Una Brigata di memoria, di cultura, di utopie,
di speranze, d'informazione, dell'uomo.


Scarica le canzoni per la pace
BiELLE Eventi

Cannes al vento


Festival 2012

"Con un pastis dal Palais"

Louise ritorna sui suoi passi
di Louise Brooks

Cannes. Le molte piogge hanno fatto il panorama più verde Giornata bellissima. Possibile che il tempo peggiori? Brezza di mare profumi di aioli e pesce. Ora pass.

Coda fin sulle scale per il pass
Babele di volti e lingue. Aria internazionale finalmente lontano dalle miserie di bottega italiane

Pass rosa. Ottimo accessi garantiti. Coda lunga ma veloce. "Waterlon" solo un accidente.


Ritirato anche la sacca. Bella da star in vernice nera. E pure l'acqua San Pellegrino. Sponsor


Bianco e nero. I colori di quest'anno. Come ll manifesto con Marilyn che sorride e soffia sulle candeline.

Ritirato anche pass terrazza martini sbarcata a cannes sulla spiaggia del gray d'albion. Niente minimalismo. Look alla cavalli. Tutto rosso nero e lustrioi. Una terrazza in latex e tacchi a spillo

Pausa. In uno dei miei ristorantini preferiti. Le riad. Rue florian alle spalle di rue d'antibes. Ottima cucina marocchina. E meraviglia in una strada chiusa al traffico. Se siete da queste parti. Se ci sarete prima o poi non mancate. E ora l'aroma del tè! Poi cous cous d'agnello. E nel localino di fronte un sushi il cameriere invece è brasiliano. Anche grazioso

Confermo. Ottimo posto. Venti euro pranzo davvero buono. Chiacchiero col proprietario. Metà marocchino metà russo. La sera danza del ventre. A ballare un'italiana di orgini corse. Più sensuale di un'araba dice lui e aggiunge alla gente va data energia e allegria. I tempi sono grami. Ora in contemporanea documentario su Polanski che esce subito e l'anno prossimo in dvd feltrinelli che sono bravi e attenti. Ma io vado a lustrarmi gli occhi con Wes Anderson. Il film, vediamo. Ma l'estetica sarà di sicuro salva.

La guerra dei bottoni formato Tenenbaum. Ma l'estetica più che salva. A seguire recensione ragionata

"Moonrise Kingdom"


Sembra di vederli Roman Coppola (figlio di Francis Ford e fratello di Sofia) e Wes Anderson, amici di e da sempre, a ricordare la loro infanzia, gli scout, il campeggio, le incomprensioni con mamma e papà e i primi amori e staresene lì a giocarci sopra, inventando parole e immagini, come se la memoria fosse fatta di soldatini di piombo. Nella meravigliosa (se siete nella linea dell’idemsentire) estetica vintage collaudata fin dai tempi dei Tenenbaum, si allineano sullo schermo una serie di quadretti, impeccabili e di strenua simmetria, dove è perfetta anche l’ultima mattonella e il fiorellino dell’angolo in basso a sinistra, quadretti che raccontano la vita su un’isola della Nuova Scozia, dove tutto scorre – abbastanza – tranquillo. I ragazzi al campo scout, le famiglie un po’ pastrocchiate, il poliziotto silenzioso ma dal cuore d’oro e loro, i protagonisti, due dodicenni che si innamorano come se fossero grandi. E, con l’ingenuità limpida di un racconto per ragazzi, una guerra d bottoni sentimentale, scappano assieme, ripercorrendo con la perizia di giovani marmotte un sentiero pellerossa nei boschi. Ogni pedina al suo posto, in un iperrealismo variopinto e ludico, in cui è perfetta anche la mantellina in tessuto scozzese tipo plaid e un po’ sghimbescia indossata dal boss degli scout Harvey Keitel, uno dei tanti supernomi del supercast. Finale esplosivo con la più grande tempesta che la zona ricordi (c’era stata per davvero), in cui però i fulmini servono solo a rinforzare le emozioni e nessuno si fa male. Lo snobismo della coppia Coppola-Anderson arriva anche a mettere in scena una voce fuori campo che è invece un corpo in campo, con tentazioni brechtiane. Un’estetica ossessiva e un’idea di cinema potente messe al servizio di una storia di carta velina, in cui però ci si immerge con tutta la spudoratezza sentimentale di chi si riconosce in quella madeleine.

Primavera araba e Salade du pecheur

E alle sette film egiziano sulla primavera araba e l'amore tra un tradizionalista e una ragazza rivoluzionaria e emancipata.

