Crediti:
Raffaella
Misiti (voce); Marcello Duranti (sax soprano e baritono, clarinetto
basso, glockenspiel e altri tubi sonori); Stefano Scatozza,
(chitarre, pianoforte, fisarmonica); Stefano Napoli (contrabbasso);
Salvatore De Seta (batteria), Massimiliano Natale (batteria,
percussioni)
Ospiti: Arianne Boisie e Camilla Dell'Agnola (viola in 1,
10, 11, 12); Cristina Romagni e Eliana Quattrocchi (violini
in 1, 11, 12); Luca De Carlo - Tetes De Bois (Tromba in 4
e 12); Eugenio Colombo (sax contralto in 8 e flauto basso
in 12)
Tutte
le musiche e gli arrangiamenti sono di Stefano Scatozza, tranne
"Piccolo carro di frutta in fiamme" scritta e arrangiata
da Marcello Duranti e "Punk Islam" testi e musica
di CCCP.
Tutti i testi di Danilo Selvaggi.
Produzione artistica di Stefano Scatozza e Danilo Selvaggi
Registrato e mixato da Lucio Leoni a Controchieve e al Monkey
Studio, Roma.
Mastering di Fabrizio De Carolis al Reference Mastering Studio,
Roma
Artte grafica di Danilo Selvaggi e Pubblimedia.
Le fotografie della copertina, dell'interno copertina e del
libretto sono di Mario Giacomelli, il grande fotografo di
Senigallia, per gentile concessione di Simone Giacomelli.
Acustimantico "Tempo
di passaggio"
Palombari/Helikonia / Egea - 2012
Nei negozi di musica
Tracklist
01
Canzone
di giugno
02
Assoluto
03
Canzone
del mattino
04
Il
cane infedele
05
Febbre
alta
06
Canzone
del fiore di pietra
07
Mare
08
Il
buon insegnamento
09
Punk
Islam
10
Piccolo
carro di frutta in fiamme
11
Libano
12
Psico
A
13
Da
un luogo all'altro
14
Tempo
di passaggio
Un
disco degli Acustimantico non può lasciare indifferenti.
Mai. Potrebbe perfino non piacere, ma lasciare indifferenti no.
Anche perché ne fanno pochi e quando li fanno hanno la tendenza
a fare opere che restino nella nostra testa e nella nostra pelle.
Sono fatti così. Un po' perfezionisti, un po' algidi, molto
eleganti, molto discreti. Ma i risultati di quello che fanno sono
di una bellezza insinuante, di una cristallina nitidezza. Suoni
puliti, pochi. attraverso i quali passa, come passa una sirena nella
nebbia, la voce sciamanica di Raffaella Misiti. E allora provate
ad ascoltarli e a dirmi se è possibile fare finta di niente.
E' domanda retorica: la risposta è no. O forse sì,
ma non sareste a leggere queste note.
E' un approccio cerebrale alla musica, che affascina e perturba,
che avvolge in una dimensione sonora spessa e calda come una coltre
che è ancora d acapire come faccia a scaturire da un ensemble
di voce, sax, chitarra, basso e batteria. Un combo rock che fa
musica tra classico, jazz e cautamente sperimentale con echi folk
nella matrice urbana. Certo aiutano gli archi e le trombe degli
ospiti, ma la struttura è tutta made in Acustimantico.
E non trascuriamo i testi di Danilo Selvaggi, membro esterno da
sempre del gruppo romano. Testi che svariano da Pasquale Panella
alla poesia contemporanea, che non si perita di parlare di "un
merlo dal becco assoluto" o di un cane che "dà
confidenza agli stranieri" e che ha "un'andatura
primordiale". Oppure di imbarcarsi in frasi del tipo:
"Ti ho incontrata in un abisso per fuggire da un abisso
e scoprire un nuovo abisso tutto intorno". O, ancora,
a conugare la passato remoto l'incipit di una canzone: "mi
aiutò la febbre alòta a resistere alle dieci meraviglie
minacciose del tuo volto" o a perdersi in aforismi come
"Il buon insegnamento è quando l'ultima parola
del maestro assomiglia a un tradimento". Trovate che
ci siano delle differenze con Mogol? Anch'io.
