La saga di Malaussène di Daniel Pennac diventerà
un film. Alla regia Nicolas Bary, protagonisti, Raphael
Personnaz e Bérénice Bejo (la fanciulla
di "The Artist").
Ashton Kutcher sarà invece Steve Jobs. E una
signora. Anzi una signorina. Brava. Mélanie Laurent
sarà la protagonista del film tratto da "Lettera
a una sconosciuta" di Stefan Zweig. Una storia
d'amore fiammeggiante. E impossibile.
E Hugh Jackman Jean Valjean in un nuovo film su "I
miserabili". Ispirato però al musical (Hugh
ha una voce bellissima)
Freddo vento tempesta. Impossibile anche tenere aperto
l'ombrello. E se andassi a giocare alle slot machine?
Il casinò è qui a fianco. Al caldo. Al
coperto e magari si vince anche ...
Presse blanche, rose pastillée, rose, blue, jaune.
invitations, cinéphiles, marché. Poco
importa. Vince l'égalité. Tutti in fila
sotto la pioggia che non ne vuole sapere di fermarsi.
Freddo freddo. Ancora di più qui immobili. E
tutto per Kiarostami che gira in Giappone. Una ragazza
incontra un uomo anziano. Lost in translation ? Al sapore
di ciliegia? Che gli dei ci assistanon e tengano lontane
le polmoniti!
Ogni anno un tema. Quest'anno compleanni e torte. Sulla
scia del poster di Marilyn tante altre immagini. La
più bella il taglio della torta di Rita Hayworth
con un giovanissimo Orson Welles. Lei con abito da sera
monospallina lui giacca senza niente sotto. E aria innamorata
e felice.
"Amour
(Love) " di Micheal Haneke
Due
ore e sette minuti di strazio: Haneke racconta la fine.
Quando si muore, si muore soli, Anne e fortunata, perche
ha un marito che la ama da sempre, ma neppure questo
basta a morire piu serenamente. Forse la morte serena
non puo mai esserlo. Forse accadeva un tempo, quando
lasciare il mondo era vissuto come qualcosa di piu naturale
e collettivo. E si moriva piu semplicemente perché
la medicina, arma a doppio taglio, era meno invasiva
col suo accanimento nel tenerti in vita anche quando
non ne puoi piu.
Jean Louis Trintignant e Emmanuelle Riva sono una coppia
di vecchi - ebbene si, chiamiamo le cose con il loro
nome - affettuosi e ancora teneri, legati dalla comune
passione per la musica. Sono discreti nel loro amore,
pudichi, riservati. Lei si ammala, prima la paralisi
della parte destra del corpo, poi, tutto il resto. Dove
tutto, significa tutto, quello che probabilmente e identico
in ogni malattia e in cui ogni spettatore che ha vissuto
qualcosa di simile non puo che riconoscersi. Chi si
avvicina alla fine cade, in senso figurato e proprio,
non riesce piu a risollevarsi come se venisse richiamato
verso le viscere delle terra. Torna bambino, ricorda
avvenimenti dell'infanzia, chiede aiuto, si lamenta.
Chiama la mamma, rifiuta cibo e acqua, vuole solo sparire.
Si ribella. Vuole lasciarsi andare e lasciare che gli
altri gli permettano di svanire, finalmente. E poi si
contraddice e si attacca alla vita. Si vergogna di dover
essere accudito, si accascia la prima volta che e costretto
a mettersi un pannolone, a farsi lavare, a essere aiutato
nele funzioni intime. La disperazione della perdita
progressiva dell'autonomia e la percezione del decadimento
sono uno strazio inguardabile che Haneke invece guarda
dritto negli occhi, arrivando fino all'anima e alle
budella, servito da due attori superbi e coraggiosi,
senza risparmiare niente allo spettatore. Bel film?
Si, bel film, ma l'emozione va al di la del giudizio.
E si pensa alla vita e alla morte, al loro essere insicindibilmente
unite, a una possibile soluzione per arginare il dolore.
E ci si convince che non c'e, lo sapevamo che non c'era,
ma ci illudevamo, senza volerci interrogare, infilando
la testa sotto la sabbia, come gli struzzi. Io non voglio
vedere, io non voglio sapere. Non c'e aiuto per chi
non riesce a capire la morte, per chi ancora si dibatte
nel trovarne il senso, chi non ha nessuna fede a cui
fare ricorso e disarmato. Si, un film cosi non era ancora
stato fatto. Se fosse necessario farlo... non lo so,
onestamente non lo so.
"Se arrivi a una certa età, non puoi
essere immune dalla sofferenza"
"Jagten". Ovvero La caccia.
Quella al cervo, passatempo preferito degli uomini del
villaggio. Ma soprattutto caccia a Lucas, quarantenne,
brava e mite persona, separato, un figlio che, perso
il lavoro come insegnante, ha trovato impiego nella
scuola materna del villaggio. Affettuoso coi bambini,
timido, non immagina cosa gli sta per capitare. Per
una serie di circostanze che benissimo il regista (lo
stesso di Festen: ricordate?) concatena, si trova ad
essere accusato, ingiustamente, di abusi su una bimba
di 4 anni. Troppo sconvolto per difendersi, troppo introverso
per ribellarsi, finisce nel gorgo dell'emarginazione,
anche quando le accuse cadranno. Minuti dettagli, psicologia
profonda, una spolverata di alleggerimento sorridente,
che anche nella tragedia si fa spazio, a comporre il
quadro algido del perfetto Nord, dove niente è
così perfetto. Dove il politicamente corretto
rischia di frantumare anche il buon senso. E un altro
film perturbante attraversa gli schermi inquieti della
Croisette, specchio di un mondo che sta perdendo per
strada la serenità?
