Versi: Luca Basso (1, 2, 3,4, 5, 7,9, 10, 11). Musiche: Leopoldo
Sebastiani e Luca Basso (1, 9, 10); Marcello Colaninno e Vito
Ottolino (2, 11), Vito Ottolino, Lepoldo Sebastiani e LUca
Basso (3); Marcello Colaninno (4); Vito Ottolino e Luca Basso
(5); Leopoldo Sebastiano, Giuseppe Berlen e Luca Basso (7).
"Sicialiana" da "Cavalleria rusticana"
versi di Menasci, Targioni-Tozzetti e Verga, musica di Mascagni.
"Recessione" testo di Pier Paolo Pasolini, musica
di Giacomo Di Martino.
Arrangiamenti
di Vito Ottolino (2, 3, 4, 5, 11) e di Leopoldo Sebastiani
(1, 6, 7, 8, 9, 10) coi Fabularasa.
Registrato nell'aprile del 2012 allo Studio Mediterraneo in
Santeramo in Colle (Bari); Editing, post-produzione e coordinamento
tecnico di Leopoldo Sebastiani, Mixato da Massimo Stano e
Leopoldo Sebastiani. Masterizzato da Massimo Stano.
Copertina "'a passione", dipinto di Roberto Rizzo.
Foto interne di Giuseppe Ottolino.
Fabularasa
"D'amore e di marea" Radar / Egea - 2012 Nei negozi di dischi
Tracklist
01
Rabdomanza
02
Il
regalo
03
L'oro
del mondo
04
Serenata
della controra
05
Leggero
06
Siciliana
07
Aria
08
Recessione
09
Fiore
di vento
10
Lunamore
11
Majorana
si imbarca sul postale
Ci sono
dischi che decantano, che bisogna mettere lì ed aspettare
fiduciosi che mettano fuori prima i fiori e dopo i frutti. Ci sono
dischi che cantano, che appena li metti sul lettore dispiegano tutta
la loro potenza emotiva. Ci sono poi dei dischi che contano,
con i quali, prima o poi, bisogna venire a patti. Con "D'amore
e di maree" si viene a patti. Il patto è: "io ti
faccio un disco da leggere e da ascoltare e tu lo leggi e lo ascolti,
lo assimili e lo digerisci e poi mi dici cosa ne pensi. Ma sta attento.
Quello che pensi oggi potrebbe essere diverso da quello che penserai
domani. E allora parlamene domani. Quando avrai metabolizzato i
segnali". Non so se li ho ancora metabolizzati tutti, ma non
faccio testo: io i Fabularasa me li ascolto in estasi. L'unico rischio
è un carico troppo alto di aspettative. Eh sì, da
Luca Basso e soci ci aspettiamo molto. E ci fa piacere dire che,
anche questa volta, questo molto è stato rispettato.
Sì, se vogliamo è un disco tecnicamente
perfetto. Ampi stralci musicali, perché i Fabularasa amano
la musica, curata, gentile, accennata, acustica, coi suoi tempi
dilatati, le sue volute ampie che ti si arrampicano nel cuore
e che vi si incistano. E' incredibile con quanti pochi strumenti
siano fatte queste architetture sonore: chitarra, basso, batteria,
voce (e fin qui sembra un combo rock), ma poi ci sono sempre i
fiati , che svolgono un ruolo fondamentale, e un congruo numero
di ospiti. Andiamo nell'ordine: Paul McCandless (degli Oregon)
che torna dal disco precedente, al sax in tre brani, all'oboe
in 2, al fuato e corno inglese in un altro ancora. Poi ci sono
Giua e Fabrizio Piepoli, ospiti graditi al canto, rispettivamente
in "Leggero" e "Aria",
Gabriele Mirabassi al clarinetto in due brani e poi Giorgio Distante
alla tromba, Gianni Vanchieri al bouzouki, Maurizio Lampugnani
alle percussioni in cinque brani. Se questo è il tessuto
armonico su cui si appoggiano le parole di Luca Basso (ed è
un tessuto sontuoso), le liriche volano ancora più alte.
C'è questa particolarità nelle canzoni dei Fabularasa,
che poi sono canzoni solo fino a un certo punto. Che uno inizia
ad ascoltarle e pensa: "chissà come va a finire?".
Eh, sì, perché sono storie! E' questa la differenza.
