Francesco
De Gregori: "Pubs and clubs - Live @ The Place" Abbiamo
perso il conto. Quanti Deg dal vivo? di
Giorgio Maimone
Ascolti
collegati
Ambrogio Sparagna
Vola vola vola
Francesco De Gregori
Amore nel pomeriggio
Francesco De Gregori
Calypsos
Francesco De Gregori
Per brevità chiamato artista
Francesco De Gregori
Pezzi
De Gregori/Dalla
Work in progress
Crediti:
Francesco De Gregori - Voce, chitarra acustica, tastiere e
armonica a bocca: Alessandro Valle - Pedal steel guitar, chitarre
e mandolino elettrico; Lucio Bardi - Chitarre acustiche ed
elettriche, violino su "Battere e levare"; Paolo
Giovenchi - Chitarre acustiche ed elettriche, cori; Alessandro
Arianti - Tastiere; Guido Guglielminetti - Basso e contrabbasso
elettrico, cori; Stefano Parenti - Batteria; Elena Cirillo
- Vocals, violino e strohviolin
Testi e musiche: di Francesco De Gregori. Tranne "A chi"
Direttore di produzione Giovanni Chinnici
Live recording and mix: Ginamario Lussana
Mastering: Fabrizio De Carolis (Reference studios Roma)
Registrato
live al The Place di Roma
Artwork: Foto Gianluigi di Napoli, Art director: Diego Tufano;
Direttore creativo Domenico Sandri Giachino
Francesco
De Gregori
"Pubs and clubs" Caravan/Edel - 2012 Nei negozi di dischi
Tracklist
01
Finestre
rotte
02
Il
panorama di Betlemme
03
Sempre
e per sempre
04
La
storia
05
Tempo
reale
06
Alice
07
Buonanotte
fiorellino
08
La
donna cannone
09
Titanic
10
Bellamore
11
Compagni
di viaggio
12
Battere
e levare
13
A
chi
14
Generale
Anche
questo "non" è il nuovo disco di Francesco De Gregori.
E non è nemmeno un vecchio disco. E' un disco dal vivo. E
non ci sono novità. Zero. Nemmeno un'inedito, nemmeno un
guizzo, nemmeno la fatica di una cover. Abbiamo perso il conto dei
live di De Gregori. Quanti sono? Trenta? Quaranta? E quante volte
ha inciso "Buonanotte fiorellino" e in quante versioni?
E' mai possibile che la migliore resti la prima e che lui non se
ne renda conto? E' come Bob Dylan? Ma almeno Bob Dylan, oltre ai
capaci archivi, ha pubblicato 35 dischi di inediti in 50 anni di
attività. De Gregori quanti? Eppure, eppure, nonostante tutte
queste perplessità (e qualcun altra di cui daremo conto)
"Pubs and clubs" non è un cattivo disco. Anzi,
lasciamoci andare, è un buon disco. Se ve lo regalassero.
Se non aveste niente del Deg. Ma anche per passare un'ora abbondante
ascoltando belle canzoni suonate bene e cantate bene. Se invece
avete soldi per un disco solo e vi piace il Deg, non fatevi venire
dubbi: pigliate quello fatto con Sparagna: "Vola vola vola"
è molto più bello e ci sono canzoni riscoperte e radicalmente
diverse dall'originale.
Da qui in poi proseguiamo per chi invece questo disco
lo vuole proprio sentire tutto. Gli album di inediti di De Gregori
sono 19 in 40 anni di attività. Ora, o ne fa 16 nei 10 anni
restanti oppure la gara la vince del tutto Dylan. I live, in compenso,
sono 14! Un'enormità. E tantissimi sono anche i The best
o le raccolte: 10, tra cui un disco triplo. E, se non ho contato
male, "Buonanotte fiorellino"
è presente in 12 incisioni! Ma "La storia",
"Generale", "La
donna cannone" e "Alice"
nei live sono ancora più presenti che "Buonanotte fiorellino".
E ci sono tutte pure stavolta. Cosa vogliamo fare? Metterci a parlare
di brani che hanno fatto la storia della canzone d'autore in Italia.
