"Holy motors" di Leo Carax.
Indefinibile oggetto. Di sicuro cinema. Forse fantascienza
godardiana. Fischiato. Davvero, prima di dire, bisogna
dormirci sopra. Come diceva saggia la mamma.
Reazioni dei critici al film di Carax. Senza mezze misure.
Capolavoro per alcuni. Schifezza per altri. Noi, dopo,
dibattito e recensione lunga.
Business e star. Perché stupirsi? È solo
effetto della vecchia legge della domanda e dell'offerta.
Tutti le vogliono e loro coi loro agenti alzano il tiro.
Ci sono mille testate mille televisioni diecimila siti
e blog. Ciascuno assetato del suo divo. Finché
fanno vendere, si vendono. Al miglior offerente.
Guerra delle stellette su "Screen". La bibbia
dei cinefili e del mercato. In testa come possibili
palme si fronteggiano Mongiu, il regista rumeno, e,
ovviamente Haneke che è piaciuto a tutti.
Scrive Libé. Non è un'edizione mediocre
di Cannes. È la produzione cinematografica mondiale
a esserlo. Qui solo la ovvia ricaduta.
Corrispondenze di Louise fin dalle sette del mattino.
E in tempo reale. Mentre le cose accadono. Si spengono
le luci e andiamo con Kernuac sulla strada. Dallo stesso
regista di "I diari della motocicletta".
"On
the road" di Walter Salles
La
purezza della strada. Le illusioni. Il jazz. La droga.
L'amicizia virile. Le donne scambiate. Un romanzo di
Proust che passa di mano in mano. Tutta la giovinezza
. Salles si tuffa nel mito e ci trascina tutti dentro
con lui. Basta non fare resistenza e perdersi con Sal
e Dean nei fumi del peyote e in quelli non meno pericolosi
della scrittura.
"Ma che lavoro è il tuo? Non hai calli sulle
mani". Lo diceva il padre a Jack Kerouac.
Quello del brasiliano Walter Salles è cinema
del sud, quello che punta tutto sull'emozione. In ogni
caso un gran bel cast. A poi per recensioni più
ragionate su "On the road" e Carax.
Fritto
misto tra toilette del Carlton e autisti "bonazzi"
Al bar del Carlton. Improponibile fauna. Lingua più
parlata il russo. Ci vengo solo perché ci sono
le migliori toilette di Cannes
Anni fa erano meglio. C'era anche la crema per le mani.
Ora solo sapone al bergamotto.
E ragazze davvero stupende. Mi chiedo dove fabbricano
questi modelli. Davvero qui a Cannes le donne più
belle del mondo che fanno impallidire tutte ma dico
tutte le attrici
Anche le auto che vedo qui ci sono solo nei film di
James Bond. Nella vita normale mai
Invece gli uomini più belli sono gli autisti
e i ragazzi della sicurezza
Forse la tempesta se n'e andata. Per la prima volta
da giorni cielo azzurro e sole che tramonta dietro la
cittadella. Si rinasce.
Di
chi è la star? Di chi paga ...
Di chi è la star? Di chi la paga. Eccole quindi
fatte a brandelli, a ciascuno il suo pezzetto. C'è
il film, ovvio. E c'è la promozione, contrattata
a parte, con la complicità di agenti, avvocati
e uffici stampa internazionali (tutti MOLTO pagati).
Tutto ha un prezzo (alto), anche le interviste. Con
costi alle stelle,che vengono divisi Paese per Paese.
Il distributore "compra" il tempo della
star e così le "teste" dei giornalisti
invitati per le interviste costano, con un meccanismo
perverso, anno dopo anno sempre più perverso.
Almeno 750 dollari a cranio le interviste collettive,
quelle definite in gergo junket o round table. Cinque,
sei giornalisti intorno a un tavolo, il divo e un
paio di domande a testa. 1000 l'intervista one on
one. 1500 se sei una tv, perché l'immagine
lo si sa vale di più. I quattrini li sborsa
la distribuzione del paese interessato che a quel
punto sta bene attenta a quali giornalisti invitare.
Quelli che le faranno il miglior servizio, quelli
dei giornali o delle reti tv più potenti. Vogliono
la loro parte anche gli sponsor, ed ecco che nel pacchetto
festival la star ha l'obbligo di essere truccata da
L'Oréal, indossare gioielli Chopard (sono loro
che hanno disegnato la Palma, il gran premio finale)
e via di questo passo. Poi, tutti gli altri. La charity,
ad esempio, business a parte (vorrei vedere quanto
pesano i costi organizzativi e quanto arriva davvero
poi a finanziare a nobile causa). E gli stilisti che
hanno scoperto quanto faccia impennare le vendite
di un abito o una borsa quando è una star a
indossarla, ancora meglio se su un red carper prestigioso
come quello di Cannes. Non sei del giro? Non sei far
gli sponsor ufficiali? Paghi. L'anno scorso Penelope
Cruz ha chiesto 60mila euro a Armani (oltre all'abito
in regalo of course) per indossare una sua creazione.
Armani ha educatamente declinato. Troppo anche per
loro. Non è così fantascientifico il
film di Brandon Cronenberg (figlio di David), Antiviral.
La storia? In un futuro (non così lontano vien
da pensare) si prelevano cellule e sangue alle star
che poi in vari modi le persone comuni si impiantano,
per assaporare anche loro un poco di fama. Il famoso
quarto d'ora di celebrità di cui parlava Andy
Warhol, che però in questo caso non è
personale, ma rapito. Anche se il film poi conclude
"La celebrità è un'illusione".
Sarà, per alcuni però ha lo stesso bilancio
di uno stato africano. Ma non è mai in passivo