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Fabularasa: "D'amore e di marea"
Dischi che decantano e dischi che cantano
di Giorgio Maimone
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Crediti:
Luca Basso (voce), Vito Ottolini (chitarra acustica, chitarra classica, chitarra elettrica, chitarra portoghesechitarra 12 corde); Leopoldo Sebastiani (basso elettrico, keyboards programming, rhodes, organo, synth, percussioni, castagnette, soung programming, arpa, ocean drum, shaker sequencer programming); Giuseppe Berlen (batteria, percussioni).

Ospiti: Paul McCandless (sax 3,4,7, oboe 3,9 , Flauto 7 e corno inglese 7); Gabriele Mirabassi (clarinetto 2,8); Giua (voce 5); Fabrizio Piepoli (voce 7); Gianni Vanchieri (Bouzouki 7); Giorgio Distante (tromba 1,11); Maurizio Lampugnani (percussioni 1, 2, 5, 7, 10)


Versi: Luca Basso (1, 2, 3,4, 5, 7,9, 10, 11). Musiche: Leopoldo Sebastiani e Luca Basso (1, 9, 10); Marcello Colaninno e Vito Ottolino (2, 11), Vito Ottolino, Lepoldo Sebastiani e LUca Basso (3); Marcello Colaninno (4); Vito Ottolino e Luca Basso (5); Leopoldo Sebastiano, Giuseppe Berlen e Luca Basso (7). "Sicialiana" da "Cavalleria rusticana" versi di Menasci, Targioni-Tozzetti e Verga, musica di Mascagni. "Recessione" testo di Pier Paolo Pasolini, musica di Giacomo Di Martino.

Arrangiamenti di Vito Ottolino (2, 3, 4, 5, 11) e di Leopoldo Sebastiani (1, 6, 7, 8, 9, 10) coi Fabularasa.
Registrato nell'aprile del 2012 allo Studio Mediterraneo in Santeramo in Colle (Bari); Editing, post-produzione e coordinamento tecnico di Leopoldo Sebastiani, Mixato da Massimo Stano e Leopoldo Sebastiani. Masterizzato da Massimo Stano.
Copertina "'a passione", dipinto di Roberto Rizzo. Foto interne di Giuseppe Ottolino.

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Fabularasa
"D'amore e di marea"

Radar / Egea - 2012
Nei negozi di dischi

Tracklist

01 Rabdomanza
02

Il regalo

03 L'oro del mondo
04 Serenata della controra
05 Leggero
06 Siciliana
07 Aria
08 Recessione
09 Fiore di vento
10 Lunamore
11 Majorana si imbarca sul postale
Ci sono dischi che decantano, che bisogna mettere lì ed aspettare fiduciosi che mettano fuori prima i fiori e dopo i frutti. Ci sono dischi che cantano, che appena li metti sul lettore dispiegano tutta la loro potenza emotiva. Ci sono poi dei dischi che contano, con i quali, prima o poi, bisogna venire a patti. Con "D'amore e di maree" si viene a patti. Il patto è: "io ti faccio un disco da leggere e da ascoltare e tu lo leggi e lo ascolti, lo assimili e lo digerisci e poi mi dici cosa ne pensi. Ma sta attento. Quello che pensi oggi potrebbe essere diverso da quello che penserai domani. E allora parlamene domani. Quando avrai metabolizzato i segnali". Non so se li ho ancora metabolizzati tutti, ma non faccio testo: io i Fabularasa me li ascolto in estasi. L'unico rischio è un carico troppo alto di aspettative. Eh sì, da Luca Basso e soci ci aspettiamo molto. E ci fa piacere dire che, anche questa volta, questo molto è stato rispettato.

Sì, se vogliamo è un disco tecnicamente perfetto. Ampi stralci musicali, perché i Fabularasa amano la musica, curata, gentile, accennata, acustica, coi suoi tempi dilatati, le sue volute ampie che ti si arrampicano nel cuore e che vi si incistano. E' incredibile con quanti pochi strumenti siano fatte queste architetture sonore: chitarra, basso, batteria, voce (e fin qui sembra un combo rock), ma poi ci sono sempre i fiati , che svolgono un ruolo fondamentale, e un congruo numero di ospiti. Andiamo nell'ordine: Paul McCandless (degli Oregon) che torna dal disco precedente, al sax in tre brani, all'oboe in 2, al fuato e corno inglese in un altro ancora. Poi ci sono Giua e Fabrizio Piepoli, ospiti graditi al canto, rispettivamente in "Leggero" e "Aria", Gabriele Mirabassi al clarinetto in due brani e poi Giorgio Distante alla tromba, Gianni Vanchieri al bouzouki, Maurizio Lampugnani alle percussioni in cinque brani. Se questo è il tessuto armonico su cui si appoggiano le parole di Luca Basso (ed è un tessuto sontuoso), le liriche volano ancora più alte. C'è questa particolarità nelle canzoni dei Fabularasa, che poi sono canzoni solo fino a un certo punto. Che uno inizia ad ascoltarle e pensa: "chissà come va a finire?". Eh, sì, perché sono storie! E' questa la differenza. Non è, come nella canzone classica, un singolo frammento, un isolare un istante. Ma sono proprio microracconti. Alla Raymond Carver, alla Robert Coover, alla Sherwood Anderson.