E, diciamolo pure, la storia maggiore? Oppure metterci a fare la
conta di chi manca e chi c'è? Tanto prima o poi De Gregori
ve le fa tutte dal vivo. Non so: vi manca "A lupo"?
Abbiate fede: prima o dopo arriva. (Ho pescato a caso, ma ho pescato
bene. "A lupo" non esiste nei live!).
Forse potremmo dedicare qualche riga, ma non di più alle
scelte bizzarre e inquiete del nostro, che gli hanno fatto scegliere
per aprile l'inconsueto (e recente) blues di "Finestre
rotte" (da "Per brevità chiamato
atista" del 2008), forse perché reputato adatto
ad un set live. Doppiato subito dopo da "Il panorama
di Betlemme", da "Pezzi"
(2005), non certo un vertice della produzione del nostro. Gli altri
pezzi (forse un po' meno "Compagni di viaggio"
da "Prendere o lasciare" del 1996) sono
più o meno i vertici della produzione del nostro.
Partiamo con "Sempre e per sempre",
tratto da "Amore nel pomeriggio" del
2001, proseguiamo con "La storia",
che esce da "Scacchi e tarocchi" del
1985, "Alice" da "Alice
non lo sa" del 1973 (ero giovane addirittura io, oltre
al Deg!). "Buonanotte fiorellino"
esce dritta da "Rimmel" che risale al
1975. "La donna cannone" al
mitico Q-Disc omonimo del 1983. "Titanic"
da disco omonimo del 1982, "Bellamore"
da "Canzoni d'amore" del 1992. "Battere
e levare" da "Prendere o lasciare"
del 1996, "Generale" da "De
Gregori" del 1978, mentre "A chi",
cantata originariamente da Fausto Leali, successo degli anni '70
(cover di "Hurt", di Roy Hamilton) era già presente
nel live "Mix" del 2003. C'è poi,
ma da non annoverare tra i classici, "Tempo reale"
che viene anch'essa da "Pezzi" del 2005.
Un ventaglio ampio, un arco di tempo considerevole. Se poi vogliamo
chiederci ancora cosa c'è sotto la coazione del Deg nel ripetere
i live, la domanda è destinata a restare senza risposta.
Non lo sappiamo. Non ne abbiamo la minima idea. Forse non lo sa
neanche lui. Immagino che si diverta e che sia un modo come un altro
per vendere dischi.
Comunque noi, ascoltatori imperterriti di tutti i De Gregori della
terra, sorvoliamo rapidamente sui primi due brani (suvvia, decisamente
minori!) e arriviamo a "Sempre e per sempre"
e lì ci sciogliamo. E la rimettiamo da capo e poi ancora.
E ancora una. Elena Cirillo, informa la scarna
copertina del disco, è vocalist oltre che suonatrice di violino
e strohviolin (sono andato su wikipedia: uno strano violino-tromba,
che amplifica il suono attraverso un risuonatore in metallo e un
corno, anziché una cassa di legno). Il lavoro di vocalist
su questa canzone è assolutamente prezioso per farne una
delle più belle versioni mai ascoltate: "Pioggia
e sole abbaiano e mordono / ma lasciano, / lasciano il tempo che
trovano / E il vero amore può / nascondersi, / confondersi
/ ma non può perdersi mai / Sempre e per sempre / dalla stessa
parte mi troverai". Si resta smarriti e senza parole di
fronte alla grandezza della canzone, alla sua intimità spudorata,
alla sua dolcezza smisurata, ma non glicogenica.
"La storia", che segue immediatamente,
suona come una prosecuzione della canzone precedente, dominata dal
suono del violino (ancora Elena Cirillo). E' quasi come un secondo
tempo di "Sempre e per sempre".
