Presentato
al Teatro Elfo Puccini di Milano "Sessanta", nuovo
cd triplo con 5 inediti
Il cantautore milanese, prossimo alla scadenza dei 60 anni,
presenta il brano di Sanremo
03/02
- "Grazie
di essere intervenuti così numerosi. E' da tanto
che non facevo il pieno", scherza Eugenio Finardi alla
conferenza stampa milanese di presentazione del nuovo album
"Sessanta" e del brano che andrà al Festival
di Sanremo: "E tu lo chiami Dio". "Sessanta"
è un triplo cd che contiene ben cinque inediti, più
una versione alternata di un brano nuovo e la riproposizione
con nuove orchestrazioni dei vecchi successi del cantautore.
Si inizia ascoltando i brani: il nuovo arrangiamento di
"Musica ribelle" non è molto differente
da quello storico. Vengo colpito da un flash: "Musica
ribelle" è ormai storia! Non l'avrie mai creduto
35 anni fa! Sembrava una canzone "Usa e getta",
come ha detto lo stesso Finardi poi, "funzionale al
movimeto" e invece è diventata storia del rock
italiano e pure esempio di una bella pagina particolare.
Tra le canzoni nuove colpisce poco "Nuovo
umanesimo", quella su cui invece si punta,
tanto da presentarla in due versioni: una di Finardi e una
di Max Casacci che, per l'occasione riscrive anche una parte
di testo: ha qualcosa di vecchio nella costruzione. Però
finisce con una bella frase: "Non è questo il
futuro / il futuro che sognavo / quando ancor aavevo / un
futuro da sognare". Più interessante "Maya",
sempre col testo rivisto da Max Casacci. "Why?"
è un bluesaccio che cita, intenzionalmente o meno
i Led Zeppelin, mentre "Passerà",
canzone nata all'ukulele, con testo di Zibba, è una
vera chicca gioiosa, il brano che colpisce di più.
NIente brano di Sanremo per non incorrere nelle rogne con
la Commissione selezionatrice del Festival. Un Finardi in
gran forma comunque, sereno e contento di essere attorniato
da una bella band. "Abbiamo suonato come si suonava
una volta. Perché fare questo disco "Sessanta"?
Anche perché mi sono reso conto in quest'ultimo anno,
suonando con una band di ragazzi molto giovani, più
giovani delle mie canzoni, che avevano un atteggiamento
molto rispettoso verso il sound delle mie canzoni. Quasi
filologico. E ne veniva fuori un suono che aveva radici
nella storia, ma si proiettava nel futuro". Giovanni
Maggiore, il chitarrista della band, spiega che i pezzi
solistici di Camerini o Lucio Bardi "avevano sonorità
che è stato difficile sentire negli anni successivi.
Certe parti sono proprio uniche: hanno una frenesia, un
urgenza, un
nervosismo, un appeal che è difficile trovare nella
musica di maniera. C'erano personalità: C'era un
modo di vivere la musica impulsivo. Per noi è stato
un onore suonare con Finardi e le canzoni le abbiamo sentite
nostre fin dalla seconda prova".
"Io fino a cinque mesi -
spiega Eugenio - fa non sapevo che sarei andato a Sanremo
e quindi ho dovuto affrettare la produzione di questo disco
per sfruttare adeguatamente questo paloscenico. Ho condiviso
questo disco anche con Filippo Dal Corno e Carlo Boccadoro
dell'ensemble Sentieri selvaggi. Carlo vbleva assolutamente
suonare in un disco della Cramps, come è tornato
ad essere questo "Sessanta". La Cramps è
stato un po' un sigillo di un'eèpca irrepetibile"
"Sanremo
per me è un guado. Cammino sulle pietre, cercando
di non cade di sotto. Dove mi porterà? (scherza)
Forse all'Eurofestival? A Las Vegas? A New York?
Ho cercato di dare al brano di Sanremo il più alto
profilo possibile, dato anche il tema di cui si tratta che
è il sacro: il sacro vissuto da un non-credente,
però convinto come sono che la grazia, la trascendenza,
la spiritualità siano dell'uomo, siano necessità
umane che uniscono tutti gli uomini e che invece inq uesto
periodo sembrano fattori di divisione. Passo a Sanremo cercando
di fportare dei valori di apertura e di unità tra
le anime dell'uomo. E in questo senso va interpretato anche
l'invito di cantare assieme a Noa venerdì a Sanremo
"Torna a Surriento": lei lo canta in napoletano
ed io in inglese. Essendo di passaporto americano ho potuto
farlo".
