Cannes. Le molte piogge hanno fatto il panorama più
verde Giornata bellissima. Possibile che il tempo peggiori?
Brezza di mare profumi di aioli e pesce. Ora pass.
Coda fin sulle scale per il pass
Babele di volti e lingue. Aria internazionale finalmente
lontano dalle miserie di bottega italiane
Pass rosa. Ottimo accessi garantiti. Coda lunga ma veloce.
"Waterlon" solo un accidente.
Ritirato anche la sacca. Bella da star in vernice nera.
E pure l'acqua San Pellegrino. Sponsor
Bianco e nero. I colori di quest'anno. Come ll manifesto
con Marilyn che sorride e soffia sulle candeline.
Ritirato anche pass terrazza martini sbarcata a cannes
sulla spiaggia del gray d'albion. Niente minimalismo.
Look alla cavalli. Tutto rosso nero e lustrioi. Una
terrazza in latex e tacchi a spillo
Pausa. In uno dei miei ristorantini preferiti. Le riad.
Rue florian alle spalle di rue d'antibes. Ottima cucina
marocchina. E meraviglia in una strada chiusa al traffico.
Se siete da queste parti. Se ci sarete prima o poi non
mancate. E ora l'aroma del tè! Poi cous cous
d'agnello. E nel localino di fronte un sushi il cameriere
invece è brasiliano. Anche grazioso
Confermo. Ottimo posto. Venti euro pranzo davvero buono.
Chiacchiero col proprietario. Metà marocchino
metà russo. La sera danza del ventre. A ballare
un'italiana di orgini corse. Più sensuale di
un'araba dice lui e aggiunge alla gente va data energia
e allegria. I tempi sono grami. Ora in contemporanea
documentario su Polanski che esce subito e l'anno prossimo
in dvd feltrinelli che sono bravi e attenti. Ma io vado
a lustrarmi gli occhi con Wes Anderson. Il film, vediamo.
Ma l'estetica sarà di sicuro salva.
La guerra dei bottoni formato Tenenbaum. Ma l'estetica
più che salva. A seguire recensione ragionata
"Moonrise
Kingdom"
Sembra di vederli Roman Coppola (figlio di Francis Ford
e fratello di Sofia) e Wes Anderson, amici di e da sempre,
a ricordare la loro infanzia, gli scout, il campeggio,
le incomprensioni con mamma e papà e i primi
amori e staresene lì a giocarci sopra, inventando
parole e immagini, come se la memoria fosse fatta di
soldatini di piombo. Nella meravigliosa (se siete nella
linea dell’idemsentire) estetica vintage collaudata
fin dai tempi dei Tenenbaum, si allineano sullo schermo
una serie di quadretti, impeccabili e di strenua simmetria,
dove è perfetta anche l’ultima mattonella
e il fiorellino dell’angolo in basso a sinistra,
quadretti che raccontano la vita su un’isola della
Nuova Scozia, dove tutto scorre – abbastanza –
tranquillo. I ragazzi al campo scout, le famiglie un
po’ pastrocchiate, il poliziotto silenzioso ma
dal cuore d’oro e loro, i protagonisti, due dodicenni
che si innamorano come se fossero grandi. E, con l’ingenuità
limpida di un racconto per ragazzi, una guerra d bottoni
sentimentale, scappano assieme, ripercorrendo con la
perizia di giovani marmotte un sentiero pellerossa nei
boschi. Ogni pedina al suo posto, in un iperrealismo
variopinto e ludico, in cui è perfetta anche
la mantellina in tessuto scozzese tipo plaid e un po’
sghimbescia indossata dal boss degli scout Harvey Keitel,
uno dei tanti supernomi del supercast. Finale esplosivo
con la più grande tempesta che la zona ricordi
(c’era stata per davvero), in cui però
i fulmini servono solo a rinforzare le emozioni e nessuno
si fa male. Lo snobismo della coppia Coppola-Anderson
arriva anche a mettere in scena una voce fuori campo
che è invece un corpo in campo, con tentazioni
brechtiane. Un’estetica ossessiva e un’idea
di cinema potente messe al servizio di una storia di
carta velina, in cui però ci si immerge con tutta
la spudoratezza sentimentale di chi si riconosce in
quella madeleine.
Primavera
araba e Salade du pecheur
E alle sette film egiziano sulla primavera araba e l'amore
tra un tradizionalista e una ragazza rivoluzionaria
e emancipata.
Non tutti i cinefili si lavano. Non è una bella
cosa. E non ha neppure ragionevoli giustificazioni.
E il vicino, io, si rattrista
Campeggia Nanni Moretti presidente della giuria. Sul
catalogo in posa da giovanotto della Versilia. Sulla
copertina di "Le film francais" una delle
bibbie del festival. In ogni caso qui a Cannes presenza
italiana di cui essere orgogliosi. Lui. Garrone. Bertolucci.
