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Le Bielle interviste

Sursum Corda
di Giorgio Maimone

Devo ammetterlo che subisco il fascino della vostra musica. Musica gentile e mai aggressiva. A naso si intuisce competenza. Che formazione avete? Conservatorio o altro?

I SSC sono una formazione aperta e per certi versi naif. Nello stesso gruppo convivono musicisti diplomati al conservatorio, che hanno fatto scuole jazz, cultori dello strumento o che hanno semplicemente consumato ben bene i propri polpastrelli senza risparmio alcuno.

La vostra formazione è quantomeno inusuale come scelta degli strumenti: due chitarra classiche, un violoncello e un oboe o corno inglese. E’ condizionante la formazione per la musica che fate o è stata la musica che volevate fare che ha fatto sì arrivaste a concepire una formazione siffatta? Oppure ancora è assoluta casualità e le vicende umane hanno sempre il predominio su quelle musicali?

E’ un po’ tutte queste cose. L’amicizia, l’incontro casuale, l’istinto musicale, la scelta di una acusticità rigorosa, il contatto epidermico tra musicisti di varia estrazione, la ricerca ostinata di uno stile che fosse originale nella sua italianità ha fatto sì che si arrivasse ad un assetto come questo. I SSC comunque sono un collettivo “aperto” che necessita di continue collaborazioni. Diciamo che, attorno al “nocciolo duro”, convivono musicisti e arrangiatori che vanno a completare il quadro orchestrale.

La sensazione più profonda che ho provato ascoltando le vostre canzoni con attenzione, più o più volte, in particolare in cuffia, è stata quella di una musica a strati. Come affondare la mano nell’acqua e sentire diverse sensazioni progressive. Il fresco prima, il bagnato, poi il senso di contatto con un fluido, infine il freddo della profondità. Una sensazione simile l’ho provata con Paolo Conte. E’ un effetto studiato quello degli strati progressivi? E’ una sensazione che capita anche a voi? Che importanza ha il lavoro di arrangiamento per voi?

L’effetto degli “strati d’ascolto” è voluto, ed è causato dal particolare tipo di arrangiamento adottato. In genere il brano nasce da una bozza (testo + accordi) o da un tema molto “forte” (come nel caso dell’Albero dei Bradipi”). Arrangiare è una fase importante e nel contempo stimolante. E’ la fase dei colori e delle sensazioni. Il brano deve essere arricchito ma non deve diventare pesante all’ascolto, gli arrangiamenti, quindi, vengono studiati proprio per creare una sensazione di stupore e di piacevole incomprensione iniziale, per poi far scoprire, più o meno rapidamente, gli strati più profondi e più intimi. Spesso alcuni arrangiamenti vanno a stimolare quel ricordo inconscio musicale che è in ognuno di noi. Come la cantilena di “Bambino” o l’apertura di “Postumi di un amore” che ricorda i film italiani degli anni ’70.

Ancora sul vostro stile musicale: per quanto mi riguarda ritengo abbastanza netta l’appartenenza del vostro gruppo a quel filone di musica che definisco “italiana”, ossia musica italiana delle radici. Una scelta compositiva e di ricerca che parte dal ricco patrimonio alle nostre spalle, dal melodramma, alle antiche canzoni all’italiana, via via fino al dopoguerra, a leggeri spruzzi di ritmica jazz, all’attenzione ai testi della scuola cantautorale. Una musica a ponte tra tradizione rivisitata e ricerca. Vi ritrovate?

Perfettamente. Le nostre canzoni spesso, per le sonorità e le armonizzazioni, seguono un itinerario che attraversa coraggiosamente generi musicali diversi e distanti geograficamente e storicamente; in “Questa è la strada” l’andamento jazzato è spezzato da un duetto corno inglese-tromba stile anni ’30; in “Via” l’andamento blues in sei ottavi della strofa sfocia in un apertura d’archi tutta italiana, in “Venerdì 17”, poi, l’approccio apparentemente etnico in un tempo di 5/4 degenera in una ballata greca. L’abilità sta nel riuscire a fondere il tutto in uno stile italiano senza scadere nel kitch o nel demenziale.

Quali sono le vostre principali influenze (musicali, letterarie e umane). Cosa c’è prima, a monte dei Sursum Corda?

Io personalmente divoro di tutto, mi piace molto la letteratura latino-americana e spagnola. Musicalmente ascolto qualsiasi cosa ma sono particolarmente affezionato a tutti i cantautori italiani “di spessore” e a quel geniale compositore che è Fiorenzo Carpi. Saverio

Una frase mi ha colpito sul vostro sito: c’è scritto nella vostra biografia “Decidono quindi di ricorrere alle nuove tecnologie per poter completare i brani, viene cosi utilizzato internet. Il sito ufficiale del gruppo (www.sursumcorda.it), oltre ad essere uno strumento di diffusione aperto al mondo dei navigatori, diventa il luogo virtuale dove i Sursumcorda scambiano ed elaborano in tempo reale le idee musicali”. In che senso? E dove che in realtà sul vostro sito non ho trovato traccia reale di questo che invece mi pare un modo di porsi molto interessante. Qual è la vostra posizione nei confronti della rete e delle possibilità della musica in rete?