Ogni tanto la sola lettura del testo lascia pensare alle facce
atterrite degli Acustimantico quando arrivano queste prose sciolte
da musicare. Ma Scatozza (autore di tutte le musiche) e soci sono
tipi duri che non si lasciano certo intimidire da un aoristo o
da un ottativo tentato. Cosa vuoi che sia un testo come "Manca
il suolo su cui poggiare, dunque vaghiamo nell'aria, pura malinconia.
Un uomo che dice di essere Abramo ha un coltello da macelleria,
dunque vaghiamo nell'aria, prede dell'isteria", che
rappresenta il verseggiare integrale di "Psico
A", né una parola in più, né
una parola in meno.
Non è un concept "Tempo di passaggio", ma ha
un tema condiviso tra tutte le canzoni, che il gruppo spiega così:
"Tempo di passaggio è una riflessione libera,
non didascalica, sul tempo che viviamo: difficile, diviso, per
molti versi oscuro eppure entusiasmante. Un tempo di crisi della
società, della cultura, dell’arte, di molti progetti
rivelatisi illusori, ma che avrebbe in sé gli elementi
e la potenza per un profondo cambiamento, una rigenerazione individuale
e collettiva".
E così ci sono le trasformazioni della vita
("Canzone di Giugno", "Febbre
alta", "Canzone del fiore
di pietra", "Canzone del mattino"),
il valore salvifico delle canzoni ("Assoluto"),
l’elogio dell'utopia ("Tempo di passaggio").
C'è l’esempio illuminante dei maestri ("Il
buon insegnamento"), il desiderio di disobbedire,
correre il rischio ("Il cane infedele"),
l’esperienza del disorientamento ("Psico
A"). C'è una trilogia dedicata alla
primavera araba ("Piccolo carro di frutta in
fiamme", "Punk Islam",
"Libano"), a partire dalla
storia senza parole di Mohamed Bouazizi e del suo banchetto ambulante
di frutta: la polizia lo sequestra, per l’ennesima volta,
e allora Mohamed protesta, urla la propria rabbia, si da fuoco,
muore. E quel gesto di lotta estrema attraversa il Nord Africa,
il Medio Oriente, si fa rivolta.
Ci sono tanti frammenti e spunti da farne un paio di dischi, perché
è pure un disco lungo, che si dipana in 14 canzoni per
poco più di 50 minuti di musica densa e ben costruita.
Musica impegnativa, ma varia a sufficienza per dare aria agli
scomparti dela nostra mente. Ci sono brani appena accennati, in
punta di dita come "Assoluto":
"Ogni notte una nuova canzone mi spezza il cuore / Che
cosa è che rende umana questa notte gigante / troppo lontana,
troppo più grande? Un confine, una misura a questa notte
gigante / troppo più grande di me / E' una nuova, una nuova
canzone / una nuova, una nuova canzone ... che mi spezza il cuore".
E' una delle canzoni che preferisco, per la delicatezza, per la
rarefazione assoluta, la dolcezza suprema.
Ma non temete, subito dopo c'è "Canzone
del mattino" che invece ricorda gli Acustimantico
storici, con quella deriva sghemba che li portava verso le armonie
balcaniche alla Bregovic. Orchestrina sbilenca, clima circense,
atmosfera da film di Fellini. "Ma se guardo con gli occhi
di chi non si arrende, al mattino ogni cosa, ogni cosa risplende".
Rallentano di nuovo i ritmi con "Il cane infedele",
stimolante canzone soft jazz e metaforica: "Il mio cane
odia i padroni / però lo fa con un suo stile / lo guardi
e lui lo fa capire / scavando per ore in cortile / i resti del
mondo che abbiamo sepolto nel fango". Il testo di Danilo
Selvaggi è geniale a dire poco e la canzone cresce pian
piano. Parte calma come se potesse non andare da nessuna parte
e non avesse assolutamente fretta di andarci e poi prende le mosse
e si impenna in un latrato di sax, prima di spegnersi nell'invocazione:
"Un osso, per favore, al cane mio infedele".
Non c'è niente da fare: quando un disco, oltre che ascoltarlo,
lo si può leggere, significa che siamo alle prese con un
prodotto che ha dei valori aggiunti dentro. I testi di Danilo
Selvaggi hanno quel quid, quell'indefinito nonsoché che
ci porta dentro alle canzoni.
