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Enrico Farnedi: "Ho lasciato tutto acceso"
L'irregolare che fa la differenza. Il disco per l'estate
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Crediti:
Enrico Farnedi (
ukulele concerto, ukulele elettrico, ukulele resonator, banjolele, basso, sintetizzatore, ukulele soprano, Antonelli rythm machine, Organo Antonelli, shaker , tamburello, battimani, scatolone, tamburello, ukulele baritono, glockenspiel, scatola di latta, secchio, campanaccio, batteria, tromba, trombone a pistoni, tin whistle, maraca, talking drum, coperchi, tegami, raganella, tromba giocattolo); Filippo Farnedi (coro); Estrema Riluttanza (voce, mucca in scatola). Mauro Gazzoni (batteria)

Testi e musiche: Enrico Farnedi, tranne "Informagiovani", testo di Enrico Farnedi, musica di Farnedi/ Carlo Borsari) e "Salsa di lumache", testo e musica di Giorgio Donati e Jacob Balslev Olesen. "Lonely planet", testo e musica di Matt Johnson

Prodotto e registrato da Enrico Farnedi

"Due minuti" e "Lena" registrate da Corrado Ray Magalotti al Tam Tam Studio di Cesena
Mixato da Andrea Scardovi con Francesco Giampaoli al Duna Studio di Russi.
Progetto grafico di Denis Guerrini

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Ascolti: "Lena"

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Enrico Farnedi
"Ho lasciato tutto acceso"

Sidecar/Goodfellas - 2012
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Tracklist

01 Due minuti
02

Corso Sozzi

03 Fotografia
04 Due sorelle
05 Julie
06 Cuore a metano
07 Ci penserò lunedì
08 Informagiovani
09 Salsa di lumache
10 Norma
11 Lena
12 Ho lasciato tutto acceso
13

Lonely planet

14 Kabir
15 Quanto piangere
Ogni tanto esce un irregolare nel mondo della canzone italiana. Puà chiamarsi Enzo Jannacci, David Riondino, Ettore Giuradei, Simone Cristicchi, Rino Gaetano o Vinicio Capossela. C'è da giurarci che dopo qualche anno avrà lasciato segni degni di ricordo. L'irregolare del momento (oh, per come si presenta! Magari è la persona più regolare del mondo ...) è Enrico Farnedi. Uno su cui mi sentirei di scommettere. Salvo poi perdere la scommessa. Rico Farnedi nasce trombettista: "ma suonando la tromba si può cantare poco". E allora passa all'ukulele, il chitarrino hawaiano reso celebre da Marilyn Monroe in "A qualcuno piace caldo" (ma se guardavate l'ukulele siete tipi strani) e sforna questo disco. Un gioiellino di brani semplici, normali, poco vestiti, quasi nudi. E nella loro scheletrica rusticità tanto immediati e coinvolgenti. Avanti, fate una prova: accattate il disco, mettete su "Corso Sozzi" e ditemi se, prima della fine, non lo state cantando con Enrico. D'altra parte se uno arriva in finale di due concorsi serie come Musicultura e L'Artista che non c'era, a distanza di pochi giorni, le qualità ci devono essere. E ci sono.

Allora, Farnedi non è Bob Dylan. Neanche Francesco Guccini o Fabrizio De André. Ma è EnRico Farnedi (con la R maiuscola), ossia uno che va benissimo così come è che speriamo che il dio della musica ce lo conservi ancora a lungo esattamente così. Naif (finto naif?), musicale, lieve, accattivante, simpatico, tenero, intenso, capace. Dotato della rara virtù della sottrazione, dell'accumulo di punti di forza per difetto. Come Colombo che intendeva "buscar el levante jendo par el ponente", così Farnedi arriva alla canzone d'autore tanto fa mostra di allontanarsene. Non è colpa sua. Il talento ce lo si porta dentro. Anche a nostra insaputa.

