E'
uscito l'ultimo disco di Francesco Guccini. La fine della
carriera: "L'ultima Thule". "Meglio andarsene
quando ancora si riescono a fare canzoni così. Niente
concerto d'addio. Ora leggo"
28/11
- La "location", come si dice adesso con un termine
che a Guccini non piacerebbe, era la più indicata.
Una balera a Porta Venezia a Milano, all'interno dell'Associazione
combattenti e reduci, dove si va a giocare a carte in compagnia
o a bigliardo con gli amici. "Sabato - avvisava un
cartello sul muro - si mangia e si balla!" Nella sala
da pranzo, più in fondo, occhieggiano a vista stoviglie
color nostalgia. Francesco pacato e solo un attimo stanco
di rilasciare interviste, si concede tranquillo. "Ma
non stupitevi se a metà mi trasformerò in
un mostro orrendo". Chiede solo che le domande siano
"rapide, ficcanti, efficaci". Detto e fatto.
Secondo te, Francesco, uno che riesce a scrivere una bella
canzone come “L’ultima volta” deve davvero
smettere di fare dischi?
Meglio smettere quando si riesce ancora
a fare queste cose. Avevo deciso che sarebbe stato l’ultimo
e così è stato. Se pensate da quanti anni
sono passati dall’ultimo che ho fatto … cos’era
“Stagioni?”
No,
“Ritratti”
“Ritratti”,
è vero. Sono passati 7/8 anni, quindi vuol dire che
la produzione di canzoni si è rallentata moltissimo.
Quindi vuol dire che ormai era ora di fare queste nuove
canzoni che penso mi siano venute bene.
Già
in “Eskimo” però avevi detto “tanto
eran le ultime oramai!”
Erano
le ultime per quella ragazza lì. Era rivolta al personaggio
femminile della canzone. "Per farle sentire a te, mia
cara".
Francesco,
ma è l’ultimo album o sono proprio le ultime
canzoni?
E'
l’ultimo album e anche le canzoni e i concerti sono
finiti. Avevo detto tanti anni fa a Riccardo Bertoncelli,
che era venuto a casa mia … gli avevo manifestato
l’intenzione di scrivere soltanto. Perché gli
avevo detto: “se penso di andare su un palcoscenico
a sessant’anni - quindi ne avevo meno di sessanta
- mi vergognerei”. Adesso ne ho 72, quindi a maggior
ragione. Eppure non avevo ancora pubblicato niente. Adesso
scriverò. Sto parlando con Loriano Machiavelli di
un nuovo giallo, ma stare sul palcoscenico un’ora
e mezza non è più il mio mestiere. Non ho
più il fisico … Ci vuole il fisico per andare
sul palco.
Bene,
adesso volete che vi racconti io qualcosa?
Nella
“Canzone di notte numero 4” racconti che finalmente
hai pace. E’ anche per questo che smetti di scrivere?
Perché è dalla tensione che esce l’ispirazione?
Sono
due cose diverse. Nel senso che la mia vita è cambiata
molto da quando sono tornato a vivere a Pavana. In città
tutte le sere le passavo con gli amici in una trattoria
vicino a casa a giocare a carte fino alle 3 o alle 4 del
mattino. Carte italiane: tresette, scopone, il tarocchino
bolognese, che non è quello piemontese. A Pavana
voi immaginate facilmente quale può essere la vita
notturna. E’ leggermente ridotta. Si va a letto verso
mezzanotte, l’una. Tutto un altro ritmo Si vive una
vita differente. Poi quello che influisce è l’età,
che aumenta, il pensare ai tanti amici che si sono persi
per strada e canzone di notte va indietro nel tempo a quando
questo mulino viveva ancora. Adesso i miei cugini lo hanno
trasformato in un bed and breakfast per gucciniani. Questo
luogo mitico della mia infanzia con la battola che ritmava
la macinatura. Le castagna fanno un fruscio nella macina,
ma la battola fa un rumore continuo, come il rumore del
Limentra, il fiume che di giorno si sente appena, ma che
di notte fa un rumore bestiale. Insomma è il richiamo
del ritorno all’infanzia e dall’infanzia al
presente. Al mio presente. Di notte, guardare le coste dei
monti che sembrano un presepe, di quei presepi fatti dai
ragazzi con le casine e le lucine dietro. E poi c’è
l’ultima Thule che è l’ultima esperienza,
l’approdo, la nave che arriva in questa località
del nord, misteriosa, mitica. Che non ha nulla a che vedere
con l’ultima Thule ariana. Io, come è noto
sono particolarmente bello, ma soprattutto biondo. E quindi
sarei il perfetto tipo dell’ariano. Sento un mormorio
di disappunto quando dico questo. Ma io sono convinto di
essere così.