""Mi
é sempre piaciuto lavorare con gente giovane. Buona
parte del gruppo che suonava con De André aveva iniziato
con me. Così con Roberta Di Lorenzo ho intuito subito
le sue qualità. E l'ho promossa come editore. L'ho
portata al Festival e io piccolo editore sono contento di
essere finito tra i magnifici 14. L'ho proposta questa canzone
("E tu lo chiami Dio") a diversi cantanti, tra
cui Morandi e lui mi fa: "ma perché non la canti
te?" E a Morandi non si può dire di no. Ë
una canzone spirituale. Un dialogo. Che apre alla tolleranza.
Cantandola mi commuovo, anche per la bellissima orchestrazione
di Filippo Dal Corno. Io "passo" da Sanremo, come
sono passato dal fado, al blues, alla musica contemporanea.
E' per questo che chiamo il mio ultimo periodo "cantautorato
estremo", un continuo misurarmi con nuove sfide"
"C'è
una doppia collaborazione con Max Casacci dei Subsonica
per "Nuovo umanesimo" e per "Maya".
La collaborazione con Max era nell'aria da un anno. Si è
concretizzata perché avevo un pezzo incompleto,
che era "Nuovo umanesimo". Con la band una seera
abbiamo buttato giù un appunto dell'idea e quella
prima take aveva una magia che non ho più voluto
toccare. Poi Max ha fatto la sua versione e io le ho lasciate
tutte e due nel disco. Con "Maya" è stato
diverso. Avevo questo brano con un testo che non mi piaceva,
che non funzionava. Tutto nasce dal fatto che mia figlia
ha paura della profezia dei Maya sulla fine della terra.
Ho chiamato disperato "Max, aiutami!" e lui a
fatto il testo".
"Il cantante al microfono"
Alzi
la mano chi ha ascoltato questo disco per intero. Alzi due mani
chi lo ha apprezzato per intero e ne alzi tre chi si è entusiasmato.
Il risultato potrebbe tendere a uno: Sergio Secondiano Sacchi, deus
ex machina dell'intera operazione (compresa la targa Tenco?). Volete
una controprova? Provate a chiedere in giro: non troverete uno,
dico uno dei principali critici musicali che affermi che questo
disco gli sia piaciuto. "E' un'opera degna", "Culturalmente
importante", "Ha avuto coraggio", "ha dimostrato
eclettismo". Ma se guardate bene lo stesso Finardi in diverse
interviste si è scagliato contro le canzoni fatte di solo
testo e niente musica.(segue)
Eugenio
Finardi: "Anima Blues" "Con questo lavoro speriamo
di poter essere accolti sulle sponde del Mississippi tra quelli
che fanno blues" ha detto ancora Finardi e, sinceramente, da
parte mia ho pochi dubbi che la richiesta possa essere respinta.
Ottimo il suono affidato, oltre che alle chitarre di Finardi, a
chitarra e slide di Martellotta, all'organo Hammond rigorosamente
vintage di Pippo Guarnera e alle drums & percussion di Vince
Vallicelli, vecchi corsari dell'arena rock, già Napoli Centrale.
. (Segue)
Eugenio Finardi, Marco Poeta, Francesco Di Giacomo: "Fado"
- È così bello poter parlare bene di un buon disco
che è davvero un peccato non poterlo fare sempre. Ma questa
volta il colpo è basso: mi hanno preso sul sentimento. Per
uno che ha "l'anima di fado" già al naturale, un
disco taliano che si intitoli "O fado" e che contenga
18 piacevolissime canzoni è veramente un attentato sentimentale.
E così eccomi ancora con il cuore portoghese a parlare di
un grande disco. Grande e inatteso. Forse tanto più grande
perché inatteso. (Segue)
Eugenio Finardi
è una persona che ha del coraggio. Abbandonato ormai da un
po’ di tempo il coté da cantautore (l’ultimo disco
suo è “Accadueo” del 1998), Eugenio si ricicla
come cantante di valore, ogni tanto in grado di piazzare ancora la
“zampata” autorale, nel 2001 con “Fado” assieme
a Marco Poeta e oggi con “Lo spirito e il silenzio”. Che
non è un disco facile. E nemmeno interamente riuscito. Ma è
un lavoro con una forza interna e con alcuni episodi di grande spessore.