Diciamo che il sito è nato all’inizio come punto di incontro per scambiarci file wav-mp3 “pesanti” che le caselle di posta non sopportavano. E’ capitato di aver tirato fuori delle idee anche per telefono. I ssc sono molto distanti tra di loro e il sito per alcuni anni ha ridotto la lunghezza dell’asse Livorno-Milano. Adesso serve soprattutto ad aumentare la visibilità dell’attivita del gruppo. Ormai tutto passa attraverso internet e anche noi, nonostante un certo ”rifiuto” per l’elettronica, ci siamo dovuti adeguare.

Indubbiamente raffinati esecutori e “versificatori”, l’unico rischio che vedo per i SursumCorda (l’unico per modo di dire, la musica è piena di rischi) è che, come Narciso si innamorino della propria perfezione formale vendendo ad essa l’anima. Rischio reale? Quali antidoti pensate di somministrarvi J)

Credo che l’unica maniera per evitare questo rischio sia essere “sensibili”, avere un’attenzione particolare verso l’ascoltatore. Bisogna rendere sempre comprensibili le proprie creazioni altrimenti non si può parlare d’arte.

Ancora sul sito parlate della vostra musica come di una “colonna sonora cantata”. L’aspetto spettacolare infatti emana dal vostro lavoro: teatro, musica, film. Quali sono le immagini che abbinereste all’Albero dei Bradipi? Filmografia nazionale? Francese? Americana? Terzo mondista? E soprattutto, bianco e nero o colore? In fin dei conti siete o non siete “attori non protagonisti”?

Per i Sursumcorda è indissolubile il connubio musica-immagini e immagini-musica. Cerchiamo di dare immagini con la musica e nello stesso tempo ci troviamo spesso a musicare delle immagini. Non credo che la nostra musica abbia una connotazione d’immagine precisa in quanto troppo umorale. Diamo molta importanza ai videclip. Ne abbiamo già girati due con il nostro regista e amico Fausto Caviglia, l’ultimo dei quali (sul brano “Bambino”) è andato in finale nelle scorse settimane sia al Premio Videoclip Italiano che al Premio Fandango.

Veniamo finalmente all’album: azzeccato il titolo “L’albero dei bradipi” e la canzone omonima è quasi una weltenschaungg, una concezione del mondo. “Parte / dal cuore / quel buonumore / che mi protende avanti / ad osservare / passare sotto /la mia lentezza / gente che corre / ad inseguir la brezza. …A voi rispondo / con far leggero / che il piede a terra / mi par poco serio / data l'altezza
del mio amico / che sulla terra / appoggia un legno antico”. Come dobbiamo risolvere la metafora? La saggezza contro la fretta? La permanenza contro la fatuità? La riflessione contro la frenesia? Insomma, cosa non vi va bene, in cosa non vi riconoscete, fino a considerarvi bradipi sul ramo?

Un antico detto cinese dice “Pensa velocemente e agisci lentamente”, la lentezza è spesso vista come un elemento di discriminazione, una persona lenta può essere considerata incapace. Spesso l’essere lenti invece è sinonimo di precisione. L’albero dei Bradipi mette in luce, con ironia, la positività dell’essere “diversi”.

Dunque sono dodici brani tutti di lunghezza tra i 3 e i 4 minuti. Scritti in un arco di tempo o tutti insieme? Qual è il brano più vecchio e quanto tempo ha? E qual è quello che, secondo voi definisce meglio lo “stile SursumCorda” secondo le idee e la percezione vostra.

L’idee originali di alcuni brani come “Pelle di stracci” o “Il Gorgo” sono vecchie di anni (5-6 anni). Altri sono recenti. I brani non sono stati scritti tutti insieme ma vengono portati avanti un po’ per volta in contemporanea. Per dirla in termini moderni (che sono molto di moda) lavoriamo in multitasking e in brainstorming nel senso che durante la composizione interagiamo in continuazione. Per comporre l’albero avevamo quasi tutte le bozze dei brani quando ci siamo chiusi in una cascina e li abbiamo “vissuti” giorno per giorno per una quindicina di giorni invitando di volta in volta gli altri musicisti che li hanno completati.

Si diceva prima della vostra formazione: la “ritmica” per ora è “ospite” in casa Sursum. Niente basso e batteria fissi in formazione. C’è un motivo o è casuale?

Abbiamo lavorato molto in questi ultimi tempi sull’assetto ritmico che nel cd è stato volutamente utilizzato spesso come “colore”. Gli stessi brani sono stati riarrangiati in versione da concerto utilizzando batteria, percussioni e contabbasso in modo da avere un impatto dinamico maggiore.

E ora? Dopo la musica dello spot dedicato alla mostra e della colonna sonora del documentario sul Guercino, dopo i Bradipi, verso quale rotta è lanciata la scialuppa dei SursumCorda? Con quali obiettivi?

Abbiamo composto la colonna sonora del documentario della mostra “Carlo e Federico: la luce dei Borromeo nella Milano spagnola”. La mostra è partita questo mese e durerà fino a Maggio 2006. Il documentario viene trasmesso a ciclo continuo nella sala d’ingresso e per le sale si sente la nostra musica. E’ in stampa sia il dvd che il cd della colonna sonora. Il cd avrà come titolo “In Volo”, è strumentale ma contiene un brano (una chicca) cantato. Sarà a tiratura limitata e verrà venduto nel bookshop della mostra. Inoltre abbiamo abbastanza idee per uscire entro un anno con un nuovo cd di canzoni.


Ultimo aggiornamento: 12-07-2005
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