini (molta fuffa, zero sostanza); 4) amori elementari, meglio se sfigatissimi; 5) amori in zona masoch e/o maledetti.
Valentino Corvino Valentino Corvino: "Anestesia totale"

In principio fu "Anestesia totale" in teatro. C'era di mezzo la strana coppia Marco Travaglio-Isabella Ferrari (a dividersi palcoscenico e scampoli di progetto). Da lì alla pazza idea del cd per indignados radical-chic (si può scrivere, no?, mica un disco come questo lo comprano i fan di Gigi D'Alessio) il passo è stato breve
From Bedlam to Lenane

Graziano - Forni: "From Bedlam to Lenane"

Francesco Forni e Ilaria Graziano riescono a costruire un'opera di grande equilibrio e omogeneità, raccogliendo materiali disparati e lontani tra loro ma vicini alla loro sensibilità, brani originali e cover, con la matura capacità di manipolarli e renderli propri, canzoni che diventano perle di una collana di finissima fattura, tutte parte di un viaggio armonico nella geografia del cuore e del mondo esterno.

EnRico Farnedi: "Ho lasciato tutto acceso"

Sono 15 canzoni, una cinquantina di minuti di musica, un uomo solo e una manciata di strumenti, due sentimenti, quattro once di malinconia, una spruzzata di provincia. Cosa è allora a renderlo così importante? A fare sì che un dischetto si imponga per ore su ascolti molto più blasonati? Il talento, la grazia nel porgere, la timidezza che quasi chiede scusa: insomma la diversità. Ogni tanto nasce un irregolare nella musica d'autore italiana. E bisogna tenerselo caro.

Francesco De Gregori: "Pubs and clubs"

Nemmeno questo è il nuovo album di Francesco De Gregori. E non è nemmeno un vecchio disco. E' un disco dal vivo. E non ci sono novità. Zero. Nemmeno un'inedito, nemmeno un guizzo, nemmeno la fatica di una cover. Abbiamo perso il conto dei live di De Gregori. Quanti sono? Trenta? Quaranta? Eppure, eppure, nonostante tutte queste perplessità (e qualcun altra di cui daremo conto) "Pubs and clubs" non è un cattivo disco. Anzi, lasciamoci andare, è un buon disco.

Ambrogio Sparagna e De Gregori: "Vola vola vola"

Non è il disco nuovo di De Gregori, però i degregoriani di stretta osservanza trovano pane per i loro denti. Non è un disco di sola musica popolare, ma di musica popolare ce n'è tanta. Non è neanche il disco nuovo di Sparagna, ma lo si assaggia e lo si incontra sempre con piacere. Insomma è un bellissimo disco di mezz'estate. Non lasciatelo tra gli invenduti! Sparagna e De Gregori ci regalano questo album, dove Francesco canta in otto brani e sei sono suoi.

L'Orage: "Come una festa"

Adria: "Penelope"
"Come una festa" è addiritittura più rigoroso dell'album successivo. E apparentemente più maturo, anche se ha il difetto di venire come album d'esordio. I dodici brani costituiscono una specie di concept album che racconta la vita del poeta francese dall'infanzia (“La fête du village”) o allo scontro con i poeti parnassiani. Un album tenero e prezioso, per nulla ingenuo. Semmai giustamente presuntuoso. Quella capacità di presumere di essere capaci di fare poesia e di fare musica che possa essere ascoltata e piacere. Ma state attenti: con L'Orage un po' è come una festa, ma un'altra parte è impegno e attenzione. Disco d'esordio dell'anno. Peccato averci messo due prima di conoscerli.
 
Certe volte ci distraiamo e ci assopiamo. E così ci perdiamo dischi come questo. Un perfetto connubio di musiche etno-jazzate a cavallo dell'Adriatico sulle rotte di Ulisse. Mario Arcari aggiunge il suo oboe a organetti, quartetto d'archi, cello, sax e percussioni. Maria Mazzotta aggiunge una voce sciamanica e il disco scorre come acqua che si increspa, come mare percorso dal vento. Come un soffio vitale. E' uscito nel 2008, ma il tempo trascorso ha solo fatto bene al prodotto.