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Targhe Tenco: Enrico De Angelis e il metodo
di Lucia Carenini


Roberto Veccchioni

Caro Enrico, ci sono in giro molti dubbi sulle regole della votazione per le Targhe Tenco. Le cose sono forse state dette più volte, ma non sono state mai riepilogate e a volte sorgono dei dubbi su come incasellare un disco, in quale categoria metterlo, o anche se un disco sia eleggibile. Vogliamo provare a fare un piccolo Bignami delle votazioni?

"Cercherò di fare anche un riepilogo ufficiale nel momento in cui manderemo le schede di votazione, anche se, in realtà le regole principali sono sempre state scritte nella lettera di accompagnamento. Però voglio dire subito che la questione è oggettivamente difficile e ingarbugliata. Non a caso da qualche anno non mandiamo più l’elenco dei dischi - elenco che è sempre stato indicativo, perché qualcosa poteva ovviamente sfuggirci - però, fino a un certo punto riuscivamo a farlo, ed era molto lungo. Erano pagine e pagine di dischi di cui ricostruivo l’uscita nei 12 mesi che precedono il voto".

Quindi, regola numero 1, i dischi, di canzone d'autore, devono essere usciti tra 1° agosto dell’anno precedente e il 31 luglio dell’anno dell’edizione per cui si vota. In questo caso tra il 1.8.2010 e il 31.7.2011.

"A un certo punto, però, non siamo più riusciti a stendere l’elenco. Questo il motivo che sta alla base del riuscire a disciplinare questa materia. Ossia, i dischi che “escono” - poi cercheremo di capire meglio cosa vuol dire escono - sono ormai una quantità immane. I dischi messi a disposizione del pubblico - in qualunque forma, perché per noi vale qualunque forma - è un numero ormai spropositato. Basta andare in internet, girare fra i siti che si occupano di musica, andare a un concerto e si incontrano dischi di artisti - magari anche sconosciuti - che però esistono, sono lì, confezionati. Magari autoprodotti, non hanno un’etichetta o una distribuzione ufficiale, ma esistono e possono essere votati. L’autoproduzione, è un fenomeno che esiste dai Cantacronache in poi e noi l’abbiamo sempre presa in considerazione".

Ti interrompo. Quindi, se un disco viene pubblicato solo in forma digitale, o è solo acquistabile allegato a un libro, o lo si vende solo in edicola, o ancora solo ai concerti, è a tutti gli effetti valido?

Esattamente. Basta che abbia una lunghezza sufficiente da essere considerato un lavoro a lunga durata. Diciamo almeno sei pezzi.

Allora, regola numero 2: il disco deve contenere almeno sei brani e, a cascata regola numero 3: non ha importanza il metodo di distribuzione (negozi, edicole, allegato, digitale, vendita diretta ai concerti etc). Dicevamo che al giorno d’oggi, dal punto di vista pratico è relativamente semplice fare un disco - il difficile è poi promuoverlo e distribuirlo - e di dischi ce ne sono davvero moltissimi.

Vero. Questo ha creato due problemi: innanzitutto la nostra incapacità di riuscire a delimitare una lista che tenga conto della effettiva situazione, ma ancor di più l’impossibilità di valutare preventivamente se un disco abbia o meno le caratteristiche per essere votato e in quale categoria. Se riuscissimo a farlo, allora faremmo anche gli elenchi.

Infatti, specialmente per le opere prime c’è molta ambiguità…

È molto difficile da valutare preventivamente. Quello che riesco a fare è occuparmi dei dischi che hanno un numero rilevante di voti, verificandone la validità approfondendo caso per caso. A quel punto posso informare chi ha votato un disco non valido, o ne ha messo uno in una categoria sbagliata, offrendogli la possibilità di votarne un altro o di travasare quel voto nell’altra categoria. Ma questo lavoro, vista la situazione discografica di oggi, si può fare solo a posteriori, su una rosa ristretta di dischi. Ovviamente per quei cinque che passerebbero al turno successivo, ma magari anche per qualcun altro.

Continuiamo a parlare di opera prima. Questo accesso alla tecnologia ha fatto sì che chiunque possa prodursi il proprio disco e venderlo magari ai concerti. E, come hai detto prima, e’ a tutti gli effetti un disco, che però raggiunge un numero esiguo di persone. Questo porta al paradosso che un esordiente, sconosciuto ai più, si trovi in lizza contro i titani della canzone d’autore perdendo la possibilità di usufruire di una possibilità prestigiosa come il palco del Tenco per l’opera prima. Non sarebbe forse il caso di rivedere questo concetto? Poniamo che un giovane cantautore, dopo aver pubblicato uno o due cd casarecci - a tutti gli effetti poco più che dei demo, che però hanno circolato, in un contesto più o meno ridotto e sono rimasti oggettivamente difficili da recuperare - pubblichi, anche investendoci, un disco “vero” che avrà per la prima volta un minimo di distribuzione. Lo vogliamo considerare un esordiente o va a finire con Guccini, De Gregori e Paolo Conte?