E’ un disco solare, caldo e leggero allo stesso tempo, come una mattinata di primavera. Un disco attraversato dal vento e dall’ispirazione. Enrico Farnedi, polistrumentista che passa dalla tromba all’ukulele, transitando per chitarra, basso, organo e sintetizzatore, ha riempito il carniere di 15 brevi storie di provincia, trasvolando tra i generi e fornendo sempre una lettura delicata come in “Lena”, o disincantata come in “Corso Sozzi”, la canzone che ha presentato quest’anno a Musicultura. Da tenersi stretto per l’estate a venire … a ritmo di Ukulele



"Non mi diverto" è il primo brano
e già si parte contraddicendo l'assunto. Dietro uno spleen esistenziale appena accennato si celebra il potere salvifico della musica: "Cerco la verità in una canzone / son due minuti, spero che aiuti / basta il tempo appena per sbagliare / io me lo prendo / sto già cantando". Per farlo Rico suona da solo ukulele concerto, ukulele elettrico, ukulele resonator, banjolele, basso e sintetizzatore. In totale nel disco vengono suonati 29 strumenti da Rico, a cui si aggiungono un coro di Filippo Farnedi. la batteria di Mauro Gazzoni e la voce e la mucca in scatola di Estrema Riluttanza (la voce è femminile). Insomma, preparato tutto in casa. In quella Romagna, ora forse un po' scossa, ma che ci ha dato negli ultimi anni i Caffè Sport Orchestra (in cui Farnedi pure milita) e gli Ex. Già "Non mi diverto" è un pezzo da segnarsi.

"Corso Sozzi" è poi un pezzo forte, un tormentone che pare suonato da una piccola orchestra e invece sono solo gli ukulele di Rico a costituirne l'ossatura. Dicono gli astanti ai concerti dal vivo che "Corso Sozzi" eseguito con un solo ukulele sia ancora più virale. Impossibile andarsene senza canticchiarla: "Sono quello che ricorda tutte le canzoni / ma cos'ho mangiato ieri no / alle volte mi risveglio in camere d'albergo / e dove sono proprio non lo so / / Tu mi chiedi se son mica di Cesena e ti rispondo sì / poi mi chiedi mi sai mica dire dov'è Corso Sozzi no / non lo so / non lo so / Corso Sozzi non lo so / / Sono esperto di fumetti e patatine / non ho proprio idea di cosa sia la Borsa / io mi nutro di fumetti e patatine / quindi tu non mi parlare mai di Borsa". Geniale. E il video, qua sotto rende un'idea. E' la nostra canzone per l'estate.

"Fotografia" è seia. "E non mi basta una fotografia / per ricordarmi un po' di te / dovrei vederti e anche toccarti sia / la mia memoria è quel che è / e non è solo che ho cambiato idea / sei stata tu a farmi cambiare idea. / No, no, non mi chiamare amore / non è lo stesso / e se io ti sembravo uguale / guardami adesso". Un piccolo addio, tenero e non urlato. Tra i gioielli del forziere finisce dritta anche "Due sorelle", una chicca strumentale di solo ukulele di 1'51". "Julie", invece, in inglese, risulta un po' fuori contesto. Come se l'inglese appiattisse la diversità. Torniamo in Romagna con "Cuore a metano": "Mi proponi spiagge lontane / noci di cocco e tramonti / mi racconti di treni infiniti / mari di neve, lingue straniere / Ma in viaggio non sono mai stato / ho il cuore che batte a metano / e il distributore è troppo lontano". E' un'altra delizia che estraiamo dal bigoncio. Delicatissima: una nota per volta, una parola per volta, un viaggio lontano che fa un po' paura: "cosa faranno laggiù da mangiare? / Spero non sia solo riso". Piccola ovazione personale per "E adesso che il viaggio è iniziato / il cuore mi batte un po' strano / mi fa un po' paura, ma andiamo lontano".

