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Biellenews 65
Gli imperdibili 2008



Mary Gauthier - "The foundling" John Mellencamp - "No better than this"
Johnny Flynn - "Been listening"

Ci sono dischi, film e libri che, per un motivo o per l'altro, non dovremmo mai perdere e a volte ci passano davanti così velocemente che non ce ne ricordiamo neanche. Questa rubrica vuole porre un freno ai guasti della memoria. Secondo noi gli imperdibili del 2009 sono, per ora:
 
 
"Le vie del rock sono infinite" - Edoardo Bennato
"Sotto un cielo blu diluvio" - Grazia Verasani
"Dieci esercizi per volare" - Michele Gazich
"Flel" - I Luf
"Brunori Sas"- Dario Brunori
"Sopra i tetti di Firenze" - Riccardo Tesi e Maurizio Geri
"Grand Hotel Cristicchi"- Simone Cristicchi
"Brucerò la Vucciria" - Akkura
"Copenhagen" - Micol Martinez
"Cuore di ferro" -  Massimiliano D'Ambrosio
"e l'italiano ride" - Mirco Menna & Banda d'Avola
"Uh1" - Fabrizio Frabetti
Mauro Ermanno Giovanardi :
"Ho sognato troppo l'altra notte?"


G
rande raffinatezza, di piacevolissimo ascolto, di arrangiamenti avvolgenti, di forte presa emotiva, cantato e suonato bene. Con alcune canzoni veramente ragguardevoli - oltre a “Io confesso”, segnalo “Desìo (il rumore del mondo)” – e nessuna che scende al di sotto della sufficienza. Soprattutto, un disco fortemente unitario, con un’idea forte alle spalle, quasi un concept-omaggio.(segue)

Roberto Vecchioni :
"Chiamami ancora amore"

Non è un disco nuovo ma è molto vecchioniano. Del tutto nelle sue corde, con una canzone nazionalpopolare, ma democratica e intelligente a fare da traino. Forse un po' furba, ma uno non va a Sanremo a proporre "Pesci nelle orecchie" o "Viola d'inverno". E' un buon album, tutto ricantato, con suoni brillanti, una bella voce, un prodotto professionale fatto da un cantautore di quelli storici , Lunga vita al professore! (segue)

 


Cristina Donà: "Torno a casa a piedi


Eccone una che non ha avuto bisogno del Bunga bunga per arrivare. Il suo Bunga bunga si chiama talento: Cristina Donà. Una che sa come si fanno le canzoni, che sa come scriverle e che sa anche come cantarle, interpretarle, presentarle. "Torno a casa a piedi" è un album molto interessante, però non ancora del tutto riuscito: è un album bicefalo, dominato da un lato dai testi di Cristina Donà e dall'altro dalle musiche che la Donà ha composto con Saverio Lanza, una presenza non del tutto discreta, ma anche globalmente positiva. (segue)

Ettore Giuradei: "La repubblica del sole"

E’ vero, non sempre tutto è pienamente comprensibile, proprio come accadeva anche nei precedenti lavori, ci sono a tratti immagini che sembrano più frutto di abusi etilici o peggio che non lucide espressioni razionali, però spesso sono proprio questi i passaggi più torbidamente attraenti, quasi che il mistero ne acuisse l’effetto. Alla fine la domanda che mi pongo è sempre la stessa: è più genio o più furbo? (segue)
Cristiano De André: "De André canta De André"

Gli abbiamo fiducia quando ha fatto il primo disco della serie. "Se non canta lui le canzoni del padre, lui che ne è l'erede, chi è che le deve cantare?". Possiamo anche dargli buona la seconda. Abbiamo storto un po' il naso perché in entrambi i casi la strenna è uscita esattamente sotto Natale. Ora però basta. Con questo secondo disco delle canzoni del padre chiudiamo la serie e ricominciamo a considerare Cristiano De André come cantautore.
(segue)
Donatella Bardi: "A Puddara è un vulcano"

Il disco è ingenuo e smagliante, fresco e canterino, pieno di musica e di buone vibrazioni. Un classico prodotto di quegli anni. Volete sapere come ci andava la vita nel 1975? Un gran bene! C'erano queste canzoni, la musica era ovunque, la politica pure e le strade erano tutte aperte. Ma si sa, allora avevamo vent'anni.
(segue)
Lucio Dalla/Francesco De Gregori: "Work in progress"