La scrittura di Luca Basso è letteraria, non c'è dubbio. La sua ispirazione alta, le sue storie interessanti. Il grande lavoro dei Fabularasa è trovare le giuste architetture sonore perché il letterario non mangi il musicale e lo scopo, qui, in "D'amore e di maree" è completamente raggiunto. "Il regalo" è un pezzo regale, "L'oro del mondo" è uno dei più cantabili, "Serenata della controra" è lenta e insinuante come la controra stessa. "Siciliana" è tratta dalla "Cavalleria rusticana" ed è la miniatura di un gioiello e "Recessione", su testo di Pier Paolo Pasolini, è un brivido lungo di scintillante bellezza. E "Majorana si imbarca sul postale" è il degno sigillo finale a una storia di amore e di maree.

Non illudetevi: di quelle di cui non ho parlato qui ne parlo sotto. E sono tutte a livello. I Fabularasa si confermano una piacevolissima rarità nel mondo della canzone d'autore a tutto tondo e hanno sfornato uno dei migliori dischi del 2012. Se non il migliore, forse, in assoluto.




Partiamo con "Rabdomanza", canzone completa, suadente e sussurante. "Metti l'orecchio e ascolta / se vuoi sentire il mare cantare / se vuoi sentire il romanzo del tempo/ col tempo cambiare / Partire da levante per rubare il Santo / oltre le nuovole e pianto / in queso campo di lacrime e vento / per un disegno politico, un sogno mitico / bisogna mistico di innocenza: rabdomanza". Un profluvio di assonanze, di sdrucciolamenti, di rincorse rimate per far musica con le parole sulle tracce di una parola di difficile etimo e di inesistente presente: rabdomanza non trova cittadinanza se non nelle rime poetiche di Luca Basso. Sarebbe la rabdomanzia. Ma se la si incrocia con la "romanza" non viene forse fuori la rabdomanza? D'altra parte anche "l'equipaggio che senza coraggio né disciplìna non si ammutìna" sembra un'ulteriore licenza poetica, ma l'accento tonico cade giusto. Sono questi preziosismi, queste ricerche che fanno sì che sull'album non ci sia scritto "testi", ma "versi". E' una differenza sensibile. Solo per animi sensibili al bello e al gioco incrociato delle parole che fanno musica.

"Il regalo"
è uno dei brani che più colpisce già dal primo ascolto. E' una lettera formale, in cui un sindacalista rifiuta un regalo dal padrone e tutto l'insieme del brano risente della magia di un tempo che fu. Immagini in bianco e nero di un vecchio film neorealista. Ma da dove è venuta questa idea? Leggiamo sul libretto: "liberamente ispirato alla lettera scritta da Giuseppe Di VIttorio al Conte Pavoncelli il 24 dicembre 1920". E' davvero materiale d'annata. Dove si parla di "contadini che chinano la fronte e abbassano la schiena", della "colonna lenta che dietro al caporale" si avvia a lavorare nei campi. "In questo purgatorio di sudore ... / viene il tramonto sopra i cumuli di grano / arrivo io con gli scarponi da lavoro / i contadini asciugano la fronte / mi guardano negli occhi / mi stringono la mano ...", perché Di Vittorio, figura mitica di sindacalista pugliese, leader della Cgil nel dopoguerra ha rifiutato il "cesto colmo di ogni ben di Dio / mandorle dolce, vino, frutta di stagione". "Lo so che non l'ha fatto in malafede / e che non pensa di comprare il mio favore / ma i miei compagni che non hanno da mangiare / lo potrebbero pensare". Sì, è un vero film.

