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Le BiELLE RECENSIONI
Davide Tosches: "Il lento disgelo"
Quando l'anima, a poco a poco, si ritrova
di Giorgio Maimone
Ascolti collegati

Davide Tosches
Dove l'erba è alta

Federico Sirianni

Dal basso dei cieli
Strepitz & Paolo Tofani
Spunds of ...

Acustimantico
Tempo di passaggio

Stefano Amen
Stravecchio

Paolo Andreoni
Un nome che sia vento

Crediti:
Davide Tossches (voce, chitarra acustica, elettrica, Synth); Dan Solo (basso elettrico); Massimo Rumiano (organo Hammond); Ramon Moro (flicorno, tromba); Matteo Grosso (batteria, foglio di carta); Carlo Actis Dato (sax tenore); Stefano Durando (basso elettrico); Roberto “Robbo” Bovolenta (lap steel); Sergio Aschieris (chitarra elettrica); Andrea Ruggiero (violino); Laura Carè (cori); Irene Chiaramida (cori); Matteo Bessone (vibraslap); Andrea Bertolotti (banjo); Ferdinando Vietti (violoncello); Jacopo Garimanno (chitarra elettrica); Mao (voce); Federico Sirianni (voce)


Prodotto da Davide Tosches
Registrato da Claudio Cattero alle Manifatture Musicali (San Didero, To)
Mixato da Fabrizio “Cit” Chiapello al Transeuropa Studio (Torino)
Masterizzato da Antonio Baglio al Nautilus (Milano)
Registrazioni aggiuntive eseguite da: Davide Tosches a Villa Caputo (San Sebastiano da Po, To)
Fabrizio “Cit” Chiapello al Transeuropa Studio (Torino)
Mattia Garimanno al ænima recordings (Cavagnolo, To)
Dan Solo (nel suo studio ai Docks Dora, Torino)
Andrea Ruggiero (Mk Studio, Roma)
Musica e testi di Davide Tosches
Foto di Andrea Bargagli (copertina, retro, Terra, Il lento disgelo)
Foto di Laura Carè (ritratto)
Grafica e altre foto di Davide Tosches

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Ascolti: "Scintille"

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Davide Tosches
"Il lento disgelo"
Controrecords - 2012
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o sul sito

Tracklist

01 Terra
02 Ali
03 22:47
04 Dove andiamo
05

Il lento disgelo

06 Poco alla volta
07 Patriota
08 Ogni uomo
09 Scintille
Va bene, iniziate pure a ridere adesso e prendetemi in giro quanto volete. Ma se devo citare una fonte, quando ascolto Davide Tosches, quella che mi viene in mente è Van Morrison. Certo non per la voce! Ma per l’attitudine sonora. E perché Tosches ha scelto strade musicali su cui cammina da solo. E’ una scelta coraggiosa che può piacere o meno. A me piace. Forse proprio perché è uno che se ne va per la strada sua, una scelta che era già evidente nel primo disco: “Dove l’erba è alta”, che, non a caso abbiamo giudicato tra i migliori del 2010, come accade ora per "Il lento disgelo".

Rispetto al lavoro precedente, questo sorprende meno, perché c’è già stato l’altro e Tosches a questi livelli ce lo aspettavamo. Contemporaneamente è anche meno involuto, meno centrato sulla ricerca interiore, ma non per questo meno impegnato. Sono 9 brani, con una bella preponderanza di musica, dove si suona un po’ di tutto e si cerca soprattutto un ritmo armonico, che sappia di coltivare lo stesso respiro della natura . Si passa da brani lenti e misurati come “Il lento disgelo”, che dà il titolo al lavoro, ad altri molto più mossi come “Dove andiamo”, che peraltro è uno dei pezzi forti dell’album. Ovviamente il “Lento disgelo” è metafora umana, che collima con l’ambiente esterno e, a suo modo, forma una specie di tessuto comune tra le canzoni, che, in fin dei conti, come in una summa filosofica, parlano dell’uomo e del suo tentativo di ritrovare sé stesso: “una piccola rivoluzione privata – dice Davide sulla copertina del cd - della quale rendere partecipi tutti gli altri, tutte le creature che respirano”.

Respiro è forse il termine chiave per seguire questo disco. E’ un album che respira, che ha un suo ritmo di immissione ed emissione dell’aria che viene naturale seguire, lasciarsi andare al fluire delle note ed al loro ondivago ondeggiare. Contrariamente al lavoro precedente, eseguito in splendida solitudine, suonando quasi tutti gli strumenti, ne “Il lento disgelo” Tosches si limita alla chitarra e voce e si fa accompagnare da una nutrita schiera di amici, tra cui Dan Solo (Marlene Kuntz, Petrol), Carlo Actis Dato, Ramon Moro, Mao, Federico Sirianni, Roberto “Robbo” Bovolenta (El Tres, Amici di Roland), Andrea Ruggiero (Giorgio Canali, Operaja Criminale e molti altri), giusto per citare i più conosciuti.

Davide Tosches – scrive gianCarlo Onorato nella prefazione al disco - è quel camminatore di luoghi inusitati, esploratore di emozioni minime e che se fuori non si vedono, dentro hanno effetti madornali, aprendo scenari improvvisi, squarci di tempo differente in cui il respiro si amplifica e la sostanza delle cose aggalla come sulla superficie verde e marcia di uno stagno segreto, in fondo a un sentiero così vicino al ciglio di una strada principale, così lontano rispetto alla vita ordinaria. Tosches, ovvero della sensibilità accesa. Di una sensibilità soggettiva eletta a strumento di esplorazione di un solo uomo che è ogni uomo. Attraversatore silenzioso di spazi in cui un fruscio diventa un fragore da amministrare con udito adeguato, e da aspirare e poi risoffiare in canzoni che diventano sorta di bolle d’aria contenenti misteriose parti di noi: l’infanzia indimenticata, un sapore inspiegato e il suono segreto della vita, rivelato da cose minime solo a chi ha udito affinato per ascoltarle”.