Stesso mood per due pezzi da brividi. "Tempo reale"
ci riporta in terra, con un po' di blues e un po' di ritmo, ma dura
poco. Perché è già ora di "Alice",
a sua volta presentata in una versione sontuosa. Rallentata, addolcita,
ammorbidita nei suoi pochi spigoli, con il contributo determinante
della seconda voce (se scopro che c'è un disco di Elena Cirillo
vado subito a comprarlo! C'è. E ce l'ho già. E' il
disco dei Mira Leon). "Alice guarda i gatti / e i gatti
muoiono nel sole / mentre il sole a poco a poco si avvicina, / e
Cesare perduto nella pioggia / sta aspettando da sei ore il suo
amore ballerina". Non si può non conoscerla. La
versione è da quattro stelle. "Buonanotte
fiorellino", invece paga il debito di riconoscenza
a Bob Dylan, ma anziché citare "Winterlude", da
sempre indicata come ispirazione diretta, si prende in toto l'incipit
di "Rainy day woman #12.35" e poi si prosegue su quella
via. Doppio omaggio a Dylan.
Niente da dire su "La donna cannone"
che è bella sempre, anche incisa al contrario su carta carbone
e su "Titanic" (idem) che però
è piacevolissimamente colorata di swing. Una canzone diversa
dall'originale, ma una versione che è ugualmente una piccola
chicca. E poi tornata così d'attualità con la sua
metafora tra il Titanic e un'Italia che sta affondando: "La
prima classe costa mille lire, / la seconda cento, la terza dolore
e spavento. / E puzza di sudore dal boccaporto / e odore di mare
morto./ Sior Capitano mi stia a sentire, / ho belle e pronte le
mille lire, / in prima classe voglio viaggiare / su questo splendido
mare".
Di "Bellamore" parlo poco perché
a me, che in fin dei conti sono un romanticone, piace moltissimo,
molto più del suo valore effettivo, conta quello affettivo.
A me piaceva anche "Belli capelli", ma evidentemente a
De Gregori no. Non la fa mai. E' una canzone d'amore a tutto tondo.
Una bella canzone d'amore, con la sua "poltroncina a forma
di fiore". La canzone che si vorrebbe avere scritto: "Briciola
sulla neve, lucciola nel bicchiere, / Bellamore Bellamore, fatti
vedere./ .../ Questo tempo che viene non darà dolore, / questo
tempo passerà, senza farci del male. / Questo tempo passerà
o lo faremo passare". "Compagni di viaggio"
la si accetta, ma non è la mia tazza di te. Come, in fondo,
non lo è nemmeno "Battere e levare"
che però viene proposta in una versione molto ricca, con
il pedale country abbassato. Resta una canzoncina, con un testo
leggero leggero, ma molto molto gradevole. Canzone per l'estate.
"A chi" è un divertissement
che a De Gregori diverte molto, nel ruolo in fondo inedito del cantante
puro. E "Generale", beh, è
"Generale", che si può dire di più? E così
il problema si ribalta ancora una volta sulla necessità.
Questo disco costa. Poco ma costa (12,50 euro l'ho pagato io). E'
il caso di comprarlo? Ma se il Deg si diverte così tanto
a farle e rifarle le sue canzoni non potrebbe anche regalarle? Se
penso a quanto mi è costato "Buonanotte fiorellino"
in questi 40 anni di folle degregorismo mi viene un piccolo malore.
No, non è un disco indispensabile. Non c'è proprio
niente di nuovo. Ma è un album di piacere altissimo, con
almeno 10 canzoni strepitose. Vale il consiglio di sempre. Magari
è vicino il vostro compleanno. O un anniversario. O qualche
altra ricorrenza. Fatevelo regalare, perché è bellissimo.
E se vi venisse il dubbio su cosa prendere tra questo e il contemporaneo
"Vola vola vola" con Ambrogio Sparagna?
Beh, allora il disco cambia. "Vola vola vola" è
più interessante. Le canzoni sono proprio rifatte e acquistano
in spessore, poi si tratta del repertorio minore, quello poco frequentato.
Oltre al valore aggiunto (che non è poco) di Ambrogio Sparagna.
Se si deve proprio scegliere "Vola vola vola" è
una tappa ineludibile. "Pubs and clabs"
(con le "s" che non si usano più, come a rimarcare
un ritorno al passato) è prescindibile. Resta però
un gran godimento.