"Non
ci sarà un ultimo concerto. Non ci sarà un
finale clamoroso. Meglio finire in silenzio, tranquillo,
meglio andarsene via a passi lenti e silenziosi. Che fare
il ciocco dire adesso finisco no, non è nelle mie
corde. Allontanarsi a poco a poco e come dice l’Ultima
Thule “Essere a poco a poco e se dio vuole dimenticato”.
"L’Isola
non trovata l’ho fatta che avevo 29/30 anni e aveva
una grande speranza nella vita che avevo davanti e anche
nelle canzoni. Non c’è tanto il tempo che passa,
quanto il senso dell’arrivo del tempo passato. Questo
nocchiero che dice sono rimasto in questa nave senza ciurma.
Non esiste più la vita di un tempo. Le vele sono
afflosciate e allora decido di partire ancora,. Di fare
vela a ncora e perdermi nell’estremo Nord, come luogo
mitico e lontano. Perso in mezzo al ghiaccio, a questa fine
infinita. Alla fine di me si perderà anche il ricordo.
Sono due cose molto diverse. Come mai, io che sono montanaro,
parlo tanto del mare? Perché ne parlo da montanaro,
come di una cosa lontana. Diventa un posto mitico di non
conoscenza-. Ecco perché quest’ultimo viaggio.
L’isola non trovata era invece un luogo fantastico,
di fantasia, di possibilità. ".
"Da
tempo pensavo a una canzone sull’ultima volta. Quante
volte nella vita abbiamo fatto una cosa per l’ultima
volta, senza saperlo. Magari poi guardandoti indietro pensi,
ma guarda l’ultima volta l’ho fatto allora.
E’ qualcosa di simbolico, che non capiamo bene. L’ultima
volta deve finire con l’ultima volta vera, l’ultima
volta nella vita. La vera ultima volta. C’è
dentro di me questo fiume che scorre che va. Tutto scorre,
come la vita che finisce e ricomincia da altre persone".
"Le
mie canzoni non le ha mai volute nessuno (qui Guccini però
si dimentica dell'album tributo che gli hanno appena dedicato
I Luf - NdR). Sì ci sono stati i Nomadi e due canzoni
per l’Equipe 84. Poi ho proposto sempre cento anni
fa “Un altro giorno è andato”, ma non
l’hanno presa e Vandelli ha sentenziato: “Guccini
non ha più nulla da dire”. Sì, hanno
inciso Dio è morto la Vanoni, la Mannoia, Celentano
ha fatto “Vita” ed Enrico Ruggeri “Incontro”,
ma poca cosa. Si vede che vengo considerato (e non mi dispiace
esserlo) un po’ marginale. Non sono un autore di canzoni
tradizionale. Ci sono altri che lo fanno molto meglio di
me. Anche se devo dire una cosa: la discografia sta finendo,
si sta esaurendo. Non ci sono più negozi di dischi.
Adesso i dischi si vendono al supermercato. Una volta c’era
un negozietto per ogni paese. Ora c’è internet:
mi parlavano del pre-order che sono le prenotazioni. Mi
fanno: “Coi pre-order siamo primi in classifica”.
Ah, bene. E quanti ne abbiamo venduti? “150 copie!”.
Sentite, sappiatemi dire alla fine quanto abbiamo fatto
e buonanotte. Il cantautore quindi è un mestiere,
come tanti altri, che sta scomparendo. Su internet si copia
tutto e ci saranno solo i cantautori di condominio che faranno
i dischi per il loro caseggiato, con una festa giù
in lavanderia e buona notte. Non ci sono più i produttori
che vanno in giro per le sale da ballo a cercare i talenti".
"Io
non ascolto quasi niente. Anzi, direi che non ascolto niente.
Ascolto in macchina e chiedo di toglierlo. Come non suono
quasi più la chitarra. Non sono più capace.
Ammesso che sia stato capace. E’ una parte della mia
vita che ho dimenticato, quella della musica. Ma questo
succede a molti".
Quando parli di un grappolo di illusioni che svaniscono
nella memoria, riferendoti alle canzoni ci credi davvero
o per uno che è stato l’autore di “Dio
è morto” che dopo 50 anni è ancora cantata
e conosciuta è una forma di understatement?
"E’
understatement sicuramente, ma ci credo anche. Non può
durare più di tanto. Orazio, il poeta latino ha scritto:
“ho eretto un monumento più duraturo del bronzo
e più immortale dell’immortale mole delle piramidi”.
Io non credo che farò quella fine liì. i miei
monumenti siano più duraturi del bronzo qualcuno
se li ricorderà forse come frammenti di canzoni che
fanno parte della vita di ognuno di noi, perché ognuno
di noi ricorda un certo numero di canzoni legati a un certo
numero di episodi, ma non sono molto più che grappoli
nella memoria".