E’ tutto vero. Tosches, va per una strada sua, pochissimo incline a compromessi. Se vi piace ascoltarlo vi apre scenari imprevisti, piccoli paradisi personali, squarci di assoluto. Se non vi piace, lui non viene certo a rincorrervi. Le impronte le ha lasciate, camminando: c’è qualche giunco piegato, un po’ di erba calpestata e una figura lontana all’orizzonte. Se volete prendere fiato e poi correre a perdifiato giù per la collina potreste anche riuscire a raggiungerlo. Altrimenti lasciatelo sfumare nella nebbia. Lui appartiene a sfere che non sono le vostre. E’ una politica ormai che seguo da qualche tempo: “adottate un cantautore”. Le canzoni non solo “solo” lì da ascoltare. Bisogna avere anche voglia per capirle, per sentirle, per lasciarle parlare. Esattamente come le persone.

Se “Patriota”, col suo ritmo salmodiante, ipnotico e ripetuto, può forse essere più di difficile ascolto (ma se siete Toschiani sarà tra le vostre preferite), altre come “Lento disgelo”, “Ogni uomo” e “Ali” sono di più facile ascolto. Non aspettatevi però un Devendra Banhart in salsa piemontese. Tosches non è nu-folk. A suo modo è rock, con tanto di chitarre elettriche e batterie, basso elettrico e synth.

Subito in tema con “Terra: “Nel freddo bianco di neve, nel caldo rosso tramonto, respiro della mia terra, battito del mio cuore. Nell’ombra verde di foglie, nell’alba grigia di nebbia, forza delle mie mani, visione del mio orgoglio. Tieni lontano il tuo sguardo di morte, tieni distante la tua ombra e il veleno”. Questo il genere. Parole poche, ma mai buttate lì a caso. Parole che sanno di poesia. Come in “Ali”: “Quale segreto, nasconde il bisogno, di osservare dall’alto? Sentire il richiamo di nuvole gonfie, calmare l’anima pesante”.

Dove andiamo”, impreziosita dal sax tenore di Carlo Actis Dato e dai cori di Federico Sirianni, condivide con “Scintille” il posto più alto nella playlist della mia anima. E’ la canzone più diversa dell’album, quella con un po’ di contropelo, ma con un testo che parla anche d’amore: “Dove andiamo? Dove camminiamo? Dove siamo quando il sole muore? Dove ritroviamo l’entusiasmo per il giorno nuovo? Ma ti ricordi dove ti ho incontrata e ti ho chiesto di essere la luce delle mie giornate, per tutto il tempo che rimane. Dove andiamo, come camminiamo sul sottile giaccio dell’amore?

Solenne e ieratica "Poco alla volta", che sgocciola note con parsimonia, ma propone i bei cori di Laura Carè, la tromba e il flicorno di Ramon Moro e il violoncello di Ferdinando Vietti: "Quiete spontanea di rami e di foglie, di penombra, di immense montagne al tramonto, nel coro costante, delle onde, del mare profondo distante.Tutto cresce, tutto accade, poco alla volta, poco alla volta".

Io conosco, il nome di ogni istante, dei tuoi giorni che passano e nessuno che cambia le stagioni, come è forte il cuore, come è stanco l’inverno, nell’attesa del lento disgelo”, è il cuore di “Lento disgelo”, mentre “Patriota”, col bell’intervento di violino di Andrea Ruggiero, è la canzone più politica: “Sono nato in un mattino di maggio, nel vuoto orizzonte di fabbriche inutili, al servizio del tiranno, che vendeva famiglie in cambio di potere e oggi sento ancora dire: ha dato lavoro a tanta gente. E ora grandi ali nere, coprono il nome sulla sua tomba, dipingono il buio sulla storia, sulle parole, che fino a ieri creavano desideri”.

Ogni uomo” svolge fino in fondo il tema comune dell’album: “Chi mi accusa, chi mi ignora, chi detesta il mio dolore, ma nel brutale cambiamento ogni uomo ha il suo tormento”. Ma è “Scintille”, il pezzo che chiude l’album, con una scorribanda sonora di 6’49” che mi fa tornare ancora in mente Van Morrison (avanti, prego, c’è posto per il dissenso) e la sua “Inarticulate speech of the heart”. Aperture simili, prese d’aria, respiro, comunicazione che va oltre i calpestati sentieri del senso. Musica con un afflato, un’apertura cosmica. “Ho sognato le emozioni nascoste del mondo, parlare in una pioggia di stelle, che cadono, stridono, vivono nel moto del tempo, nell’attrito di ogni conflitto e confronto fra uomini, nuvole, fiamme e tramonti e ogni cosa che vive e respira. E ogni stella è un suono, un pensiero, una frase inespressa, un istante, nel lento cammino del genere umano che teme allontana e confonde ogni ombra ogni nebbia e ogni lacrima”. Lo stesso respiro che si sente nella strumentale “22:47”, altro grande pezzo a cospetto del Signore della Musica.

Non voglio consigliare Tosches. Non ne vale la pena. Si consiglia da solo. Se avrete voglia e tempo per ascoltarla, polmoni buoni per scendere di corsa dalla collina e cercare di afferrarlo prima che svanisca nella nebbia che annuncia il sole alla prima alba. Poi lui, per ora, fa benissimo a meno di noi. Se non abbiamo voglia di aprirgli un po’ di cuore e molte orecchie.


Ultimo aggiornamento: 18-09-2012