Devo ammetterlo che subisco il fascino della vostra
musica. Musica gentile e mai aggressiva. A naso si
intuisce competenza. Che formazione avete? Conservatorio
o altro?
I SSC sono una formazione aperta e per certi versi
naif. Nello stesso gruppo convivono musicisti diplomati
al conservatorio, che hanno fatto scuole jazz, cultori
dello strumento o che hanno semplicemente consumato
ben bene i propri polpastrelli senza risparmio alcuno.
La vostra formazione è quantomeno inusuale
come scelta degli strumenti: due chitarra classiche,
un violoncello e un oboe o corno inglese. E’
condizionante la formazione per la musica che fate
o è stata la musica che volevate fare che ha
fatto sì arrivaste a concepire una formazione
siffatta? Oppure ancora è assoluta casualità
e le vicende umane hanno sempre il predominio su quelle
musicali?
E’ un po’ tutte queste cose. L’amicizia,
l’incontro casuale, l’istinto musicale,
la scelta di una acusticità rigorosa, il contatto
epidermico tra musicisti di varia estrazione, la ricerca
ostinata di uno stile che fosse originale nella sua
italianità ha fatto sì che si arrivasse
ad un assetto come questo. I SSC comunque sono un
collettivo “aperto” che necessita di continue
collaborazioni. Diciamo che, attorno al “nocciolo
duro”, convivono musicisti e arrangiatori che
vanno a completare il quadro orchestrale.
La sensazione più profonda che ho provato
ascoltando le vostre canzoni con attenzione, più
o più volte, in particolare in cuffia, è
stata quella di una musica a strati. Come affondare
la mano nell’acqua e sentire diverse sensazioni
progressive. Il fresco prima, il bagnato, poi il senso
di contatto con un fluido, infine il freddo della
profondità. Una sensazione simile l’ho
provata con Paolo Conte. E’ un effetto studiato
quello degli strati progressivi? E’ una sensazione
che capita anche a voi? Che importanza ha il lavoro
di arrangiamento per voi?
L’effetto degli “strati d’ascolto”
è voluto, ed è causato dal particolare
tipo di arrangiamento adottato. In genere il brano
nasce da una bozza (testo + accordi) o da un tema
molto “forte” (come nel caso dell’Albero
dei Bradipi”). Arrangiare è una fase
importante e nel contempo stimolante. E’ la
fase dei colori e delle sensazioni. Il brano deve
essere arricchito ma non deve diventare pesante all’ascolto,
gli arrangiamenti, quindi, vengono studiati proprio
per creare una sensazione di stupore e di piacevole
incomprensione iniziale, per poi far scoprire, più
o meno rapidamente, gli strati più profondi
e più intimi. Spesso alcuni arrangiamenti vanno
a stimolare quel ricordo inconscio musicale che è
in ognuno di noi. Come la cantilena di “Bambino”
o l’apertura di “Postumi di un amore”
che ricorda i film italiani degli anni ’70.
Ancora sul vostro stile musicale: per quanto mi riguarda
ritengo abbastanza netta l’appartenenza del
vostro gruppo a quel filone di musica che definisco
“italiana”, ossia musica italiana delle
radici. Una scelta compositiva e di ricerca che parte
dal ricco patrimonio alle nostre spalle, dal melodramma,
alle antiche canzoni all’italiana, via via fino
al dopoguerra, a leggeri spruzzi di ritmica jazz,
all’attenzione ai testi della scuola cantautorale.
Una musica a ponte tra tradizione rivisitata e ricerca.
Vi ritrovate?
Perfettamente. Le nostre canzoni spesso, per le sonorità
e le armonizzazioni, seguono un itinerario che attraversa
coraggiosamente generi musicali diversi e distanti
geograficamente e storicamente; in “Questa è
la strada” l’andamento jazzato è
spezzato da un duetto corno inglese-tromba stile anni
’30; in “Via” l’andamento
blues in sei ottavi della strofa sfocia in un apertura
d’archi tutta italiana, in “Venerdì
17”, poi, l’approccio apparentemente etnico
in un tempo di 5/4 degenera in una ballata greca.
L’abilità sta nel riuscire a fondere
il tutto in uno stile italiano senza scadere nel kitch
o nel demenziale.
Quali sono le vostre principali influenze (musicali,
letterarie e umane). Cosa c’è prima,
a monte dei Sursum Corda?
Io personalmente divoro di tutto, mi piace molto
la letteratura latino-americana e spagnola. Musicalmente
ascolto qualsiasi cosa ma sono particolarmente affezionato
a tutti i cantautori italiani “di spessore”
e a quel geniale compositore che è Fiorenzo
Carpi. Saverio
Una frase mi ha colpito sul vostro sito: c’è
scritto nella vostra biografia “Decidono quindi
di ricorrere alle nuove tecnologie per poter completare
i brani, viene cosi utilizzato internet. Il sito ufficiale
del gruppo (www.sursumcorda.it), oltre ad essere uno
strumento di diffusione aperto al mondo dei navigatori,
diventa il luogo virtuale dove i Sursumcorda scambiano
ed elaborano in tempo reale le idee musicali”.
In che senso? E dove che in realtà sul vostro
sito non ho trovato traccia reale di questo che invece
mi pare un modo di porsi molto interessante. Qual
è la vostra posizione nei confronti della rete
e delle possibilità della musica in rete?
