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Le BiELLE RECENSIONI
Paola Turci: "Le storie degli altri"
La chiusa di classe della trilogia di musica gentile
di Giorgio Maimone
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Crediti:
Paola Turci (chitarra acusticae voce); Fernando Pantini (chitarra elettrica, acustica e 12 corde); Pierpaolo Ranieri (basso e contrabbasso); Fabrizio Fratepietro (batteria, vibrafono, synth vibes).

Ospiti: Andrea Di Cesare (viola in "La seconda canzone"); Michelangelo Carbonara (pianoforte in "I colori cambiano")

Testi e musiche di Marcello Murru e Paola Turci (1, 2, 4, 5, 8), Giorgio Gaber /Sergio Luporini (6), Diego Palazzo/Francesco Bianconi (7), Alfio Rizzo/Paola Turci (3)

Produzione artistica e arrangiamenti: Paola Turci, Fabrizio Fratepietro, Fernando Pantini, Pierpaolo Ranieri
Produzione esecutiva: Francesco Barbaro
Registrato da Simone Di Pasquale (Big John Studio) ak Venti d'Estate Recording Studio, tranne "I colori cambiano" registrato da Gabriele Di Domenico al Quattrouno Recording Studio.
Mixato da Fabrizio De Carolis ak Reference Mastering Studios
Progetto grafico: Filippo Vezzali

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Ascolti: "Devi andartene"
Intervista "L'utopia è un orizzonte in movimento"

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Paola Turci
"Le storie degli altri"

Universal - 2012
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Tracklist

01 La seconda canzone
02

Ragazzi bellissimi

03 Figlio del mondo
04 Le storie degli altri
05 Devi andartene
06 Si può
07 Utopia
08 I colori cambiano
Paola Turci quattro anni fa si è infilata in un’impresa epica: tre dischi separati, ognuno attorno a un tema, che, nel loro complesso formano una trilogia: il primo capitolo era sull’amore: “Attraversami il cuore”, uscito nel 2009. Nel 2010 è stata la volta dei “Giorni di rose”, album al femminile, con canzoni composte da donne. Il terzo, è di questi giorni e si intitola “Le storie degli altri”, il disco più sociale, più politico dei tre. E’ un disco dolente, le storie degli altri, ma non è mai rassegnato. Un disco inciso da un piccolo combo di sole 4 persone che hanno suonato dal vivo e come se fosse un concerto. Un album che dà una bella idea di unità, con una musica gentile che accompagna lo svolgimento di tutte le canzoni, che non sembrano nemmeno provenire da mani diverse. La musica, in realtà, è tutta stata scritta da Paola Turci. Un disco “vero”, in presa diretta, che fotografa il nostro tempo, con i suoi impazzimenti, ma anche con le sue utopie che non vogliono finire mai. La degna chiusura di una trilogia di grande spessore.

E' un disco indubbiamente minimalista, che propone pochi suoni e pochi strumenti, ma al contempo riesce a non essere mai vuoto. Ci sono, certo che ci sono, momenti più alti ed altri di passaggio, ma su sole 8 canzoni è difficile fare graduatorie precise. Il dischetto dura poco, ma in questo poco riesce ad allineare almeno 3/4 perle come "La seconda canzone", "Devi andartene", "Utopia" e "I colori cambiano".

Non ci sono variazioni sostanziali dalla precedente produzione della Turci ed i tre album della trilogia, suonati insieme dovrebbero mantenere uno standard alto e decisamente uniforme (dove si intende il pregio dell'uniformità e non la riduttività del termine). Uso il condizionale solo perché non ho ancora avuto modo di ascoltare i tre album in rapida successione, ma sono pronto a metterci su una scommessa, sul fatto che suonino bene insieme. Difficile anche dire quale tra i tre album sia il più riuscito né forse ci interessa stilare una classifica di merito. Diciamo invece che è la trilogia a essere riuscita e, come dice Paola nell'intervista che pubblichiamo a parte, in un momento di "crisi anche creativa" mettersi a fare una trilogia, per quanto in tre album corti, è decisamente un'opzione coraggiosa.

Poi sono dei concept, ognuno a modo suo, con un filo rosso che comprende, il confronto con un autore storico, un autore giovane e le altre canzoni del duo Marcello Murru /Paola Turci. Il tema di quest'ultimo è la vita, la politica e la società, ma la strada che Paola e Murru scelgono non è quella diretta da cazzotto allo stomaco. Scelgono la cifra stilistica dell'allusione, dell'elisione, del racconto per similitudine. E chi ha voglia di capire capirà. Perché poi i concetti sono abbastanza chiari. Ma non ci sono parole militanti, né attacchi diretti. Anche in "Devi andartene"
, forse il brano più diretto, sollecitazione a Berlusconi perché liberi lo scranno del potere, il discorso in realtà si allarga anche ad altri,a tutti i tiranni che tengono il posto da tempo intollerabile o che l'hanno tenuto nel passato. Devono andarsene quando il loro tempo è scaduto e non stare "ammucchiati in discesa a difesa della loro celebrazione", come diceva cent'anni fa Fabrizio De André in "Sogno numero due".



Si inizia con "La seconda canzone", per confondere le idee: "Puoi cercarmi se vuoi / nella seconda canzone / l'amore per andarsene non sceglie il giorno giusto / puoi entrarci se vuoi / in punta di piedi / e scegliere di restare oppure di andartene / puoi cambiare la data le notizie del giorno / puoi trovare l'amore sulla strada del ritorno / custodire un segreto o metterlo a nudo / fermare un tram impazzito sulle rotaie una notte / o un viaggio verso il nord con un tempo bellissimo". Un testo criptico, che sceglie la strada della poesia per parlare del mondo, al servizio di una musica docile ma intensa. Una delle punte più alte dell'album, anche se l'interpretazione reale del testo sarebbe tutta da giocare.