La prima domanda che mi sono fatta è stata "Chi lo ascolterà mai questo disco?", preparandomi a un pubblico di babbioni coetanei dei due brillanti sessantenni. Poi però i dischi bisogna anche ascoltarli. E qui, oltre a essere raccolte almeno una dozzina di canzoni che hanno fatto la storia della musica in Italia i due grandi vecchi sono in forma, si capisce che si divertono e, appoggiandosi a una band coi controcoglioni, divertono anche noi.
Roberto Giordi: "Con il mio nome"

Quando un ottimo autore (Alessandro Hellmann) incontra un bravo interprete (Roberto Giordi), il risultato non può che essere buono. Tanghi, spunti jazzati, riminiscenze classiche. Insomma, una visione ampia a cui fa sostegno un'ensamble ricco e variegato con violoncello, archi (Solis String Quartet), fisarmoniche, trombe. Discorso maturo.
Luci della centrale elettrica: "Per ora noi la chiameremo felicità"
Se fosse uscito questo come primo disco ora saremmo qui a sperticarci in elogi, perché "Per ora noi la chiameremo felicità" è persino migliore di "Canzoni da spiaggia deturpata". Arrangiamenti più curati, canzoni più definite, meno improvvisazione e miglior organizzazione. Ma resta il fatto che è un seocndo disco. Se il primo ci aveva colpito come un cazzotto, il secondo è la replica dello stesso cazzotto. Nel frattempo abbiamo alzato la guardia e il pugno finisce sui guantoni alzati.
Bebo Ferra/Girotto: "Kaleidoscopic arabesque"
massimo privieroQuando si incontrano l'aria della Sardegna e quella delle pampas argentine il risultato non può che essere mirabile. Bebo Ferra, valente chitarrista sardo e Javier Girotto, virtuoso porteño, ormai adottato alle nostre latitudini, hanno messo assieme i loro bagagli culturali e i loro strumenti per costruire un album di raffinata classe che per piccoli cenni, per suggestioni laterali lascia intendere il ponte tra le due culture. Tempi distesi, atmosfere sospese
Areamag: "Si salvi chi può"
In ogni brano c’è un bambino che subisce una violenza, un bambino di 12 o di 56 anni, entrambi devono salvarsi da un genitore, l’uomo riuscirà a salvarsi dalla Natura? A giudicare dai brani “La discarica” e da “Si salvi chi può” non è che si abbiano troppe speranze. Forse è meglio salvare la Natura dall’uomo… cosa impossibile… certamente più facile!
Taranteana: "Donna Giuvannina e altre storie"
E' rato trovare un disco di musica popolare ben fatto. Che accompagni cioé a rigore crtico e ad adesione ai canoni, anche la capacità di costruire delle canzoni interessanti. I Taranteana centrano in pieno l'obiettivo. Un'esperienza coinvolgente, dove le pagine del libro hanno bisogno del suono del disco e il disco si sostanzia della lettura delle pagine del libro, in un gioco di rimandi voluto e riuscito, dove il godimento nell'uno non è un ostacolo, ma anzi propedeutico al godimento dell'altro.
Marcello Murru: "La mia vita galleggia su un petalo di giglio"
“Buonasera sono tornato / Non chiedermi perché e dove sono stato” con queste parole Marcello Murru ci introduce nel suo nuovo disco “La mia vita galleggia su un petalo di giglio” uscito a sei anni dal precedente “Bonora” e noi lo accogliamo a braccia aperte. Ben tornato Marcello poeta dei nostri tempi di virgole, che tu possa continuare a dispensar poesia come sai fare.
 
Davide Tosches: "Dove l'erba è alta"
Uno sguardo diverso sulla realtà, uno sguardo che viene forse dal lato buio, quello meno illuminato, quello dove però, come in questo caso, non si ha paura. Non è un nero come assenza di luce, un nero che atterrisce, ma un buio come rifugio, dove non si è guardati agli altri, ma da dove, a volte si può guardare. Non è il freddo sotterraneo di una tomba, ma il calore e l'intimità che si prova sotto una coperta. E forse, non è a caso che la produzione di un lavoro così raffinato sia opera di un artista marginale ma di assoluto pregio come gianCarlo Onorato.
Marco Ongaro: "Canzoni per adulti"
Due sono brani di Leonard Cohen, gli altri lo sembrano soltanto. Direi che questa può già essere la chiave della recensione. Marco Ongaro sforna un album di canzoni che hanno l'ambizione di essere tutte legate a un tema che è quello eterno dell'innamoramento e dell'amore. Uno dei migliori dischi dell'anno. Complesso, stratificato, poetico e musicale: in una parola "bello"!
Piero Crida: "L'arte del camaleonte"
Un giovane autore, di soli 66 anni, designer, stilista, pittore, poeta e anche cantautore. Un album che non si può classificare con un'alzata di spalle nel "normale", ma di sicuro bisogna classificare nell'originale, aumentando la dose di invidia per chi riesce a esprimersi in così tanti campi diversi e con risultati sempre degni di nota. Può essere un disco inesistente, ma sappiate che tra le onde trasversali del destino si aggira un camaleonte che ha molto da dire, da cantare, da fare ascoltare.