Non è, come nella canzone classica, un singolo frammento,
un isolare un istante. Ma sono proprio microracconti. Alla Raymond
Carver, alla Robert Coover, alla Sherwood Anderson.
La
scrittura di Luca Basso è letteraria, non c'è dubbio.
La sua ispirazione alta, le sue storie interessanti. Il grande
lavoro dei Fabularasa è trovare le giuste architetture
sonore perché il letterario non mangi il musicale e lo
scopo, qui, in "D'amore e di maree"
è completamente raggiunto. "Il regalo"
è un pezzo regale, "L'oro del mondo"
è uno dei più cantabili, "Serenata
della controra" è lenta e insinuante
come la controra stessa. "Siciliana"
è tratta dalla "Cavalleria rusticana" ed è
la miniatura di un gioiello e "Recessione",
su testo di Pier Paolo Pasolini, è un brivido lungo di
scintillante bellezza. E "Majorana si imbarca
sul postale" è il degno sigillo finale
a una storia di amore e di maree.
Non illudetevi: di quelle di cui non ho parlato qui ne parlo sotto.
E sono tutte a livello. I Fabularasa si confermano una piacevolissima
rarità nel mondo della canzone d'autore a tutto tondo e
hanno sfornato uno dei migliori dischi del 2012. Se non il migliore,
forse, in assoluto.
Partiamo con "Rabdomanza",
canzone completa, suadente e sussurante. "Metti l'orecchio
e ascolta / se vuoi sentire il mare cantare / se vuoi sentire
il romanzo del tempo/ col tempo cambiare / Partire da levante
per rubare il Santo / oltre le nuovole e pianto / in queso campo
di lacrime e vento / per un disegno politico, un sogno mitico
/ bisogna mistico di innocenza: rabdomanza". Un profluvio
di assonanze, di sdrucciolamenti, di rincorse rimate per far musica
con le parole sulle tracce di una parola di difficile etimo e
di inesistente presente: rabdomanza non trova cittadinanza se
non nelle rime poetiche di Luca Basso. Sarebbe la rabdomanzia.
Ma se la si incrocia con la "romanza" non viene forse
fuori la rabdomanza? D'altra parte anche "l'equipaggio che
senza coraggio né disciplìna non si ammutìna"
sembra un'ulteriore licenza poetica, ma l'accento tonico cade
giusto. Sono questi preziosismi, queste ricerche che fanno sì
che sull'album non ci sia scritto "testi", ma "versi".
E' una differenza sensibile. Solo per animi sensibili al bello
e al gioco incrociato delle parole che fanno musica.
"Il regalo"
è uno dei brani che più colpisce già dal
primo ascolto. E' una lettera formale, in cui un sindacalista
rifiuta un regalo dal padrone e tutto l'insieme del brano risente
della magia di un tempo che fu. Immagini in bianco e nero di un
vecchio film neorealista. Ma da dove è venuta questa idea?
Leggiamo sul libretto: "liberamente ispirato alla lettera
scritta da Giuseppe Di VIttorio al Conte Pavoncelli il 24 dicembre
1920". E' davvero materiale d'annata. Dove si parla di "contadini
che chinano la fronte e abbassano la schiena", della
"colonna lenta che dietro al caporale" si avvia
a lavorare nei campi. "In questo purgatorio di sudore
... / viene il tramonto sopra i cumuli di grano / arrivo io con
gli scarponi da lavoro / i contadini asciugano la fronte / mi
guardano negli occhi / mi stringono la mano ...", perché
Di Vittorio, figura mitica di sindacalista pugliese, leader della
Cgil nel dopoguerra ha rifiutato il "cesto colmo di ogni
ben di Dio / mandorle dolce, vino, frutta di stagione".
"Lo so che non l'ha fatto in malafede / e che non pensa
di comprare il mio favore / ma i miei compagni che non hanno da
mangiare / lo potrebbero pensare". Sì, è
un vero film.
Deliziosa
"L'oro del mondo". Si riparla
di un personaggio caro a Luca Basso: il letterato, lo scrittore,
il poeta, forse il cantautore, forse lo stesso autore. "Lunatico
e lunare, quando canta guarda altrove / cosa vuole? Levantino,
mestatore, cuorleggero! / Chi lo sa se veramente non ci prende
tutti in giro / quando passa mascherato da se stesso, muto in
mezzo al chiasso / con le tasche piene di parole / e in fondo
agli occhi quel piccolo dolore ... / E il mare se ne innamorò".
