Succede,
succede che non te lo aspetti. Perlomeno, non te lo aspetti così.
Leggi una breve recensione su un giornale, e il libro ti incusiosisce.
Cerchi, allora, una scheda dell'editore su internet che ti conferma
a proposito della storia di un probabile scampato alla polizia e
ai pentiti, uno dei tanti a contare oltre il numero dei seimila
finiti in carcere in quegli anni. Uno di quelli che "l'ha fatta
franca"! Poi, sulla scheda, vedi, e segui, il rimando ad un
"url". Un link che porta a leggere le parole di Pino Cacucci
a proposito di una storia il cui titolo è preso da una frase
in un racconto di Erri De Luca.
Leggi tutto,
avidamente, fino a toccare quasi con mano la "volontà
di possesso" del libro in questione. Così esci e lo
compri, il libro, e cominci a leggerlo. E non ti riesce di non continuare
a leggerlo, fino alla fine. Ogni pagina, ogni frase come un colpo
di lametta sulla carne. Tagli che fanno sanguinare, e il sangue
scorre per dare colore e visibilità al nostro oramai invisibile.
Ma è
l'unico modo che ci è rimasto per farci raccontare la nostra
storia! Per raccontarla, di modo che anche gli altri sappiano, senza
che per questo "si debba pretendere che un'intera generazione
si umilii al punto di gettare via il proprio passato, per vederlo
scorrere nelle fognature dei salotti televisivi".
Tagli nella
carne, fino alla domanda finale, formulata a chiare lettere - "potevate
imboccare un'altra strada?". Senza risposta, forse.
E in mezzo
tutto il resto. Tutto. Tutto quanto. Da Carrero Blanco
ai brindisi alla morte di Calabresi. "Le scelte
condivise, e quelle non" .Tutte.
La musica,
anche: gli Stormy Six che suonano e cantano la
morte del presidente Mao, indigeribile per che era abituato ai re-la-sol
di Guccini e Masi (testuale); il Banco
del Mutuo Soccorso in piazza Navona, il primo maggio de
1975, per festeggiare la vittoria vietnamita. Lolli e radio
Alice, con quel pianoforte che suonava sulle barricate.
La voglia,
il bisogno di dire e quello di difendersi. Lo so bene chi è
la compagna a pagina ventidue, lo ricordo bene il sorriso beffardo
del funzionario capo, mentre la bara di zinco usciva dal portone.
No, non era Clara il suo vero nome.
Le scelte condivise
e quelle non. Il comizio, e la cacciata, di Lama
dalla "Sapienza" di Roma.
Poteva essere
imboccata un'altra strada? Forse. Ma i morti - dice Paolo
Emilio Calvesi, il protagonista - sono morti, i nostri
e i loro, e per di più non siamo stati noi a cominciare!
La morte di Angela, nel libro, è una coltellata. Senza lacrime
e senza rabbia. Segna, in qualche modo la fine del percorso. Le
scelte condivise e quelle non! Qualcosa di diverso poteva essere
fatta, se solo ci si fosse sentiti dalla stessa parte. Come quel
giorno, a Firenze, con i Rodolfo Boschi, di cui nessuno ha mai più
parlato. Meglio parlare di "poveri untorelli", vero?
Il libro "L'amore
degli insorti" finisce con una rivelazione che non
ha alcun sapore di colpo di scena, come è giusto che sia.
Finisce, soprattutto, una ventina di pagine prima della parola fine,
con una lunga poesia di otto pagine, quasi un poema a verso libero
che riassume e sintetizza tutto, col suo romanticismo che eravamo
noi.
"E
mi rimane, infine, la certezza che si possa sbagliare dalla parte
giusta schierati a protezione di un'intesa tra l'utopia di chi insegue
gli orizzonti e gli orizzonti stessi che si spostano per noi come
se fossero le guide di un cammino in fondo al quale scavalcare il
mare per ritrovare lì l'amore degli insorti che solo noi
sappiamo pronunciare".
Dopo "Scirocco",
di Girolamo De Michele, "L'amore degli insorti" di Stefano
Tassinari è un'altra lezione nel corso di "educazione
alle lacrime". Grazie Stefano!
Stefano Tassinari
"L'amore degli insorti"
Marco Tropea Editore - Pag 175- Euro 12,00
Finito di stampare nel novembre 2005
Nelle librerie
Ultimo
aggiornamento il 25-11-2005
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