Passiamo oltre con "Ci penserò lunedì", molto gradevole, ma un po' troppo simile alla precedente. Alle due canzoni non giova stare in fila. L'ukulele elettrico aggiunge un tocco di blues. "Informagiovani" invece è più corposa e tratta di un problema comune: "Se non guadagno cosa faccio? Rubo? / Io prima o poi ci provo per davvero / e ci si stanca sai a non fare un tubo / e sono ina stinenza da lavoro / E non è vero che non ci ho provato / e non è vero che ci ho preso il gusto / Tuttolavoro io ci ho guà guardato / ma forse non è quello il posto giusto". Tema caldo, ma Farnedi, accenna e gira attorno. Esprime un clima, un malessere, uno spleen oblomoviano ("Non ti agitare dai / comunque sei disoccupato"), una malinconica tendenza ad osservare.

"Salsa di lumache", una delle due canzoni che non è del sacco di Farnedi, è divertente e cantata a due voci con la famosa "Estrema Riluttanza" che prima o poi scopriremo come si chiama. Un gioco, ma piacevole. Donati e Olesen, gli autori, peraltro sono un gruppo di clownerie. Ma dopo il divertimento ecco che torniamo a intenerirci con "Lena": "Vorrei che la mia mamma fosse qui / per dirle che mi piace la sua pizza / che per qualcuno ingrossa ma a me piace così / vorrei che la mia mamma fosse qui. / Vorrei che anche mia nonna fosse qui / per farmi preparare il mascarpone / un po' giallo e un po' marrone / che lei lo fa così / ma io il marrone poi lo lascio lì. / Che bello se Renato fosse qui / Che bello avere un nonno con i polli / Che se li vai a comprare non è la stessa cosa / il brodo non mi viene più così. / Fortuna che la Chiara adesso è qui / è a casa che prepara il minestrone / ci mette le carote, le patate, i cavolfiori / lo mangio quando torno e penso / che bello se la mia mamma fosse qui". Ukulele concerto, glockenspiel e un piccolo inciso di tromba. Dicono che l'ukulele sia lo strumento confidenziale per eccellenza. E questa pare una confidenza, sussurrata in un soffio. Intensa e commossa, con le sue piccole cose quotidiane. Piccoli istanti per piccoli sentimenti e grandi emozioni.

E' chiaro che dopo ci vuole un rock come "Ho lasciato tutto acceso", che ci sta benissimo, in quel punto e con la sua bella carica energetica. Così come la successiva "Lonely planet" di Matt Johnson di The The, un successo minore degli anni '90. Ma abbiamo ancora spazio per due commozioni: "Kabir" che è un "cane nero / il muso è lungo, ma la razza io non la so / lui corre e resta zitto / sto zitto e corro, il fiume scorre in fondo con noi". Quasi un telefilm anni '60. Quasi un racconto di Cristiano Cavina, che poi è di quelle parti (Ravenna) e che tocca tematiche simili. Sì, Farnedi potrebbe essere la colonna sonora di "Alla grande" o "Nel paese di Tolintesac". i due libri migliori di Cavina. "Quanto piangere" infine è un pezzo da balera, da Romagna marittima, da Fellini. Quadri provinciali di delicata pittura: "Ma quanto piangere di vuoel per fare sera / e a far sta vita tanto vale farla in galera / piango ma tanto tanto sì, piango parecchio / piango ma tanto, tanto che ci vuole il secchio / porta il bidone, l'ombrello se stai con me". Un altro gioiello, l'ennesimo.

Sono 15 canzoni, una cinquantina di minuti di musica, un uomo solo e una manciata di strumenti, due sentimenti, quattro once di malinconia, una spruzzata di provincia. Cosa è allora a renderlo così importante? A fare sì che un dischetto si imponga per ore su ascolti molto più blasonati? Il talento, la grazia nel porgere, la timidezza che quasi chiede scusa: insomma la diversità. Ogni tanto nasce un irregolare nella musica d'autore italiana. E bisogna tenerselo caro.



Ultimo aggiornamento: 28-06-2012