Deliziosa "L'oro del mondo". Si riparla di un personaggio caro a Luca Basso: il letterato, lo scrittore, il poeta, forse il cantautore, forse lo stesso autore. "Lunatico e lunare, quando canta guarda altrove / cosa vuole? Levantino, mestatore, cuorleggero! / Chi lo sa se veramente non ci prende tutti in giro / quando passa mascherato da se stesso, muto in mezzo al chiasso / con le tasche piene di parole / e in fondo agli occhi quel piccolo dolore ... / E il mare se ne innamorò". Ma devo fermarmi o riporto tutto il testo. Mi limito a una frase ancora: "numeri d'alta scuola con le parole, però / l'acrobazia più dura rimane vivere la vita vera". "Serenata della controra" è un delicato bozzetto: "Bell'amore capelli neri schiudi un sorriso / al comizio pomeridiano delle cicale / alla musica romantica dei limoni / visto che il cielo, come dico, non rimane / e questo giorno sereno, per noi non passa di meno".

"Leggero" è un'altra gemma. Sia per la struttura della canzone, sia per la presenza di Giua al canto che arricchisce di colori, dei timbri caldi della voce e di vocalizzi tutta la parte finale. sia per la presenza del vibratone, triangolo, crin, afhuce cabasa, wood blok che sono tutte le percussioni che speziano il brano. "Questa mia giornata nasce profumata / di fiori bianchi e giovani passioni / piccola cosa lascia che ti baci / ancora / Ho interrogato una margherita fatta di soli petali dispari / so a memoria la regola e l'errore / e abito in un abito leggero e vivo sotto il cielo". Molto delicata, sospesa. Sono quasi tutti canti della controra quelli dei Fabularasa. Da cantare dopo pranzo, sottovoce per non disturbare e per rilassare il pensiero, all'unisono col ronzare delle cicale.

Ma le delizie non finiscono mai. Rifare "La cavalleria rusticana" dentro a un disco cantautorale è una bella scommessa. Solo voce e keyboard programming. Risultato centrato in pieno. Ed ecco "La Siciliana". Ma ci sono ancora due brani di cui bisogna parlare: il primo è "Recessione" costruito sui versi di Pier Paolo Pasolini e sulle musiche di Giacomo Di Martino, l'antico componente dei Giganti. "Vedremo calzoni coi rattoppi; / rossi tramonti su borghi vuoti di macchine / pieni di povera gente / che sarà tornata da Torino o dalla Germania. / I vecchi saranno padroni dei loro muretti / come poltrone di senatori; / e i bambini sapranno che la minestra è poca, / e cosa significa un pezzo di pane. / E la sera sarà più nera della fine del mondo, / e di notte sentiremo solo i grilli o i tuoni; / e forse qualche giovane / tra quei pochi tornati al nido / tirerà fuori un mandolino. L'aria saprà di stracci bagnati. / Tutto sarà lontano. / Treni e corriere passeranno ogni tanto / come in un sogno". Eh, qui il merito è di Pasolini (e di Di Martino), ma l'abilità dei Fabularasa è anche quella di inserire questo splendido brano all'interno delle proprie composizioni senza la minima discrepanza con la resa complessiva. Ascoltandola senza saperlo sono indistringuibili le liriche di Luca Basso da quelle di Pasolini.

Ma abbiamo parlato poco di musica. Perché i Fabularasa sono invece un gruppo da ascoltare tutto: le chitarre di Ottolino, le percussioni e la macchina ritmica, i fiati, il grande lavoro multristrumentale di Leopoldo Sebastiani. Forse è strano pensare che un gruppo che dà così tanta importanza ai fiati non abbia al suo interno nessuno che li suoni, ma finché gli ospiti restano a questo livello, il problema non si pone. Una citazione per la delicatezza pastello di "Fiore di vento", davvero un sospiro su un dente di leone e per la robustezza rock (sempre relativa) di "Lunamore" e arriviamo alla chiusura di gran classe: "Majorana si imbarca sul postale" si impone già dal titolo. Una lunga coda musicale di due minuti ci porta alla fine del disco: un congedo in punta di piedi, come tutto il porgere di quest'opera che si impone gradatamente, ascolto per ascolto, sull'onda di una musica gentile, di un raccontar cantando di razza, di uno spessore raro da trovare in un disco di questi ultimi anni.

Neanche un limite? Neanche un problema? Neanche un neo? Poche ombre. L'unico rischio concreto per i Fabularasa sarebbe innamorarsi troppo dei propri testi e trascurare la musica, ma sostanzialmente è un rischio che è stato evitato in "D'amore e di marea".


Ultimo aggiornamento: 08-08-2012