"La
cosa che mi fa più piacere in questo momento è
leggere. Leggo, leggo, leggo. E’ un ottimo modo per
passare il tempo. Ho letto l’ultimo Camilleri, un
romanzo di Laura Pariani. Ho sulla scrivania il giallo di
Enrico Ruggeri, non ho ancora letto quello di Gianni Mura.
Un grande libro sui cantastorie. L’ultimo romanzo
di Loriano Machiavelli e il libro di Cazzullo. Il mio nuovo
libro con Machiavelli si svolge ai giorni nostri e segue
le avventure di questo nuovo personaggio che abbiamo inventato,
Marco Gherardini, detto Poiana, ispettore della forestale".
"L'ultima Thule"
I
critici invecchiano. Quelli musicali prima degli altri. E i cantautori
pure. Bertoncelli, il sulfureo Bertoncelli che scrisse "non
capisco perché Guccini continui a far canzoni" e si
prese di risposta "L'avvelenata", é un tranquillo
signore di 60. Mario Luzzatto Fegiz ha raggiunto quasi i 70 e la
pace dei sensi (critici) e anche noi ci avviciniamo a larghi passi
alla sesta decina. Quando si invecchia assieme al tuo cantautore
di riferimento come puoi sperare di fare recensioni che siano critica
pura? E' evidente che il messaggio viene falsato non dal mezzo,
ma dalla vita. Guccini è stato il fratello maggiore che non
abbiamo avuto. Quello che ci ha entusiasmato con "trionfi la
giustizia proletaria" e che ci ha deluso con "stare a
letto il giorno dopo è forse l'unica mia meta". Poi
era evidente che Guccini giocava all'Oblomov di provincia (tratto
in comune con De André) e che c'era tutto il piacere del
flaneur, quando non dell'aspirante maledetto nel tirarsi fuori quando
tutti pretendevano impegno senza soste, 24 ore al giorno. Poi però
Guccini i concerti militanti li faceva e li ha sempre fatti.
Adesso
siamo di fronte a un album nuovo. I
numeri suggeriscono che sia il 16esimo album di studio di Francesco
e le canzoni tra la 128 esima e la 136esima. Ma se usciamo dalla
logica dei numeri non c'è dubbio che questo sia soprattutto
l'ultimo album di Francesco Guccini. E non nel senso del più
nuovo, ma proprio l'ultimo. La corsa iniziata con "Folk Beat
n.1" nel 1967, finisce con "Folk beat n.12" nel 2012.
Che sono comunque la bellezza di 45 anni dopo la partenza (falsa
partenza in realtà. "Dio è morto" è
antecedente, del 1965 e "Auschwitz" del 1966". E'
vero, Bob Dylan ha celebrato i 50 anni in canzone, ma è un
caso raro anche in America. I 45 anni di canzoni di Guccini sono
ben più di una vita: un marchio "di speciale disperazione"
che ha comunque segnato una decina di generazioni. Con "L'ultima
Thule" si mette un punto e a capo. E allora, ancora una volta
mi chiedo, come si fa a recensire Francesco Guccini, quando l'unica
cosa che mi viene in mente è di dirgli grazie. Grazie per
tutto quello che ci hai dato e hai voluto condividere con noi. Grazie
per le "stoviglie color nostalgia", per "i ciuffi
di parietaria attaccata ai muri", per i "ruffiani e mezze
calze, feroci conduttori di trasmissioni false", per le "vetrate
viola" e le "vecchie suore nere" e il "bastardo
posto". Grazie per le danze "con Snoopy e con Linus",
per esserti fatto vedere "grande e grosso coi fumetti",
per aver raccontato "piccole storie ignobili". Grazie
per Nel sole dei cortili i tuoi fantasmi giovanili corron dietro
a delle Silvie beffeggianti" e per "Trasudano le schiene
schiantate dal lavoro, son per la terra mirra, l' oro e incenso.
Sembra che sia nel vento su fra la palma somma il grido del sudore
e della gomma". E potremmo andare avanti ancora a lungo.
Non
so dire, non ancora, se anche qualcuno dei pezzi di questo album
entrerà nel pantheon dei capolavori gucciniani, ma mi viene
naturale pensare che almeno due abbiano "la stigmate",
come dice il vate di Pavana: "L'ultima volta"
e "Gli artisti".
Lui che, con
una chitarra in mano o un martello o una sega o magari una zappa
o dei chiodi
"Fabbrico
sedie e canzoni,
erbaggi amari, cicoria,
o un grappolo di illusioni
che svaniscono dalla memoria,
e non restano nella memoria".
Ma non è
vero. Restano, restano nella memoria. E resteranno a lungo. Molto
più a lungo le canzoni che non i libri. O meglio. alcune
canzoni, rispetto a tanti libri. Tra queste canzoni, quelle di Guccini.
(segue)