Prodotto
da Cesare Basile con Guido Andreani e Luca Recchia.
Registrato al Carezza Studio, Milano, da Guido Andreani, Luca
Recchia e Cesare Basile.
Missato da Cesare Basile e Guido Andreani a Monopattino recording
studio, Sorrento.
Assistente di studio Peppe De Angelis
“L'impiccata” e “Questa notte l'amore a
Catania” prodotte da Cesare Basile e Lorenzo Corti.
Registrate da Lorenzo Corti a La Clinica, Milano.
“La Sicilia havi un patruni” (di Ignazio Buttitta
e Rosa Balistreri) registrata da Cesare Basile e Marcello
Caudullo al Zen Arcade, Catania.
“E alavò” registrata a La Clinica, Milano,
da Cesare Basile.
“Elon lan ler” registrata al Fame’s studio
, Skopje, Macedonia.
Arrangiamento
d'orchestra (Orchestra della Radio Nazionale Macedone): John
Bonnar.
Cesare
Basile
"Sette pietre per tenere a bada il diavolo" Urtovox - 2011 Nei migliori negozi di dischi
Tracklist
01
L'ordine
del sorvegliante
02
Il
canto della vipera
03
L'impiccata
04
Strofe
della guaritrice
05
E
alavò
06
Elon
lan ler
07
Sette
spade
08
Lo
scroccone di Cioran
09
La
Sicilia havi nu patruni
10
Questa
notte l'amore a Catania
Cesare
Basile è un artista catanese di quarantasette anni, che vive
ormai da anni a Milano, per la precisione in zona Ripamonti. Chi
è solito frequentare la Casa 139 lo avrà sicuramente
incontrato qualche volta, visto che quello storico Circolo ARCI
è stato per lui un po’ come una seconda casa. A primavera
di questo 2011 però, il Circolo è stato forzatamente
chiuso per un’ordinanza comunale e, sembra quasi un segno
del destino che quasi nello stesso periodo sia uscito questo “Sette
pietre per tenere il diavolo a bada”, il primo totalmente
registrato da Cesare nella sua terra natia dopo vent’anni
di esistenza da emigrato a Milano.
Già
il titolo mette in guardia l’ascoltatore su una delle caratteristiche
peculiari della sua intera produzione discografica, ossia il suo
procedere dritto senza cedimenti a mode e costumi del tempo, sette
sono, infatti, gli album che hanno preceduto questa nuova uscita
e sono lì come pietre, forti, crudi, sanguigni, senza mezze
misure, pronti come pietre per tenere a bada le lusinghe e le tentazioni
del diavolo, ecco quindi un’altra cifra stilistica assolutamente
sua, il continuo riferirsi a personaggi epici e pagine bibliche,
parlando di guerre e inarrestabili fedi, amori controversi sempre
vissuti allo stremo.
Prendete
ad esempio la prima traccia, “L'ordine del sorvegliante”,
è introdotta dal suono ipnotico di un fiato, poi parte
un ritmo mantrico di percussioni cui si sovrappongono i tocchi
celestiali di uno xilofono, quindi inizia il canto di Cesare Basile
con quella sua voce un po’ sofferta e già ci si trova
immersi dentro un vortice cui sarà difficile uscirne.
Quando poi
la musica si quieta e sembra possibile tirare il fiato, ecco che
comincia “Il sogno della vipera”
con una lenta e suadente melodia che sembra letteralmente voler
strapparci dalla nostra realtà per catapultarci dentro
la cella di un condannato per ascoltare la sua intensa preghiera
d’amore “I sorveglianti hanno serrato i ferri
/ mi prendo i morsi della tua bellezza / lasciami i segni sulla
schiena / finisci adagio come i passi / lungo le scale che gli
amanti / scendono adagio prima di partire / ho chiesto al corvo
sul tuo seno / gli ho chiesto ancora una volta / dimmi chi sono
non dirmi quel che ero”.
