Una
Brigata di memoria, di cultura, di utopie,
di speranze, d'informazione, dell'uomo.
Le
BiELLE RECENSIONI
Antonio
Pascuzzo/Rossoantico: "Rossoantico" L’allegro
vino liquoroso dell’avvocato Pascuzzo di
Silvano Rubino
Ascolti
collegati
Rudy Marra
Sono un genio ma non lo dimostro
Rino Gaetano
E cantava le canzoni
Mannarino
Bar della rabbia
Pino Marino
Acqua luce e gas
Bobo Rondelli
Per amor del cielo
Simone Cristicchi
Grand Hotel Cristicchi
Crediti:
Adriana Ester Gallo:violino
Antonio Pascuzzo: voce
Giuseppe Russo: sassofono alto, sassofono soprano, sassofono
baritono
Marco Monaco: batteria
Mario Dovinola: pianoforte, tastiere
Patrizio Sacco: contrabbasso, basso
Pericle Odierna: clarinetto, clarinetto basso, flauti, ciaramella,
cornamusa, tromba, trombone, sassofoni, bombardino, flicorno
baritono, tuba, jewel harp, percussioni, campionamenti
Puccio Panettieri: percussioni
Riccardo Corso: chitarre, mandolino, bouzuki, banjo
Stefano Indino: fisarmonica
Serena Caporale: voce (6)
Elena Odierna, Lidia Odierna, Flavia Odierna: coro voci bianche
(4)
Marco Rinalduzzi: chitarra babytaylor (4)
Coro dei minatori di Santa Fiora: coro (11)
Testi
di Antonio Pascuzzo – musiche di Mario Dovinola, Pericle
Odierna, Antonio Pascuzzo – arrangiamenti Pericle Odierna
– produzione Antonio Pascuzzo per Vivodimusica srl)
Registrato da Marco Rinalduzzi e Marco Covaccioli, msisato
da Marco Rinalduzzi presso lo studio Omar di Marco Rinalduzzi
in Basasno Romano masterizzato da Bob Fix presso studio Bob
Fix Mastering Napoli
Antonio
Pascuzzo
"Rossoantico" Vivodimusica - 2011 Sul
web
Tracklist
01
Zitto
zitto
02
Gillette
03
Uomo
d'onore
04
Figlio
del mare
05
Gioia
06
Erba
cattiva
07
Girotondo
08
La
portiera di via Silvio Pellico
09
Chitarra
ferita
10
Interessi
diffusi
11
Spacco
la roccia
12
Morte
del tamarro
Non
ci sono solo i fratelli Conte ad aver lasciato una comoda (e redditizia)
vita da avvocati per darsi alla musica, in Italia. C’è
anche il signor Pascuzzo Antonio, che appunto da una tranquilla
carriera forense si è gettato a capofitto nel mondo della
musica, dopo averla bazzicata da dilettante per tutta una vita,
suonando, cantando e scrivendo. L’insano gesto si è
tradotto prima nella gestione e direzione artistisca di un locale
di Roma (“The place”), diventato in breve un punto di
riferimento fondamentale per la canzone d’autore italiana,
poi suonando all’interno di quello stesso locale (ma non solo)
e mettendo assieme un anomalo ensemble dal nome Rossoantico, infine
arrivando a pubblicare un disco dallo stesso nome, prodotto da lui
stesso.
Da
un percorso così indubbiamente fuori dai cliché non
poteva che nascere un disco molto fuori dai cliché, dominato
da una leggerezza, da un’allegria un poco folle, appunto,
da un suono festaiolo innestato su testi che invece non rinunciano
anche a graffiare e a provare a riflettere.
L’idea
di base è contaminare la canzone d’autore con la tradizione
delle bande italiane. Con questa missione gli arrangiamenti di Pericle
Odierna si muovono tra le sonorità da fanfare, le marcette,
i valzer, le escursioni nelle sonorità Klezmer, le tarantelle,
i ritmi sudamericani da balera anni 50. I testi di Antonio Pascuzzo,
invece, costruiti con metriche sempre molto “ritmiche”,
con rime incalzanti, si muovono tra incursioni nell’attualità
e gli ironici squarci autobiografici. Risultato, una musica “terapeutica
e di facile ascolto” (come la definisce lo stesso Pascuzzo
sulla pagina myspace), che fa pregustare – a chi ascolta il
disco - grandi risultati soprattutto nelle esibizioni live.
Ma andiamo con ordine. Il disco si apre con “Zitto
zitto”, sonorità klezmer al servizio
di un viaggio sarcastico e amaro tra abusi, razzismo, pedofilia
e poliziotti con le mani un po’ troppo pesanti. “Gillette”
appartiene al versante più buscaglionesco di Pascuzzo, un’ironica
e scanzonata marcetta su un seduttore sedotto e abbandonato. “Uomo
d’onore”, ispirato alle imprese del giudice
ammazzasentenze Corrado Carnevale, è un recitativo umoristico
sulla mafia, che però non riesce a decollare e rimane dalle
parti della macchietta. Si cambia tono con “Figlio
del mare”, che affronta il tema dell’immigrazione,
una favola che racconta di un bimbo nato su una carretta del mare,
su un ritmo da ballata, quasi una ninna nanna, con la chitarra di
di Riccardo Corso in primo piano. Riesplode l’allegria bandistica
in “Gioia”, un inno d’amore
a ritmo di fanfara, un omaggio a una donna e alla musica, una delle
vette del disco, che nei momenti di spensieratezza dà il
suo meglio.
A farle da controcanto ecco arrivare subito “Erba
cattiva”, sarcastico, quasi crudele, racconto
della fine di un amore in Tribunale (ricordi da avvocato che di
separazioni si occupava tutti i giorni). “Girotondo”,
ispirato sin nel titolo all’omonima canzone di Fabrizio De
André, come il suo modello gioca la carta del pacifismo,
ma il risultato è piuttosto deludente, con un testo che scade
in qualche banalità di troppo. Meglio passare oltre e tornare
al divertimento: “La portiera di via Silvio Pellico”
è un ritratto da commedia all’italiana di una custode
che sfugge agli stereotipi, su ritmi di fanfara. Molto azzeccata
anche la canzone successiva, “Chitarra ferita”,
che prende spunto dall’immagine di una chitarra rimasta appesa
a una parete superstite di una casa crollata durante il terremoto
dell’Aquila, un valzerino malinconico che fotografa in piccolo,
con venature ironiche, il grande dramma.
“Interessi diffusi” è
un originale racconto autobiografico che mette in scena, su un tappeto
ritmico da Sudamerica da balera, i dilemmi di un avvocato troppo
attratto dalla vita bohémien del musicante. “Spacco
la roccia”, è invece un brano legato
all’esperienza del Pascuzzo produttore musicale, con al centro
le storie e le voci del coro dei minatori di Santa Flora. Si chiude
di nuovo con la commedia all’italiana: “Morte
del tamarro”, affettuoso omaggio su ritmi da
tarantella a una figura intramontabile, quella del tamarro da spiaggia.
Il risultato
è un disco piacevole e coinvolgente, con un suono originale
ed evocativo, con una sana atmosfera festaiola che, come il vino
liquoroso famoso negli anni 60-70 da cui il progetto prende il
nome, instilla gocce di allegria. Ma senza chiudersi al mondo.
Avvocato Pascuzzo, la corte di Bielle così ha deciso: questa
causa l’ha vinta. Avanti il prossimo.