E in fondo Dario Argento col suo "Dracula"
non va male
Modesto instant movie sulla primavera araba. Lacrimoso
e populista. Però almeno il coraggio di parlare
dell'oggi. In Italia non lo abbiamo mai. Però
va detto prospettiva politica orginale e interessante.
Facessimo noi ogni tanto un tentativo sull'Italia di
oggi. Chissà se Garrone ci sarà riuscito?
Il film egiziano girato nel mentre degli eventi. Con
nome in codice Mustada per non incorrere nella censura.
Quando il cinema é anche vita e politica
Bellissima la t shirt che regala la rivista Studio con
Marilyn sulla grata con gonna sollevata
Profumo di croissant e città linda e sole vero.
Ma noi si dovrà andare al cinema nella bella
sala Lumiere a vedere come Audiard tratta la Cotillard.
Già so che le fa perdere la gambe. Ma forse trovare
il cuore. In fondo baratto equo
E su ogni struttura del Festival la gigantografia di
Marilyn che spegne la candelina. Candore e felicità.
Così diversa dalla sera degli ultimi scatti di
Stern appena pubblicati in un bel libro Frassinelli.
Tappeto rosso in file ordinate a seconda del colore
del pass. Controlli più morbidi all'entrata.
Passata l'emergenza? Ad esempio non ritirano più
le bottiglie d'acqua. E neppure il cibo. Merito di Hollande?
Audiard. Ruvido sporco come il cinema che mi piace.
Racconta come un legame può nascere. Applausi.
Non esagerati ma applausi. Titoli di coda. (Vedi di
fianco)
Aria di vacanza. Tutti felici al sole a mangiare. Tempo
bello.E mi perdo "Student"
di cui dicono molto bene. Nuova versione di "Delitto
e castigo".
Salade du pecheur. Da Astoux. Sul porto vecchio. Altro
indirizzo da segnare
Alle quattro e mezzo "Paradise".
Sul turismo sessuale femminile in kenya. Film in concorso.
Austriaco. I registi più cattivi e con temi più
spinosi sono sempre e regolarmente belgi e austriaci.
Ci sarà una ragione. Più avanti avremo
Haneke. Austriaco. E di che parla sto film? Incesto.
Che avevo detto?
"De
rouille et d'os (Rust and bone)" - Audiard
A me piace Jacques Audiard, mi piace il suo cinema spigoloso,
la vibrante violenza (pochi sanno raccontarla come lui),
i corpi e le relazioni che nascono dove meno te la aspetti.
La gente chiusa nel suo guscio, come il protagonista
di Il profeta, come la sordomuta Emmanuelle Devo in
"Sulle mie labbra". Qui, va detto e lo ammetto
anche io, dichiarata fan, si pecca per accumulo. Ma
pazienza. Ali (un magnifico Matthias Schoenaerts) è
un clandestino che dal nord arriva in Costa Azzurra,
col figlio di 5 anni al seguito, con cui ha un rapporto
monco e viene ospitato dalla sorella. Fa quel che può,
mette in campo quel che ha. La forza e il corpo, che
usa semplicemente e sbadatamente. Con le parole, con
le emozioni, la dimestichezza è poca, quasi nulla.
Lavora come buttafuori nelle discoteche, fa combattimenti
clandestini che vince, perché la forza è
anche il suo modo per ribellarsi alla fatica del mondo,
è il suo dichiarare "io esisto". Stephanie
(Marion Cotillard, brava, bella e brava) è un'addestratrice
di delfini che trova invece la sua gratificazione in
altro, nell'essere guardata e nel sedurre. Quanto ad
essere sedotta, non ci pensa, non gliene frega nulla
e non le serve. Ma in un incidente al parco acquatico
perde le gambe e tutto cambia. Il rapporto far lei e
Ali cresce piano. Piano. Lui è semplice, senza
pregiudizi, senza pietismi e per certi versi in questo
senso ricorda il badante di Quasi amici. Impagabile
la scena in cui lei, timidamente, affronta il tema del
sesso. Perché fino a quel momento sono amici,
solo amici. Lui, più o meno, le risponde: Se
vuoi, facciamolo. Se ti serve, mandami un messaggio.
Chiedi: "Sei opé (nel senso di operativo)?"
Se lo sono, arrivo". E così è, ovvio
che non basta, ovvio che tutto cambia, ovvio che. Ovvio,
certo, ma Audiard lo racconta in modo non scontato,
affondando nella mistica un po' pasoliniana dell'esaltazione
del sottoproletariato e indugiando sulla rabbia, la
violenza, il calvario del riscatto. Però, questi
eroi dei tempi duri, tempi in cui ci si nutre anche
di spazzatura (lo fanno padre e figlio all'inizio del
film) sono luminosi e il loro vivere alla fine solo
di quel che resta, la violenza i corpi e gli orgasmi,
è un modo forte per raccontare il contemporaneo.