Ma devo fermarmi o riporto tutto il testo. Mi limito a una frase
ancora: "numeri d'alta scuola con le parole, però
/ l'acrobazia più dura rimane vivere la vita vera".
"Serenata della controra"
è un delicato bozzetto: "Bell'amore capelli neri
schiudi un sorriso / al comizio pomeridiano delle cicale / alla
musica romantica dei limoni / visto che il cielo, come dico, non
rimane / e questo giorno sereno, per noi non passa di meno".
"Leggero"
è un'altra gemma. Sia per la struttura della canzone, sia
per la presenza di Giua al canto che arricchisce di colori, dei
timbri caldi della voce e di vocalizzi tutta la parte finale.
sia per la presenza del vibratone, triangolo, crin, afhuce cabasa,
wood blok che sono tutte le percussioni che speziano il brano.
"Questa mia giornata nasce profumata / di fiori bianchi
e giovani passioni / piccola cosa lascia che ti baci / ancora
/ Ho interrogato una margherita fatta di soli petali dispari /
so a memoria la regola e l'errore / e abito in un abito leggero
e vivo sotto il cielo". Molto delicata, sospesa. Sono
quasi tutti canti della controra quelli dei Fabularasa. Da cantare
dopo pranzo, sottovoce per non disturbare e per rilassare il pensiero,
all'unisono col ronzare delle cicale.
Ma
le delizie non finiscono mai. Rifare "La cavalleria rusticana"
dentro a un disco cantautorale è una bella scommessa. Solo
voce e keyboard programming. Risultato centrato in pieno. Ed ecco
"La Siciliana".
Ma ci sono ancora due brani di cui bisogna parlare: il primo è
"Recessione" costruito sui versi di Pier Paolo Pasolini
e sulle musiche di Giacomo Di Martino, l'antico componente dei
Giganti. "Vedremo calzoni coi rattoppi; / rossi tramonti
su borghi vuoti di macchine / pieni di povera gente / che sarà
tornata da Torino o dalla Germania. / I vecchi saranno padroni
dei loro muretti / come poltrone di senatori; / e i bambini sapranno
che la minestra è poca, / e cosa significa un pezzo di
pane. / E la sera sarà più nera della fine del mondo,
/ e di notte sentiremo solo i grilli o i tuoni; / e forse qualche
giovane / tra quei pochi tornati al nido / tirerà fuori
un mandolino. L'aria saprà di stracci bagnati. / Tutto
sarà lontano. / Treni e corriere passeranno ogni tanto
/ come in un sogno". Eh, qui il merito è di Pasolini
(e di Di Martino), ma l'abilità dei Fabularasa è
anche quella di inserire questo splendido brano all'interno delle
proprie composizioni senza la minima discrepanza con la resa complessiva.
Ascoltandola senza saperlo sono indistringuibili le liriche di
Luca Basso da quelle di Pasolini.
Ma abbiamo parlato poco di musica. Perché i Fabularasa
sono invece un gruppo da ascoltare tutto: le chitarre di Ottolino,
le percussioni e la macchina ritmica, i fiati, il grande lavoro
multristrumentale di Leopoldo Sebastiani. Forse è strano
pensare che un gruppo che dà così tanta importanza
ai fiati non abbia al suo interno nessuno che li suoni, ma finché
gli ospiti restano a questo livello, il problema non si pone.
Una citazione per la delicatezza pastello di "Fiore
di vento", davvero un sospiro su un dente di
leone e per la robustezza rock (sempre relativa) di "Lunamore"
e arriviamo alla chiusura di gran classe: "Majorana
si imbarca sul postale" si impone già
dal titolo. Una lunga coda musicale di due minuti ci porta alla
fine del disco: un congedo in punta di piedi, come tutto il porgere
di quest'opera che si impone gradatamente, ascolto per ascolto,
sull'onda di una musica gentile, di un raccontar cantando di razza,
di uno spessore raro da trovare in un disco di questi ultimi anni.
Neanche un limite? Neanche un problema? Neanche un neo? Poche
ombre. L'unico rischio concreto per i Fabularasa sarebbe innamorarsi
troppo dei propri testi e trascurare la musica, ma sostanzialmente
è un rischio che è stato evitato in "D'amore
e di marea".