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Le Bielle Eventi 2012

Eugenio Finardi: «Il guado di Sanremo»

Presentato al Teatro Elfo Puccini di Milano "Sessanta", nuovo cd triplo con 5 inediti
Il cantautore milanese, prossimo alla scadenza dei 60 anni, presenta il brano di Sanremo


03/02 - "Grazie di essere intervenuti così numerosi. E' da tanto che non facevo il pieno", scherza Eugenio Finardi alla conferenza stampa milanese di presentazione del nuovo album "Sessanta" e del brano che andrà al Festival di Sanremo: "E tu lo chiami Dio". "Sessanta" è un triplo cd che contiene ben cinque inediti, più una versione alternata di un brano nuovo e la riproposizione con nuove orchestrazioni dei vecchi successi del cantautore. Si inizia ascoltando i brani: il nuovo arrangiamento di "Musica ribelle" non è molto differente da quello storico. Vengo colpito da un flash: "Musica ribelle" è ormai storia! Non l'avrie mai creduto 35 anni fa! Sembrava una canzone "Usa e getta", come ha detto lo stesso Finardi poi, "funzionale al movimeto" e invece è diventata storia del rock italiano e pure esempio di una bella pagina particolare.

Tra le canzoni nuove colpisce poco "Nuovo umanesimo", quella su cui invece si punta, tanto da presentarla in due versioni: una di Finardi e una di Max Casacci che, per l'occasione riscrive anche una parte di testo: ha qualcosa di vecchio nella costruzione. Però finisce con una bella frase: "Non è questo il futuro / il futuro che sognavo / quando ancor aavevo / un futuro da sognare". Più interessante "Maya", sempre col testo rivisto da Max Casacci. "Why?" è un bluesaccio che cita, intenzionalmente o meno i Led Zeppelin, mentre "Passerà", canzone nata all'ukulele, con testo di Zibba, è una vera chicca gioiosa, il brano che colpisce di più. NIente brano di Sanremo per non incorrere nelle rogne con la Commissione selezionatrice del Festival. Un Finardi in gran forma comunque, sereno e contento di essere attorniato da una bella band. "Abbiamo suonato come si suonava una volta. Perché fare questo disco "Sessanta"? Anche perché mi sono reso conto in quest'ultimo anno, suonando con una band di ragazzi molto giovani, più giovani delle mie canzoni, che avevano un atteggiamento molto rispettoso verso il sound delle mie canzoni. Quasi filologico. E ne veniva fuori un suono che aveva radici nella storia, ma si proiettava nel futuro". Giovanni Maggiore, il chitarrista della band, spiega che i pezzi solistici di Camerini o Lucio Bardi "avevano sonorità che è stato difficile sentire negli anni successivi. Certe parti sono proprio uniche: hanno una frenesia, un urgenza,
un nervosismo, un appeal che è difficile trovare nella musica di maniera. C'erano personalità: C'era un modo di vivere la musica impulsivo. Per noi è stato un onore suonare con Finardi e le canzoni le abbiamo sentite nostre fin dalla seconda prova".

"Io fino a cinque mesi
- spiega Eugenio - fa non sapevo che sarei andato a Sanremo e quindi ho dovuto affrettare la produzione di questo disco per sfruttare adeguatamente questo paloscenico. Ho condiviso questo disco anche con Filippo Dal Corno e Carlo Boccadoro dell'ensemble Sentieri selvaggi. Carlo vbleva assolutamente suonare in un disco della Cramps, come è tornato ad essere questo "Sessanta". La Cramps è stato un po' un sigillo di un'eèpca irrepetibile"


"Sanremo per me è un guado. Cammino sulle pietre, cercando di non cade di sotto. Dove mi porterà? (scherza) Forse all'Eurofestival? A Las Vegas? A New York? Ho cercato di dare al brano di Sanremo il più alto profilo possibile, dato anche il tema di cui si tratta che è il sacro: il sacro vissuto da un non-credente, però convinto come sono che la grazia, la trascendenza, la spiritualità siano dell'uomo, siano necessità umane che uniscono tutti gli uomini e che invece inq uesto periodo sembrano fattori di divisione. Passo a Sanremo cercando di fportare dei valori di apertura e di unità tra le anime dell'uomo. E in questo senso va interpretato anche l'invito di cantare assieme a Noa venerdì a Sanremo "Torna a Surriento": lei lo canta in napoletano ed io in inglese. Essendo di passaporto americano ho potuto farlo".

