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Le BiELLE RECENSIONI
Schmidbauer Pollina Kälberer: “Süden”
Aria di passato per continuare a sperare nel futuro
di Fabio Antonelli
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Crediti:
Werner Schmidbauer: voce, chitarra, guitalele, armonica a bocca
Pippo Pollina: voce, chitarra, tamburello, pianoforte (7)
Martin Kälberer: voce, pianoforte, keyboards/programming, percussioni, fisarmonica, vibrandoneon, hang, mandolino
Madlaina Pollina: voce (3)
Michael Mikes Lücker: chitarra (1, 3, 4, 5, 7, 9, 13)
Thomas Simmerl: batteria (1, 3, 4, 11, 13)

Prodotto da: W. Schmidbauer, P. Pollina, M. Kälberer

Registrazione e missaggio: aprile/maggio 2012 presso Malawi-Mystery-Mix Studio Hemhof di Martin Kälberer

Coverdesign e foto: Andrea Brix (foto “Nebelmeer” di U. Stolle)

Su Bielle

Intervista a Pippo Pollina su "Suden"

Sul web
Sito ufficiale di Süden:
Sito ufficiale di Werner Schmidbauer
Sito ufficiale di Pippo Pollina
Sito ufficiale di Martin Kälberer

Schmidbauer Pollina Kälberer
"Süden"

Storie di Note - 2012
Acquistabile presso i migliori negozi di dischi

Tracklist

01 Passa il tempo
02

Die ganz groBe Kunst

03 Bruno
04 Mia san zua
05 Camminando
06 Im Süden von meim Herzen
07 La vita è bella così com'è
08 Nebelmeer
09 Deve sei stato?
10 Eis und Schnee
11 Ultima dolcezza
12 Gschenk
13 Il mondo è la mia patria
14 Zusammen-Hang
15 Qualcosa di grande
16 Zwoa Gschichtn oa Liad
Questo disco è la storia di un'amicizia. Ci sono cose che stanno scritte nell'aria e che aspettano solo di essere lette, così come ci sono tante canzoni che aleggiano nel vento in attesa che qualcuno le componga e le regali a tutti noi. Allo stesso modo le amicizie sono quelle perle che improvvisamente arricchiscono la collana della nostra vita in maniera improvvisa ma naturale. Cantare e suonare insieme, frequentarci con regolarità e scambiarci idee di vita e passioni è stata una cosa che fin dall'inizio della nostra conoscenza ci è sembrata ovvia e quasi scontata. Eppure parlavamo lingue diverse e provenivamo da due realtà culturali lontane …
(Pippo Pollina)

Così inizia il commento di Pippo Pollina a questo suo nuovo disco scritto a sei mani con Werner Schmidbauer e Martin Kälberer, due musicisti bavaresi conosciuti davvero per caso una sera in cui suonava in un bar e d’improvviso gli si ruppe una corda della chitarra, chiese allora se qualcuno dei presenti fosse in grado di cambiarla mentre nel frattempo avrebbe raccontato barzellette e fu così che si fece avanti Werner che, cercata la corda giusta la riparò rapidamente. Vista l’abilità dello sconosciuto, Pippo gli chiese se era un musicista e, avutane conferma, gli chiese di cantare con lui una sua canzone e così avvenne. Quella sera in sala c’era anche l’amico Martin, erano in realtà venuti entrambi per ascoltare Pippo, attirati dalle lodi tessute dal loro organizzatore a Bad Aibling nei confronti di questo cantautore italiano.

Lì, in quella sera, è nato un rapporto di sincera amicizia, di scambi d’idee, d’ideali comuni vissuti con intensità e che è confluito in questo magnifico disco.

Sembra incredibile come queste tre voci e queste lingue, apparentemente così lontane fra loro, siano riuscite a miscelarsi, a sovrapporsi, a incastonarsi creando un caleidoscopico universo dal quale ci si lascia ben presto irretire e di fronte al quale si rimane estasiati, quasi senza fiato, nel vedere come la musica sia davvero linguaggio universale.