Diciamo che il sito è nato all’inizio
come punto di incontro per scambiarci file wav-mp3
“pesanti” che le caselle di posta non
sopportavano. E’ capitato di aver tirato fuori
delle idee anche per telefono. I ssc sono molto distanti
tra di loro e il sito per alcuni anni ha ridotto la
lunghezza dell’asse Livorno-Milano. Adesso serve
soprattutto ad aumentare la visibilità dell’attivita
del gruppo. Ormai tutto passa attraverso internet
e anche noi, nonostante un certo ”rifiuto”
per l’elettronica, ci siamo dovuti adeguare.
Indubbiamente raffinati esecutori e “versificatori”,
l’unico rischio che vedo per i SursumCorda (l’unico
per modo di dire, la musica è piena di rischi)
è che, come Narciso si innamorino della propria
perfezione formale vendendo ad essa l’anima.
Rischio reale? Quali antidoti pensate di somministrarvi
J)
Credo che l’unica maniera per evitare questo
rischio sia essere “sensibili”, avere
un’attenzione particolare verso l’ascoltatore.
Bisogna rendere sempre comprensibili le proprie creazioni
altrimenti non si può parlare d’arte.
Ancora sul sito parlate della vostra musica come
di una “colonna sonora cantata”. L’aspetto
spettacolare infatti emana dal vostro lavoro: teatro,
musica, film. Quali sono le immagini che abbinereste
all’Albero dei Bradipi? Filmografia nazionale?
Francese? Americana? Terzo mondista? E soprattutto,
bianco e nero o colore? In fin dei conti siete o non
siete “attori non protagonisti”?
Per i Sursumcorda è indissolubile il connubio
musica-immagini e immagini-musica. Cerchiamo di dare
immagini con la musica e nello stesso tempo ci troviamo
spesso a musicare delle immagini. Non credo che la
nostra musica abbia una connotazione d’immagine
precisa in quanto troppo umorale. Diamo molta importanza
ai videclip. Ne abbiamo già girati due con
il nostro regista e amico Fausto Caviglia, l’ultimo
dei quali (sul brano “Bambino”) è
andato in finale nelle scorse settimane sia al Premio
Videoclip Italiano che al Premio Fandango.
Veniamo finalmente all’album: azzeccato il
titolo “L’albero dei bradipi” e
la canzone omonima è quasi una weltenschaungg,
una concezione del mondo. “Parte / dal cuore
/ quel buonumore / che mi protende avanti / ad osservare
/ passare sotto /la mia lentezza / gente che corre
/ ad inseguir la brezza. …A voi rispondo / con
far leggero / che il piede a terra / mi par poco serio
/ data l'altezza
del mio amico / che sulla terra / appoggia un legno
antico”. Come dobbiamo risolvere la metafora?
La saggezza contro la fretta? La permanenza contro
la fatuità? La riflessione contro la frenesia?
Insomma, cosa non vi va bene, in cosa non vi riconoscete,
fino a considerarvi bradipi sul ramo?
Un antico detto cinese dice “Pensa velocemente
e agisci lentamente”, la lentezza è spesso
vista come un elemento di discriminazione, una persona
lenta può essere considerata incapace. Spesso
l’essere lenti invece è sinonimo di precisione.
L’albero dei Bradipi mette in luce, con ironia,
la positività dell’essere “diversi”.
Dunque sono dodici brani tutti di lunghezza tra i
3 e i 4 minuti. Scritti in un arco di tempo o tutti
insieme? Qual è il brano più vecchio
e quanto tempo ha? E qual è quello che, secondo
voi definisce meglio lo “stile SursumCorda”
secondo le idee e la percezione vostra.
L’idee originali di alcuni brani come “Pelle
di stracci” o “Il Gorgo” sono vecchie
di anni (5-6 anni). Altri sono recenti. I brani non
sono stati scritti tutti insieme ma vengono portati
avanti un po’ per volta in contemporanea. Per
dirla in termini moderni (che sono molto di moda)
lavoriamo in multitasking e in brainstorming nel senso
che durante la composizione interagiamo in continuazione.
Per comporre l’albero avevamo quasi tutte le
bozze dei brani quando ci siamo chiusi in una cascina
e li abbiamo “vissuti” giorno per giorno
per una quindicina di giorni invitando di volta in
volta gli altri musicisti che li hanno completati.
Si diceva prima della vostra formazione: la “ritmica”
per ora è “ospite” in casa Sursum.
Niente basso e batteria fissi in formazione. C’è
un motivo o è casuale?
Abbiamo lavorato molto in questi ultimi tempi sull’assetto
ritmico che nel cd è stato volutamente utilizzato
spesso come “colore”. Gli stessi brani
sono stati riarrangiati in versione da concerto utilizzando
batteria, percussioni e contabbasso in modo da avere
un impatto dinamico maggiore.
E ora? Dopo la musica dello spot dedicato alla mostra
e della colonna sonora del documentario sul Guercino,
dopo i Bradipi, verso quale rotta è lanciata
la scialuppa dei SursumCorda? Con quali obiettivi?
Abbiamo composto la colonna sonora del documentario
della mostra “Carlo e Federico: la luce dei
Borromeo nella Milano spagnola”. La mostra è
partita questo mese e durerà fino a Maggio
2006. Il documentario viene trasmesso a ciclo continuo
nella sala d’ingresso e per le sale si sente
la nostra musica. E’ in stampa sia il dvd che
il cd della colonna sonora. Il cd avrà come
titolo “In Volo”, è strumentale
ma contiene un brano (una chicca) cantato. Sarà
a tiratura limitata e verrà venduto nel bookshop
della mostra. Inoltre abbiamo abbastanza idee per
uscire entro un anno con un nuovo cd di canzoni.