Non tutti i cinefili si lavano. Non è una bella cosa. E non ha neppure ragionevoli giustificazioni. E il vicino, io, si rattrista

Campeggia Nanni Moretti presidente della giuria. Sul catalogo in posa da giovanotto della Versilia. Sulla copertina di "Le film francais" una delle bibbie del festival. In ogni caso qui a Cannes presenza italiana di cui essere orgogliosi. Lui. Garrone. Bertolucci. E in fondo Dario Argento col suo "Dracula" non va male


Modesto instant movie sulla primavera araba. Lacrimoso e populista. Però almeno il coraggio di parlare dell'oggi. In Italia non lo abbiamo mai. Però va detto prospettiva politica orginale e interessante. Facessimo noi ogni tanto un tentativo sull'Italia di oggi. Chissà se Garrone ci sarà riuscito?


Il film egiziano girato nel mentre degli eventi. Con nome in codice Mustada per non incorrere nella censura. Quando il cinema é anche vita e politica

Bellissima la t shirt che regala la rivista Studio con Marilyn sulla grata con gonna sollevata

Profumo di croissant e città linda e sole vero. Ma noi si dovrà andare al cinema nella bella sala Lumiere a vedere come Audiard tratta la Cotillard. Già so che le fa perdere la gambe. Ma forse trovare il cuore. In fondo baratto equo

E su ogni struttura del Festival la gigantografia di Marilyn che spegne la candelina. Candore e felicità. Così diversa dalla sera degli ultimi scatti di Stern appena pubblicati in un bel libro Frassinelli.



Tappeto rosso in file ordinate a seconda del colore del pass. Controlli più morbidi all'entrata. Passata l'emergenza? Ad esempio non ritirano più le bottiglie d'acqua. E neppure il cibo. Merito di Hollande?

Audiard. Ruvido sporco come il cinema che mi piace. Racconta come un legame può nascere. Applausi. Non esagerati ma applausi. Titoli di coda. (Vedi di fianco)

Aria di vacanza. Tutti felici al sole a mangiare. Tempo bello.E mi perdo "Student" di cui dicono molto bene. Nuova versione di "Delitto e castigo".

Salade du pecheur. Da Astoux. Sul porto vecchio. Altro indirizzo da segnare

Alle quattro e mezzo "Paradise". Sul turismo sessuale femminile in kenya. Film in concorso. Austriaco. I registi più cattivi e con temi più spinosi sono sempre e regolarmente belgi e austriaci. Ci sarà una ragione. Più avanti avremo Haneke. Austriaco. E di che parla sto film? Incesto. Che avevo detto?

"De rouille et d'os (Rust and bone)" - Audiard

A me piace Jacques Audiard, mi piace il suo cinema spigoloso, la vibrante violenza (pochi sanno raccontarla come lui), i corpi e le relazioni che nascono dove meno te la aspetti. La gente chiusa nel suo guscio, come il protagonista di Il profeta, come la sordomuta Emmanuelle Devo in "Sulle mie labbra". Qui, va detto e lo ammetto anche io, dichiarata fan, si pecca per accumulo. Ma pazienza. Ali (un magnifico Matthias Schoenaerts) è un clandestino che dal nord arriva in Costa Azzurra, col figlio di 5 anni al seguito, con cui ha un rapporto monco e viene ospitato dalla sorella. Fa quel che può, mette in campo quel che ha. La forza e il corpo, che usa semplicemente e sbadatamente. Con le parole, con le emozioni, la dimestichezza è poca, quasi nulla. Lavora come buttafuori nelle discoteche, fa combattimenti clandestini che vince, perché la forza è anche il suo modo per ribellarsi alla fatica del mondo, è il suo dichiarare "io esisto". Stephanie (Marion Cotillard, brava, bella e brava) è un'addestratrice di delfini che trova invece la sua gratificazione in altro, nell'essere guardata e nel sedurre. Quanto ad essere sedotta, non ci pensa, non gliene frega nulla e non le serve. Ma in un incidente al parco acquatico perde le gambe e tutto cambia. Il rapporto far lei e Ali cresce piano. Piano. Lui è semplice, senza pregiudizi, senza pietismi e per certi versi in questo senso ricorda il badante di Quasi amici. Impagabile la scena in cui lei, timidamente, affronta il tema del sesso. Perché fino a quel momento sono amici, solo amici. Lui, più o meno, le risponde: Se vuoi, facciamolo. Se ti serve, mandami un messaggio. Chiedi: "Sei opé (nel senso di operativo)?" Se lo sono, arrivo". E così è, ovvio che non basta, ovvio che tutto cambia, ovvio che. Ovvio, certo, ma Audiard lo racconta in modo non scontato, affondando nella mistica un po' pasoliniana dell'esaltazione del sottoproletariato e indugiando sulla rabbia, la violenza, il calvario del riscatto. Però, questi eroi dei tempi duri, tempi in cui ci si nutre anche di spazzatura (lo fanno padre e figlio all'inizio del film) sono luminosi e il loro vivere alla fine solo di quel che resta, la violenza i corpi e gli orgasmi, è un modo forte per raccontare il contemporaneo.



Sopra: "De rouille et d'os" - Sotto "The student"


Un paio di video: "Le rouille et d'os"


"Moonrise Kingdom"


HOME