Alessandro Fiori: "Attento a me"
Un disco che ogni tanto pecca di intelligenza forse eccessiva, e che altre volte invece si lascia andare fino al limite dell'ingenuità, ma che proprio in questo suo pendolo è in grado di scoprire e di offrire emozioni. Come se, per una volta almeno, in attesa di nuovi sviluppi, Alessandro Fiori avesse voluto dare spazio a quegli universi molteplici che si incontrano dentro di sè.

Gabriella Grasso: "Cadò"
Abbiamo trovato una nuova autrice e vogliamo tenercela stretta. Due omaggi a due grandi interpreti come Mercedes Sosa e Rosa Balestrieri, ma il resto è tutta farina del suo sacco, farina che non andrà in crusca. Un album di canzoni, varie, smaglianti e ben definite: che coinvolgono e attirano e ti tengono saldo nelle loro spire. "Cadò" come un regalo, un gran bel regalo di Natale.  
Giancarlo Frigieri: "Chi ha rubato le strade ai bambini?"
Viva! Tutte le volte che mi capita di imbattermi su musica fatta con passione, anche se in casa o poco più, misuro la distanza che c'è tra la produzione artigianale, dove in ogni nota, più o meno azzeccata, c'è un mondo e la produzione industriale che schiaccia alla ricerca di un bello uniforme. Qui si trovano le tracce del miglior cantautorato nostrano. Cercatelo, non perdetelo.
Luisa Cottifogli: "Anita"
Album delicato e tenue, fragile come cristallo ed altrettanto bello. Album trasparente e intelligente, fatto con l'anima e la testa per non lasciare niente di intentato nel desiderio di comunicare. Uno dei migliori. Non perdetelo. Un disco che resti e non passi piacevole e fresco come acqua di un torrente.
Samuel Katarro: "Halfduck mistery"
Un semipapero misterioso, sopra cui si chiudono le nuvole rosa disegnate da questo "genietto" fuori tempo o mestierante dell'ideazione schizoide. Syd Barrett? O barrette Kinder? Ogni dubbio è lecito. Ogni epoca ha un suo passato. Katarro se ne frega e nel passato ci fruga. Ogni tanto ci avvince e ogni tanto non convince. Ad ascolti alterni. Ascoltiamo ancora.
Gai Saber: "Angels, Patres, Miracles"
Se c'è un album di cui bisogna parlare oggi è questo. Non ci sono dubbi! Prima di tutto perché è un ottimo lavoro e in secondo luogo perché quando, se non a Natale, è possibile ascoltare un disco che parla di angeli, pastori e miracoli? Un'opera che, se non fossimo in Italia, ossia un territorio che del suo passato ama fare strame, andrebbe studiata a scuola.
  Cristiano Angelini: "L'ombra della mosca"
Angelini porge con pudore le sue storie delicate, ma è un'educazione che è classe, una discrezione che affascina e che offre una chiave d'ingresso privilegiata a un mondo intimo meraviglioso. E le musiche portano lontano, consentendo il privilegio di pensare. Che di questi tempi è merce sempre più rara

Ivan Della Mea: "Antologia"
E' un disco fuori tempo, fuori epoca, anacronistico, antico. Un disco che parla di valori, di ideologie, di compagni, di speranze e di grandi illusioni (e disillusioni) storiche. Ma anche che traccia la realtà della storia di una vita che è molte vite assieme. Comprate questo disco, ascoltate le canzoni, imparatele: sono facili, quasi tutte solo chitarre e voce. E poi cantatele nuovamente. fatene tradizione popolare, Non fatele morire. Moriremmo con loro.

Paolo Pietrangeli: "Antologia"
Come ci si avvicina a un disco del genere?. Con cautela e attenzione. Contiene materiale di sinistra. Contiene materiale sinistro? No, contiene qualche reperto d'epoca e la voglia di raccontare la storia artistica di una persona che ha attraversato da protagonista, in vari ruoli, 40 anni della nostra storia senza poi risultarne neanche tanto spiegazzato. Per chi era rimasto a "Contessa" una constatazione: Paolo Pietrangeli è stato molto di più ed è andato oltre "Contessa". Chi lo ascolta(va) forse no.