""Mi é sempre piaciuto lavorare con gente giovane. Buona parte del gruppo che suonava con De André aveva iniziato con me. Così con Roberta Di Lorenzo ho intuito subito le sue qualità. E l'ho promossa come editore. L'ho portata al Festival e io piccolo editore sono contento di essere finito tra i magnifici 14. L'ho proposta questa canzone ("E tu lo chiami Dio") a diversi cantanti, tra cui Morandi e lui mi fa: "ma perché non la canti te?" E a Morandi non si può dire di no. Ë una canzone spirituale. Un dialogo. Che apre alla tolleranza. Cantandola mi commuovo, anche per la bellissima orchestrazione di Filippo Dal Corno. Io "passo" da Sanremo, come sono passato dal fado, al blues, alla musica contemporanea. E' per questo che chiamo il mio ultimo periodo "cantautorato estremo", un continuo misurarmi con nuove sfide"


"C'è una doppia collaborazione con Max Casacci dei Subsonica per "Nuovo umanesimo" e per "Maya". La collaborazione con Max era nell'aria da un anno. Si è concretizzata perché avevo un pezzo incompleto, che era "Nuovo umanesimo". Con la band una seera abbiamo buttato giù un appunto dell'idea e quella prima take aveva una magia che non ho più voluto toccare. Poi Max ha fatto la sua versione e io le ho lasciate tutte e due nel disco. Con "Maya" è stato diverso. Avevo questo brano con un testo che non mi piaceva, che non funzionava. Tutto nasce dal fatto che mia figlia ha paura della profezia dei Maya sulla fine della terra. Ho chiamato disperato "Max, aiutami!" e lui a fatto il testo".

"Il cantante al microfono"

Flel coverAlzi la mano chi ha ascoltato questo disco per intero. Alzi due mani chi lo ha apprezzato per intero e ne alzi tre chi si è entusiasmato. Il risultato potrebbe tendere a uno: Sergio Secondiano Sacchi, deus ex machina dell'intera operazione (compresa la targa Tenco?). Volete una controprova? Provate a chiedere in giro: non troverete uno, dico uno dei principali critici musicali che affermi che questo disco gli sia piaciuto. "E' un'opera degna", "Culturalmente importante", "Ha avuto coraggio", "ha dimostrato eclettismo". Ma se guardate bene lo stesso Finardi in diverse interviste si è scagliato contro le canzoni fatte di solo testo e niente musica.(segue)

Eugenio Finardi: "Anima Blues" "Con questo lavoro speriamo di poter essere accolti sulle sponde del Mississippi tra quelli che fanno blues" ha detto ancora Finardi e, sinceramente, da parte mia ho pochi dubbi che la richiesta possa essere respinta. Ottimo il suono affidato, oltre che alle chitarre di Finardi, a chitarra e slide di Martellotta, all'organo Hammond rigorosamente vintage di Pippo Guarnera e alle drums & percussion di Vince Vallicelli, vecchi corsari dell'arena rock, già Napoli Centrale. . (Segue)

Eugenio Finardi, Marco Poeta, Francesco Di Giacomo: "Fado" - È così bello poter parlare bene di un buon disco che è davvero un peccato non poterlo fare sempre. Ma questa volta il colpo è basso: mi hanno preso sul sentimento. Per uno che ha "l'anima di fado" già al naturale, un disco taliano che si intitoli "O fado" e che contenga 18 piacevolissime canzoni è veramente un attentato sentimentale. E così eccomi ancora con il cuore portoghese a parlare di un grande disco. Grande e inatteso. Forse tanto più grande perché inatteso. (Segue)

Eugenio Finardi: "Il silenzio e lo spirito"

Eugenio Finardi è una persona che ha del coraggio. Abbandonato ormai da un po’ di tempo il coté da cantautore (l’ultimo disco suo è “Accadueo” del 1998), Eugenio si ricicla come cantante di valore, ogni tanto in grado di piazzare ancora la “zampata” autorale, nel 2001 con “Fado” assieme a Marco Poeta e oggi con “Lo spirito e il silenzio”. Che non è un disco facile. E nemmeno interamente riuscito. Ma è un lavoro con una forza interna e con alcuni episodi di grande spessore.
 
Conferenza stampa del 03 febbraio 2012
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