Ci sono degli elementi oggettivi da cui non si può uscire. Come in tutte le cose ci sono delle situazioni di confine che nella sostanza non rispondono alle regole, ma ci si ci devono adeguare. Purtroppo la nostra attenzione sugli esordienti è molto democratica. Se un artista esce con un disco, per noi è valido, sia che l’abbia prodotto una major, sia che se lo sia stampato in cantina. Il rovescio della medaglia è che, se accettiamo questo principio, il criterio della grandezza del pubblico a cui un disco si rivolge non ci può e non ci deve interessare. E’ oggettivamente difficile stabilire un limite. Dove lo mettiamo? E come lo verifichiamo? Allora un disco che hanno potuto comprare 150 persone non vale perché sono poche? Invece vale uno che è stato venduto in 500 copie? Non ha senso. Per cui il criterio non può essere basato sui numeri di persone che ha raggiunto. Deve però essere un disco che ha avuto un suo pubblico, un disco messo a disposizione - in qualsiasi forma - di un pubblico di acquirenti normali. Non importa quanto grande. È indifferente che questo sia accaduto alla fine dei concerti, via internet o nei negozi, perché significherebbe privilegiare un canale rispetto a un altro, e non non vogliamo privilegiare nessuno.

Però, guardando dal punto di vista dell’artista, con questa logica uno che si è fatto due o tre dischetti casarecci che ha smerciato in occasioni fantasia, poi investe lavoro, tempo e soldi per realizzare un prodotto più complesso, rimane all’atto dei fatti sempre un esordiente, ma si ritrova nella categoria dei mostri sacri.

Lo so. È una sfiga. Purtroppo però un artista non può avere due o tre opere prime e ci deve essere un criterio oggettivo, una regola.

Forse però sarebbe il caso di cambiare questa regola, o di pensarne una diversa per non penalizzare questa tipologia di artisti che non sono più degli esordienti veri e propri ma che hanno comunque bisogno di farsi conoscere...

Forse sì, però fino ad ora non ci è venuto in mente come. Se qualcuno ha delle idee e vuole farci delle proposte, siamo disponibilissimi ad ascoltarlo.

Invece cosa succede se un giurato vota un artista nella categoria sbagliata?

Qualcosa l'ho già accennato prima, ma se un giurato ha dei dubbi può esternarli. Noi siamo sempre stati disponibilissimi a dialogare.

Facciamo un esempio pratico, un'interprete che canta in dialetto. In che categoria rientra?

Ammesso che siano canzoni d'autore - quindi non tradizionali - va negli interpreti. La categoria dialetto presume un cantautore (o un gruppo) che canti in dialetto qualcosa di scritto almeno in parte da lui. L'unica sezione che prevede qualcosa di scritto da altri è l'interprete. Nella sezione degli interpreti, così come nell'opera prima e anche nel miglior disco, non ha alcuna importanza la lingua: si può cantare in italiano, in dialetto, in una lingua straniera... Chi deve tassativamente essere italiano è l'artista. La categoria dialetto, così come l'opera prima, è stata istituita per valorizzare e incentivare l'uso di questo tipo di linguaggio e i giovani artisti, ma se un giurato ritiene che un disco in dialetto, o un esordio, sia il migliore disco dell'anno, nessuno gli vieta di votarlo in quella categoria; è già successo. Una sezione non esclude l'altra. Addirittura Creuza de mà vinse entrambe le targhe, per il dialetto e per il miglior disco. Ed è anche già successo - con Elisa - che un disco interamente cantato in inglese abbia vinto una Targa.

E qui arriviamo a una nuova regola: è eleggibile un disco di canzoni d'autore cantato ad esempio in inglese, non lo è un artista straniero, anche se canta e/o scrive in italiano.

Tornerei al dialetto per parlare infine del concetto di prevalenza, un'altro punto spinoso. Molti dischi - e all'interno dei dischi molte canzoni - non sono totalmente in dialetto. Qui dovrebbe far testo il concetto di prevalenza.

Quest'anno si verifica un caso strano: Luigi Maieron, cantautore non proprio noto alle masse, classicamente legato al territorio e al dialetto, ha un disco in cui ci sono 6 canzoni in italiano e 5 in friulano. Finisce di conseguenza nel calderone generale. Van de Sfroos, che ormai si può considerare mainstream, seguendo la regola matematica pura, rientra nel dialetto. Forse anche qui ci vorrebbe un po' di elasticità, un concetto di appartenenza che vada oltre ai numeri...