"Dracula". Dario Argento
gotico. Molto anni cinquanta, colori da cinema scope.
Sembra un film di Roger Corman. Solo più pulp.
Un guizzo. L'intenzione di una mantide verde gigante.
Alla fine un altro omaggio al cinema horror degli anni
d'oro.
Folla. Folla. Per "Dracula" di Dario Argento
tutti in coda un'ora prima.
Continua ad affluire gente. Ma quanti siamo? E le conferenze
sono tutte visibili al sito del festival. Organizzato
naturalmente alla perfezione. In diretta da cannes.
Festival bagnato festival fortunato? Non saprei. Per
me una tragedia. Anche questa sala ormai colma
Quanto a me stasera invece di Kiarostami, imperdibile
con Moretti in giuria, mi vedrei un bel Cannes classic.
"Method to madness of Jerry Lewis".
Siamo in ritardo. Perdiamo la conferenza stampa prevista
per le undici. E siamo svegli dalle sette.
Non sono la sola. Ne ho viste altre tre con la scarpa
bassa di ricambio. Solo le replicanti reggono dodici
ore il tacco quindici.
Impossibile saltare una proiezione perché va
in tilt tutta li giornata. Ecco si entra. Ma la coda
in attesa è ancora lunga. Terza proiezione? E
magari in italia in autunno incasserà cinquecento
euro. Certo aveva vinto la Palma con "Il nastro
bianco" ma anche vero che giornalisti e cinefili
sono una razza a parte.
Niente risate neppure con il film danese. Come da programma
peraltro. Un uomo accusato ingiustamente di avere molestato
dei bambini viene emarginato dalla comunità.
Come potete immaginarlo. Freddo articolato ineccepibile.
E anche questa è andata. Certo la bimba bugiarda
l'avremmo preferita soppressa perché quelle così
meglio non farle crescere. Questo però solo effetto
festival
Tutto col logo esclusivo o de luxe. Suvvia. Meglio piedi
per terra. Vitamin water dovunque. Ma che mania è?
Ci
si può occupare delle rose quando il mondo
brucia?
"Lawless", di John Hillcoat
(il regista di "La strada", film mai arrivato
in Italia). Tratto da "La contea più fradicia
del mondo".
Il
proibizionismo è il Far West del 900. La contea
di Franklin in Virginia negli anni Venti è
una delle più attive nel contrabbando di liquori.
I luoghi ricordano quelli di Il cacciatore, ma ancora
di più quelli di I compari, il magnifico film
di Altman a cui ho continuato a pensare guardando
Lawless. Anche qui ci sono uomini di poche parole,
convinti di poter sopravvivere a tutto, alle guerre,
alle epidemie di colera, figuriamoci al Proibizionismo,
uomini che pensano a se stessi come a leggende che
camminano. E donne che passano loro vicine per caso,
condividendone quella sobrietà tipica di chi
non ha tempo da perdere. E deve sempre guardarsi alle
spalle. Come i tre fratelli Bondurant, due uomini
veri (Tom Hardy e Jason Clarke) e un ragazzino (Shia
Labeouf) che uomo lo diventerà nel corso del
film. Tutto come vi aspettate, la corruzione della
polizia, dove però alla fine a vincere è
la solidarietà della comunità, i gangster,
duri a volte col cuore d'oro e le donne con un passato
di piume e troppi maschi. Sì, tutto come vi
aspettate, ma fatto maledettamente bene e con una
colonna sonora (firmata da Nick Cave come la sceneggiatura)
che vi inchioda. Jessica Chastain, che arriva nel
locale dei tre fratelli, coi suoi capelli di fuoco
e lo sguardo parimenti infiammato si conferma una
delle migliori attrici degli ultimi anni. Guardandola,
non riuscivo a togliermi dalla mente la Julie Christie
del film di Altman e il suo amore disperato per Warren
Beatty. Ma i tempi sono cambiati e oggi il lieto fine
è d'obbligo. Persino in un film dove la rudezza
la fa da padrone. Non abbastanza però per chiudere
male. E in fondo da spettatrice, lo confesso, ne sono
stata anche contenta.
Anche vero che i bookmaker danno Haneke tra i premiati
sicuri. Però qui altro mondo altre regole.
Tutta gente che si e alzata alle sette di una domenica
fredda e che minaccia pioggia per vedere un film che
si annuncia come un pugno dritto al fegato. Fuori
parlo con Nicoletta, ufficio stampa italiano del film,
che commenta con sguardo inequivocabile: "si
è sparsa voce che è un capolavoro".
Non lo sarà secondo me, ma è certo che
ci farà stare male per due ore e sette minuti.
Anche El Pais definisce "Reality", il film
di Matteo Garrone come una commedia agrodolce.
Ancora sotto l'acqua. Se resisto significa che la
tempra c'è. La gente protesta. Ma che cosa
potevano fare gli organizzatori per limitare i disagi
del maltempo? Onestamente non molto. Da domani virus
in sala temo ...
La pioggia aumenta ancora. Meno male che non ho dimenticato
gli Omega 3!
Cielo irrimediabilmente grigio. Palazzi bigi. E tra
poco il red carpet. Molto azzardato per la pioggia.
In campo tutta la creatività del cerimoniale.
Domattina il grande Alain Resnais. Con un film che
parla di morte. La mia ultima febbre la devo a lui.
Troppo stravolta da un suo film. "L'amour à
mort". Correva l'anno 1984