“L’impiccata” parte
tranquilla, ma ben presto assume toni ossessivi, resi gravi dalle
distorsioni delle chitarre e da insistite programmazioni elettroniche
un po’ psichedeliche; il soggetto, come suggerisce il titolo,
è un’impiccata e i toni dei versi sono violenti,
crudi “Appesa per i piedi e per il senno / perché
ero la peggiore delle cagne / quella che si fa beffa della gioia
/ negandomi al contatto / sposandomi ai crocicchi / aprendomi
la faccia / senza interrompervi”.
Ancor
più ossessiva sin dalle prime note, con un incessante suono
di tamburi, è “Strofe della guaritrice”,
poi entrano in gioco chitarre stridenti come urla e distorsioni
penetranti, “I vermi ce li abbiamo dentro tutti / e
i vermi sbattono e vogliono mangiare / così mangiamo per
noi e per i vermi / e tutti abbiamo i vermi e non ce ne accorgiamo
… e quando si crepa e non si mangia più / il verme
esce e mangia la carne che era la carne nostra“, questa
volta il male sembra covare dentro ognuno di noi. Un incubo visionario
degno di Lars Von Trier.
Ancora ammaliatrice
e piena di fascino, con l’uso alternato di dialetto e italiano,
con la presenza di tammorre, è “E alavò”,
uno splendido tuffo nella sua terra natia, la Sicilia, non certo
quella da cartolina, bensì quella dura e abitata da gente
vera “Con Colapesce e Riina mi trovai a sognare le pietre
/ nessuna messa in posa da noi / servite, poi odiate, ma pur sempre
incomprese”. Uno splendido sogno di ribellione, sebbene
spesso incompreso.
Quasi estraneo
all’intero lavoro, per le delicatissime sonorità
dolci fino allo spasimo, sembra essere “Elon
lan ler”, un piccolo poema in musica che sembrerebbe
come composto per un classico Disney, ma che in fondo porta con
sé un duro insegnamento diretto ai bambini, l’amore
può far male fino a portare al desiderio di strappare il
cuore dal petto della propria madre. Fondamentale la presenza
dell’Orchestra della Radio Nazionale Macedone.
Danzante,
intrisa di folk, è la ballata “Sette
spade”, un canto liberatorio che vuol scuotere
con forza le coscienze popolari con quel ritornello insistito
“Sorella mangi terra e loro pane”.
Una vera
oasi di pace, dopo tanto incedere con impeto e forza, sembra la
ballata “Lo scroccone di Cioran”
che sembra preludere così a un qualcosa di forte.
Così
è, si giunge a uno dei vertici del disco, un sentito omaggio
a Rosa Balistreri e Ignazio Buttitta con “La
Sicilia havi un patruni”, qui reso con estrema
sofferenza e pathos, fino ai disperati versi finali “Povira
terra mia / Comu si po’ campa’”. Una vera
perla rispolverata e messa a nuovo.
Non è
finita però, c’è ancora spazio per “Questa
notte l’amore a Catania”, un altro piccolo
gioiello, solo 1’39” di canzone, ma riempito di intensi
versi “I cavalli hanno il morso alla voce / e un destino
di cuoio / al galoppo per vincere il viale / lapidati giù
alla playa / Non c’è nulla di rapido o lento / nel
vederli passare / Questa notte l’amore agli incroci / è
codardo é di sgherri / E’ una fossa scavata per lasciarvi
cadere le cicche / Non c’è nulla di rapido o lento
/ nella prima pietrata / Questa notte l’amore a Catania
/ è codardo è di sgherri / E’ una fossa scavata
/ per lasciarvi cadere le cicche”.
Quest’ultima
fatica di Cesare Basile è ovviamente un disco per chi sa
lasciarsi coinvolgere dalle emozioni forti, da immagini di corvi
che pranzano dal seno di una donna, di vermi che ci corrono dentro
e attendono solo la nostra morte per mangiarci, ma anche per chi
ha il coraggio di sognare con visionaria lucidità pietre
con le quali tenere a bada il diavolo, il vero padrone di questa
nostra terra sofferente, proprio come la sua Sicilia, incapace
di sollevarsi, di ribellarsi agli sfruttatori, un sacrosanto diritto,
perché “tu mangi terra e loro mangian pane”.