Sì, capisco, ma una regola ci deve essere. Come tutte le regole in qualunque contesto si verificano dei casi limite... Comunque occorre tener conto che si sta votando un disco, non l'opera omnia di un artista. Se in quel particolare disco la prevalenza è in italiano, quel disco per forza di cose non va messo nella categoria dialetto. C'è una regola aritmetica.

Ma le regole si possono cambiare, quando il contesto si è evoluto ed è cambiato; quando si verifica che non sono più attuali...

L'ho già detto per il caso delle opere prime, noi siamo disposti ad ascoltare. Se qualcuno ha delle idee da proporre, si faccia avanti e se ne parla. Per ora il massimo della elasticità applicabile per limitare un pochino questi fenomeni è che quando si verifica una parità non c'è prevalenza si può accettare il voto in entrambi e sezioni. Mi dirai che così i voti si disperdono, ma questo significa anche che per alcuni giurati questo disco è stato il migliore come dialettale, per altri il migliore in assoluto. E se questo penalizza forse il disco, rispecchia il pensiero dei giornalisti.

Potrebbe però significare anche che è stato votato in una certa categoria perché sono o non sono stati contati i brani...

Sappiamo bene che nella legge non è ammessa l'ignoranza. E comunque, lo ripeto ancora, siamo a disposizione per parlare di qualunque cosa.

Ma in casi del genere, è contemplata la possibilità di travasare dei voti da una categoria all'altra?

Si può fare quando qualcuno vota un disco nella sezione sbagliata. Allora potrei pensare a un travaso. Ma non quando un disco vale in due sezioni. Perché sono comunque voti validi.

Però, poniamo che ipoteticamente occorrano 30 voti per entrare in una cinquina e che un disco ne prenda 20 come dialetto e 20 come miglior disco. Il disco in totale ha 40 voti, ampiamente sopra la soglia, ma di fatto resta fuori da entrambe...

Ripeto, se qualcuno mi propone una soluzione oggettiva diversa... Se cominciamo ad avere questa elasticità non se ne viene più fuori. Pensa quanti casi borderline ci sono...

Beh, non è che ce ne siano miliardi...

Si potrebbe dare al Club Tenco un minimo margine di discrezionalità, per cui se si verificano delle cose di questo genere a livello di cinquina, il Club valuta la situazione e conclude ad esempio che se un cantautore, in quel particolare disco ha canzoni prevalentemente in italiano, ma la sua caratteristica è comunque legata alla canzonein dialetto, lo accogliamo nella canzone in dialetto. Lo decide la commissione. Può essere un'idea?

Secondo me si. Da parte mia io sono sempre stata convinta che il Tenco dovrebbe comportarsi come l'Academy e fare delle nomination. Secondo le sue regole, magari anche numero variabile di anno in anno legate alla produzione, un po' come si fa con i grandi vini.

Questo è un discorso difficile. Si rischia di lasciar fuori qualcuno che invece avrebbe meritato di entrare. Per noi la nomination è la cinquina votata dai giornalisti. Sono migliaia di dischi, non possiamo concretamente ascoltarli tutti, valutarli e sceglierli. Quello a cui stiamo pensando, invece, è la possibilità di introdurre a un qualche livello una sorta di voto popolare sul nostro sito. Ma è un discorso tutto da vedere e da verificare. Vorrei invece ricordare un'ultima volta che i dischi devono essere di canzone d'autore, ovvero la prevalenza non deve essere di repertorio di tradizione orale o popolare. Devono esserci degli autori ben precisi.

Ma neanche se su questi brani è stato fatto un profondo lavoro di arrangiamento o di rielaborazione?

Anche questa è una materia che anche dal punto di vista della SIAE non è così certa, ma dei criteri ci sono. In Siae c'è la categoria della rielaborazione, che non è paternità d'autore, ma un intervento sull'arrangiamento e sull'esecuzione, non sulla struttura della musica o sul testo. Una sorta di stratagemma che permette a delle persone che hanno lodevolmente lavorato possano avere un minimo riconoscimento economico della loro opera. Però il pezzo non per questo diventa d'autore. Perché lo sia occorre che venga messa una musica del tutto nuova su un testo tradizionale, o viceversa che su una musica tradizionale venga inserito un nuovo testo. Una delle due componenti deve essere originale. E questo è un caso molto frequente, vedi ad esempio tutto il lavoro dei Calicanthus. Infine i dischi devono essere in prevalenza cantati, non strumentali.

Ultimo aggiornamento: 04-09-2011
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