Musicalmente il disco respira a pieni polmoni aria di anni ’70, a più riprese sembra di ascoltare quelle sonorità, quel gusto per le melodie, l’uso dei cori a più voci che caratterizzarono il magico e irripetibile sound del Festival di Woodstock, vengono così in mente nomi come Crosby, Stills, Nash & Young, è come se si facesse un tuffo nel passato per riuscire a guardare con più speranza in un futuro ancora possibile e realizzabile.



Tutto il disco è stato suonato dai tre amici musicisti, con solo pochi altri contributi e questo contribuisce a dare compattezza all’intero lavoro e allo steso tempo a conferire un’aria conviviale, gli spettatori del loro tour possono star sicuri che ascolteranno dal vivo uno spettacolo non molto lontano da quanto è stato suonato in studio di registrazione, l’impressione è che quest’amicizia, questa complicità sia rintracciabile in ogni singola nuota suonata.

Le tracce che compongono la tracklist sono ben sedici per un minutaggio di oltre 63 minuti, quasi che la copiosità della messe prodotta dai tre, fatichi a stare nello spazio consentito da un cd singolo, ma vi assicuro che di queste tracce nulla è superfluo, nulla suona inappropriato e non c’è una traccia che non emozioni profondamente.

Per motivi di spazio e anche di lingua, unica pecca è che il libretto riporta i testi delle canzoni nella lingua originale in cui sono state scritte senza traduzioni, mi limiterò a toccare solo alcuni brani, partendo proprio da quello di apertura “Passa il tempo”, una canzone di Pippo, pregna di malinconia per tutto quello che inevitabilmente passa, ma la speranza non muore mai perché “Passa il tempo … Però non passa il mio amore, lui non muore, lui non capirà qual è il senso di queste parole. E per questo sopravviverà”.

Una delle canzoni più belle in assoluto per l’intrinseca dolcezza è “Bruno” ed è firmata da Madlaina Pollina, figlia di Pippo che, oltre a dimostrarsi un’ottima autrice, ci dona un bellissimo cameo con la sua meravigliosa voce. Ancora adesso scrivendone mi vengono le lacrime agli occhi ripensando ai versi “Look at the river that flows like me / look at the sun and there I will be / forever here in the place I love / I’m here and there I’m beyond and above“ dedicati a Bruno Manser il quarantottenne speleologo misteriosamente scomparso nell’agosto del 2000 in Borneo, dopo aver vissuto, unico bianco, con la popolazione Penan, un'etnia nomade nascosta nella giungla dello Sarawak e averne difeso il territorio dall’ignobile sfruttamento delle multinazionali del legname.

“Camminando” dipinge quello che è lo stato d’animo di chi abbandona la propria patria in cerca di migliore fortuna, magari anche deludendo le aspettative nutrite da altri “Ed io penso a mia madre e con lei i suoi sorrisi, / mi vedeva dottore nei suoi sogni ormai in crisi, / ed io penso alle sue carezze e al suo pianto salato / quando venne il giorno triste in cui me ne sono andato” però sempre guardando avanti “Camminando, camminando troverai la tua strada, / sarà come la volevi e non è poi lontana, / Camminando, camminando avrai freddo alle mani / Ed allora metti i guanti ed affronta il domani”.

Un dolcissimo e suadente pianoforte apre “La vita è bella così com’è”, un’intima canzone di quelle che riguardano la sfera personale di un autore, è il canto del non detto “Cosa non mi hai detto / In questo tempo lungo e mai distratto / Cosa non ti ho detto / Lo capirai se ancora non l’hai fatto” e del non vissuto “Perché la vita è bella così com’è / E nessuno mai può dirle addio / Finché avrà i vostri occhi / A illuminarla”. Una canzone che guarda oltre la vita e che è dedicata a una persona Elke, nel libretto non è detto altro.

C’è ancora il pianoforte ad aprire “Dove sei stato”, ma qui ha un ritmo più incalzante, il brano è molto corale e lingua italiana e tedesca si contendono alla pari gli spazi per parlare del tema della lontananza, partendo dalla domanda iniziale “Dove sei stato in tutto questo tempo in cui non t'ho cercato” fino all’invocazione finale “rimani qui … geh bleib halt da…”.