In questo album, dicono ancora gli Acustimantico "c'è
la nostra idea di canzone d'autore e di canzone europea. Il Folk,
il punk rivisitato, la rumba ubriaca. La psichedelia e il free
jazz, i toni malinconici e la frenesia. Ci
sono le meravigliose foto di Mario Giacomelli (grazie a Simone
Giacomelli, per la gentile concessione), che in una vita intera
di artista ha dato immagini al matrimonio tra luce e ombra, tra
giorno e notte, tra ieri e domani.E soprattutto c'è l’idea
che la musica non sia un passatempo ma un tempo di passaggio,
che porta con sé le gioie e i dolori, la voglia di cantare
e ballare il bisogno, a volte intenso, di pensare alla vita. Le
ferite del tempo e le sue medicine".
E "Tempo di passaggio", oltre
che titolo dell'album, è anche il brano che chiude l'album:
"Vi ho sentito cantare una canzone / è la stessa
che canto io / in queti giorni di negazione / in questo tempo di
passaggio. / Parla di un deserto da attraversare / fa l'elogio dei
castelli in aria / ed è qualcosa che mi fa sperare / e che
mi dà coraggio. / In questo tempo diviso / tempo ripiegato
/ tempo di fiori recisi, di cuori sezionati / tempo di un mondo
migliore / tempo di un mondo migliore / se solo avessi l'audacia
di un sogno. // Vi ho sognato su un piccolo battello / è
lo stesso su cui navigo io / per questi fiumi di negazione / in
questo tempo di passaggio / non esiste giorno che non cerchi il
mare / mare aperto dove regna la deriva / perché è
qualcosa che mi fa sperare / e che mi dà un motivo / in questo
tempo perduto / tempo ripiegato / Tempo di pochi minuti, di cuori
sezionati / tempo di un mondo migliore / Se solo avessi l'audacia
di un sogno". La riportiamo tutta, perché ci piace
pensare che c'è chi ha voglia di trovare "l'audacia
di un sogno"
Ma
non è tutto qui. Ho solo passato in rassegna le canzoni
preferite. A cui va aggiunto "Il buon insegnamento"
e sottratto "Punk Islam", cover dei CCCP che serve,
più che altro per fare quadrare la trilogia mediorientale,
ma che è di cifra stilistica così differente da
tutto il resto da disturbare, per quanto gli Acustimantico ce
la mettano tutta per riportarla nel loro alveo. Ma è evidente
che "Punk Islam" non è
cosa loro (ed è pesantemente invecchiata), mentre "Piccolo
carro di frutta in fiamme", che è solo
musica, è al cento per cento un brano del gruppo romano.
Così come la delicata "Libano":
"Sembra ieri che le strade splendevano degli sguardi
dei giovani fieri di scrivere insieme la storia del LIbano / Le
lingue si imitavano, si mescolavano le ombre a mezzaria ci imprigionavano
/ e che gioia trovare ristoro nei liquori del Libano".
Oltre a "Piccolo carro", sono altri due gli strumentali.
Molto brevi, quasi un intermezzo tra una canzone e l'altra: i
40" di "Mare" e i 53"
di "Da un luogo all'altro".
Poi c'è "Psico A",
di cui abbiamo già messo in evidenza il testo. Due righe,
E 7'16" di canzone. Che in pratica diventa quasi un altro
strumentale, dove trombe, viole e violini collaborano, litigano
e si scontrano dopo i primi 2'40" di calma frenata. Da lì
parte una lunga coda strumentale tutta da godere, trascinante,
gonfia, ripiena, tracimante, da cui è bello lasciarsi sommergere.
Un disco degli Acustimantico non si può passare sotto silenzio.
Bisogna leggerlo, capirlo, ascoltarlo, lasciarlo sotto la paglia,
riprenderlo e ricominciare ad ascoltarlo. Potrebbe non colpire
subito al primo ascolto. Bisogna dargliene un altro e un altro
ancora. Imparare a convivere con merli assoluti, merli creativi
che ogni notte fanno "una musica nuova che mi spezza il cuore"
e cani, con cani "sperimentali" e "apocalissi urbane",
tra i fiumi di negazione e i cedri del Libano "di un colore
che vedi soltanto dipinto nei quadri" e poi andarsi a rileggere
la frase finale di "Febbre alta":
"Mi aiutò la confusione / mi aiutò la febbre
alta / a trovare la risposta nella notte più profonda /
ma ho perso la domanda / ho perso la domanda!".