Una Brigata di memoria, di cultura, di utopie,
di speranze, d'informazione, dell'uomo.


Scarica le canzoni per la pace
BiELLE Eventi

Cannes al vento


Festival 2012

"Con un pastis dal Palais" - Settima giornata

Carax, tra capolavoro e schifezza
di Louise Brooks

"Holy motors" di Leo Carax. Indefinibile oggetto. Di sicuro cinema. Forse fantascienza godardiana. Fischiato. Davvero, prima di dire, bisogna dormirci sopra. Come diceva saggia la mamma.

Reazioni dei critici al film di Carax. Senza mezze misure. Capolavoro per alcuni. Schifezza per altri. Noi, dopo, dibattito e recensione lunga.

Business e star. Perché stupirsi? È solo effetto della vecchia legge della domanda e dell'offerta. Tutti le vogliono e loro coi loro agenti alzano il tiro. Ci sono mille testate mille televisioni diecimila siti e blog. Ciascuno assetato del suo divo. Finché fanno vendere, si vendono. Al miglior offerente.

Guerra delle stellette su "Screen". La bibbia dei cinefili e del mercato. In testa come possibili palme si fronteggiano Mongiu, il regista rumeno, e, ovviamente Haneke che è piaciuto a tutti.

Scrive Libé. Non è un'edizione mediocre di Cannes. È la produzione cinematografica mondiale a esserlo. Qui solo la ovvia ricaduta.

Corrispondenze di Louise fin dalle sette del mattino. E in tempo reale. Mentre le cose accadono. Si spengono le luci e andiamo con Kernuac sulla strada. Dallo stesso regista di "I diari della motocicletta".







"On the road" di Walter Salles

La purezza della strada. Le illusioni. Il jazz. La droga. L'amicizia virile. Le donne scambiate. Un romanzo di Proust che passa di mano in mano. Tutta la giovinezza . Salles si tuffa nel mito e ci trascina tutti dentro con lui. Basta non fare resistenza e perdersi con Sal e Dean nei fumi del peyote e in quelli non meno pericolosi della scrittura.

"Ma che lavoro è il tuo? Non hai calli sulle mani". Lo diceva il padre a Jack Kerouac.

Quello del brasiliano Walter Salles è cinema del sud, quello che punta tutto sull'emozione. In ogni caso un gran bel cast. A poi per recensioni più ragionate su "On the road" e Carax.



Le giornate precedenti
Prima giornata: "Louise torna sui suoi passi"
Seconda giornata: "Odio l'acqua"
Terza giornata: "L'esorcismo finito male"
Quarta giornata: "Due ore e sette minuti di strazio"
Quinta giornata: "La storiellina (noiosa) di Kiarostami"
Sesta giornata: "Brad Pitt riporta il sole sulla Croisette"

Fritto misto tra toilette del Carlton e autisti "bonazzi"

Al bar del Carlton. Improponibile fauna. Lingua più parlata il russo. Ci vengo solo perché ci sono le migliori toilette di Cannes


Anni fa erano meglio. C'era anche la crema per le mani. Ora solo sapone al bergamotto.

E ragazze davvero stupende. Mi chiedo dove fabbricano questi modelli. Davvero qui a Cannes le donne più belle del mondo che fanno impallidire tutte ma dico tutte le attrici

Anche le auto che vedo qui ci sono solo nei film di James Bond. Nella vita normale mai

Invece gli uomini più belli sono gli autisti e i ragazzi della sicurezza


Forse la tempesta se n'e andata. Per la prima volta da giorni cielo azzurro e sole che tramonta dietro la cittadella. Si rinasce.


Di chi è la star? Di chi paga ...

Di chi è la star? Di chi la paga. Eccole quindi fatte a brandelli, a ciascuno il suo pezzetto. C'è il film, ovvio. E c'è la promozione, contrattata a parte, con la complicità di agenti, avvocati e uffici stampa internazionali (tutti MOLTO pagati). Tutto ha un prezzo (alto), anche le interviste. Con costi alle stelle,che vengono divisi Paese per Paese. Il distributore "compra" il tempo della star e così le "teste" dei giornalisti invitati per le interviste costano, con un meccanismo perverso, anno dopo anno sempre più perverso. Almeno 750 dollari a cranio le interviste collettive, quelle definite in gergo junket o round table. Cinque, sei giornalisti intorno a un tavolo, il divo e un paio di domande a testa. 1000 l'intervista one on one. 1500 se sei una tv, perché l'immagine lo si sa vale di più. I quattrini li sborsa la distribuzione del paese interessato che a quel punto sta bene attenta a quali giornalisti invitare. Quelli che le faranno il miglior servizio, quelli dei giornali o delle reti tv più potenti. Vogliono la loro parte anche gli sponsor, ed ecco che nel pacchetto festival la star ha l'obbligo di essere truccata da L'Oréal, indossare gioielli Chopard (sono loro che hanno disegnato la Palma, il gran premio finale) e via di questo passo. Poi, tutti gli altri. La charity, ad esempio, business a parte (vorrei vedere quanto pesano i costi organizzativi e quanto arriva davvero poi a finanziare a nobile causa). E gli stilisti che hanno scoperto quanto faccia impennare le vendite di un abito o una borsa quando è una star a indossarla, ancora meglio se su un red carper prestigioso come quello di Cannes. Non sei del giro? Non sei far gli sponsor ufficiali? Paghi. L'anno scorso Penelope Cruz ha chiesto 60mila euro a Armani (oltre all'abito in regalo of course) per indossare una sua creazione. Armani ha educatamente declinato. Troppo anche per loro. Non è così fantascientifico il film di Brandon Cronenberg (figlio di David), Antiviral. La storia? In un futuro (non così lontano vien da pensare) si prelevano cellule e sangue alle star che poi in vari modi le persone comuni si impiantano, per assaporare anche loro un poco di fama. Il famoso quarto d'ora di celebrità di cui parlava Andy Warhol, che però in questo caso non è personale, ma rapito. Anche se il film poi conclude "La celebrità è un'illusione". Sarà, per alcuni però ha lo stesso bilancio di uno stato africano. Ma non è mai in passivo


Un paio di video: "Holy motors" di Leos Carax

"On the road" di Walter Salles

HOME