E’ sempre il pianoforte a introdurci nell’atmosfera quasi impalpabile di “Ultima dolcezza”, poi entra la voce meravigliosa e calda di Pippo a cantare questi versi “Adesso che il vento si è posato su di noi / e la terra è un puntino lontano / e la pace dei tuoi occhi fra queste onde sull’oceano / ecco cosa resterà / sarai un’ombra tutta scolpita nel meriggio / sarai una lunga sete figlia del miraggio / la vita è una speranza, è il tuo sorriso acceso / la vita è l’innocenza di un bacio mai perduto”, è il momento di una fisarmonica e a chiudere ancora il pianoforte. Che cosa posso aggiungere? E’ solo puro incanto.

E’ molto diverso il sound di “Il mondo è la mia patria”, un brano molto accattivante che nei contenuti rispecchia in pieno il modo di vedere il mondo di Pippo “Il mondo è la mia patria, il mondo è la mia via / il suo canto al tramonto mi tiene compagnia / Ed ogni suo sorriso ed ogni suo dolore / E’ una ferita aperta sul mio cammino in fiore”, ideali sempre ben presenti e mai rinnegati neppure quando è avvenuto l’incontro che gli ha cambiato la vita “Poi un bel giorno guardando i tuoi occhi / così grandi e diversi dai miei / da coprire milioni di sguardi/ lo rifarei”.

E’ davvero difficile discernere il meglio tra tante gemme, proprio come quando ci s’imbatte in quella meraviglia di “Qualcosa di grande”, una canzone dall’andamento quasi epico, in cui Pippo, partendo da un’umana riflessione “E rinascerò volgendo gli occhi al cielo / come non ho fatto / un po’ perduto / un po’ distratto / e me ne andrò / per la mia strada / convinto di un’idea / di un’altra vita che mi aspetta” giunge a una fiduciosa speranza, quasi una convinzione “E sarà / qualcosa di grande / a mostrarmi quel mondo / che verrà / a bussare alla porta / la mia casa è aperta / e sorrido e rincorro parole / Il mattino è un preludio un trionfo del sole / sarà”. Splendida.

Come dicevo prima, è soprattutto dettata da motivi di spazio la scelta di non affrontare una a una anche le tracce scritte da Werner Schmidbauer perché meriterebbero altrettanto spazio di riflessione, ne cito solo una “Im Süden von meim Herzen” perché contiene in se il motivo fondamentale per cui questo disco è stato intitolato “Süden”. Basta ascoltare i versi cantati da Pippo per rendersene conto “Al sud del mio cuore c’è una casa di campagna / dove tutto è quiete riposano i pensieri / e dove il vento si è fermato in un abbraccio dolce / ed i tuoi occhi un cielo dove lo sguardo fugge”, sembra che anche il cuore abbia una sua mappa geografica e che anche lì possa esistere un sud, che non è ovviamente un luogo geografico ma un modo di vivere la vita, dove vi è ancora spazio per l’amore e soprattutto per la speranza in un futuro umanamente possibile, un futuro che non sia solo economia e finanza e dove tutto non sia usa e getta come lo è ad esempio la maggior parte della musica attuale.

Mi chiedo: è solo il disco di tre inguaribili sognatori? Non credo, penso che ci sia tanto bisogno di un disco che, guardando al passato e senza mai rinnegarlo, anzi gettandovi le fondamenta, abbia il coraggio di portare avanti i propri ideali guardando al futuro con fiducia perché sono solo le armi di sempre, amore e speranza, a poterci risollevare dopo ogni caduta.

Concludo sottolineando il bellissimo package cartonato che, almeno per la versione italiana, include un bellissimo libretto con i testi, le note di credito (unica pecca come dicevo le traduzioni) ma soprattutto con dei bellissimi scatti fotografici in bianco e nero di Andrea Bix (tranne ”Nebelmeer di U.Stolle). Nella copertina i tre musicisti sono fotografati sulle colonne del tempio di Selinunte (Trapani), quasi a voler comunicare che dalle macerie del passato si può costruire con fiducia un futuro migliore.

Non lasciatevelo assolutamente sfuggire!


 

Ultimo aggiornamento: 03-09-2012