Abbastanza oscura è anche la seconda canzone "Ragazzi bellissimi", che, peraltro, invece non riscuote nemmeno la mia completa approvazione. Il testo, più che criptico si fa oscuro e musicalmente è pure confusa e un po' risaputa. Dice Paola nelle note di presentazione che "è la fotografia della realtà veloce, violenta, metropolitana e aggressiva. E' il clacson assordante delle macchime nel traffico, è la paura di uscire di casa, le guerre di religione, i falsi profeti". Meno male che poi uno esce, incontra Scamarcio e tutto cambia. Banalizzo, è ovvio. E Paola spiega che il bellissimi è un bellissimi dentro, ma ugualmente resto perplesso. Canzone evitabile. "Donne avvolte dentro scialli neri come onde tra cattivi pensieri / In un tunnel di silenzi che pregano in mille lingue diverse il loro Dio / Uomini nel buio che vagano ancora pronti a scommettere senza ali nel cielo / Senza felicità a vista d'occhio / Fantasmi tossici promessi al crimine con in tasca un bottino di stelle ormai alla fine / Senza un brivido di nostalgia che copi un abbraccio / Mani che si aggrovigliano strane comparse che se la tirano". Ma una canzone storta in un bel disco ci sta.

"Figlio del mondo" è già più presente, soprattutto musicalmente. I figli del mondo sono i figli delle guerre, che conoscono solo fame e povertà, che scappano e si nascondono per restare poi soli. "Due nudi figli del mondo / tra i fogli di un giornale / per ogni uomo che non ha più voce / figlio del mondo porta la sua croce / per ogni uomo che non ha più voce / figlio del mondo porta la sua croce / figlio del mondo stanotte dove dormirai? / in quale treno su quale nave sognerai?"

Un punto importante dell'album, a metà del suo svolgimento, è la bellissima title track: "Le storie degli altri". Canzone d'aria, elevata e ampia. Canzone che si solleva e ti solleva e ti porta sopra le miserie grazie a un incedere che ha dell'epico. "La vita è una domanda, la fuga è una risposta" spiega Paola. "Ma le storie si sa sono i nostri sogni / E i nostri sogni si sa sono la nostra vita / C'è qualcosa di me che non ti so rispondere / C'è qualcosa di me che ti parla d'amore / Non c'è distanza, non c'è assenza / Soltanto voglia di ritorno / Come di luce dentro ad un giorno"

Altro punto di repere di primaria importanza è la già citata "Devi andartene", una sorta di morbido blues, sussurrato con voce bassa da Paola e sottolineata benissimo dal gruppo che con lei suona. Uno se n'è andato (Berlusconi), un altro pure (Gheddafi). Blair era già fuori gioco assieme a Bush e ora sta andandose anche Sarkozy. "Ogni tempo ha il suo vento / ogni stagione il suo aprile" canta Paola , ripetendo il suo mantra "Devi andartene / devi andartene". "Devi andartene, devi andartene via. / Perchè il trucco si scioglie. /E si scopre l'inganno (devi andartene). / Perchè con la tua musica hai fatto il tuo tempo. / E non ci sono incantesimi che riescano a stupire. / Nessuna confessione per piangere un dolore".

"Si può" è una canzone molto gaberiana, decisamente difficile da cantare. Devo confessare che avevo molti dubbi sulla resa che poteva venirne fuori, ma invece Paola è brava e se la cava egregiamente. Incalzante la ritmica e duttile la voce, che sfiora il recitar cantando, per poi allargarsi appena. Ottima cover dal repertorio di Giorgio Gaber. Non sarebbe stata la prima canzone che avrei scelto, però è una bella versione.

Ultimi due brani, tutti e due delicati e morbidi. Il primo è "Utopia", dove Francesco Bianconi, qui con Diego Palazzo, replica l'aiuto dato a Paola nel primo album della Trilogia. Il mondo dell'utopia è il secondo versante del disco. Da un lato c'è una realtà che è triste, dall'altro si può cercare di reagire, costruendo nuovi universi, nuove ideologie. "Non parlarmi di filosofia / tanto non attacca, / la geografia delle tue abitudini è nota oramai / atolli dispersi in oceani di guai. / Non parlarmi di sociologia / non fermarmi mentre scivolo via, / nei salotti bene che piacciono a te / si fuma e si parla di polvere / spesso stando fermi si viaggia di più; / dillo agli imbecilli con cui viaggi tu". E' ovvio che ha una deriva dandystica, ma venendo da Bianconi non si poteva certo pensare che fosse diversa.

Piccolissima, minuscola, delicata anche l'ultima canzone dell'album: "I colori cambiano". Un pianoforte e voce, al servizio di una manciata di versi, per un congedo di morbidezza totale. Eppure, forse, uno dei brani più politici dell'album. Piccola perla. "In ogni angolo del mondo / In ogni Sud, anche quello più lontano / Dentro ogni croce nasce e cresce una voglia di esistere /Ogni incontro ha bisogno di ascolto / Di cammino e di memoria".

Fine trilogia in grande dignità. Opera abbondante e con molti rivoli, tutti da seguire, quella consegnata da Paola Turci alla storia della sua discografia. Opera coraggiosa, da conoscere, da tenere in salvo, da proteggere. Un soffio di aria buona, anche andando a leggere dentro "Le storie degli altri".



Ultimo aggiornamento: 24-04-2012