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Le BiELLE RECENSIONI
Akkura: "Brucerò la Vucciria col mio piano in fiamme"
La storia di una città dove il futuro già ci fu
di Giorgio Maimone


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Musicisti:
Riccardo Serradifalco : Voce, chitarra
Settimo Serradifalco : Contrabasso, cori
Salvo Compagno : Percussioni, cori
Fabio Finocchio : Batteria
Marco Terzo : Trombone
Claudio Montalto : Tromba


Produzione: Moreno Veloso e Domenico Lancellotti, in arte +2 (mais does)

Ospiti: Moreno Veloso (violoncello, basso acustico, palmas, cori), Domenico Lancellotti (pianoforte, caiza, tamburello, batteria, matraca. flauta de embolo, birimbao, cori, kaos pad, palmas), Arto Lindsey (chitarra del lupo, e Pedro Sà (chitarra elettrica), Mario Borba (voce)



Tracklist

01. Brucerò la vucciria
02. Vicoli vicoli
03. Kalsamex
04. Beddu lupu
05. Nico il gigante
06. Attore meridionale
07. Benefattore
08. Chiedilo a Nick Cave
09. Diquembra
10. Sabbie immobili


"Qui non troverete un'analisi sociologica di Palermo, ma un affresco di una città che è gia meravigliosa cosi, che non attende nessun futuro.
A Palermo il futuro già ci fù." "Brucerò la Vucciria col mio piano in fiamme" è già ben riassunto dalla frase riportata qua sopra e che si trova sia sulla copertina che sul sito degli Akkura. Ma è anche di più. Innanzitutto un bel progetto, una prova di come con fantasia e voglia di fre si possa fare un passo oltre e cercare di porre rimedio alle mancate vendite dei dischi. Poi magari gli Akkura non venderanno una copia, perché il disco è bello e questo da noi non paga, ma le idee ci sono tutte. Dieci brani musicali affiancati da dieci racconti e un cd venduto assieme a un piccolo libro: una scommessa integralmente vinta.

E si incomincia subiton con un bel rock & roll di quelli che faceva Edoardo Bennato che poi è la title track: "Brucerò la Vucciria col mio piano in fiamme". Come specificano gli Akkura sul libro che accompagna il disco "Quel brano è un atto d'amore verso la Vucciria (uno dei quartieri storici di Palermo, quello del mercato). La storia che ci siamo inventati è quella del pianista vucciriota che con la sua musica incendierà gli animi degli abitanti del proprio quartiere. E la sua musica nasce dalle sue radici, dalla sua gente, dalle sue strade, dal quartiere che deve difendere da chi vorrebbe cambiargli volto, da chi vorrebbe ridurlo in un soporifero museo per turisti. Lui si batterà affinché tutto questo non avvenga, difenderà la Vucciria anche a costo di bruciarla pur di non consegnarla nelle loro mani". Se poi tutto questo si riesce adirlo con un diretto rock & roll pianistico di quelli che fanno tanto bene al cuore, alle gambe e alle mani è tanto meglio! "Io, testa di elefante, cornuto d'Africa, dai Monti Iblei alle Andre / incido su un registratore di cassa / rock n' roll spagnoli, svedese, italiano, bagherese"

Parallelamente al primo brano scorre il primo racconto: "Funerali" di Davide Enia. E' scritto benissimo, un piccolo Montalbano riassunto in poche pagine, una lingua viva di cui si "sente" sulla pagina il suono delle parole (e non a caso, verrebbe da dire, Enia è drammaturgo e uomo di teatro). D'altra parte tutti questi racconti (e tutte le canzoni) sono un atto d'amore verso Palermo, vista dall'interno e da palermitani. Come conferma la seconda accoppiata che è tra il racconto "Non leggere" di Alli Traina e la canzone "Vicoli, vicoli". E qui scegliere è molto difficile, messo che si debba scegliere: la canzone è un gioiellino in punta di dito ("Ho visto una villa sparire in un sacco / e riapparire come palazzo / ... / ho visto un sarto suonare un vestito / al ritmo lento del mandolino / quello che dico sono le frange / per la città non è importante") e il racconto di Alli è quasi una poesia: il poeta che parlava tutte le lingue del mondo incontro la ragazza perduta che parlava una lingua sconosciuta allora "prese il quaderno - quello dove annotava i suoi versi e le sue storie -o sfogliò per molto tempo, ci ragionò su e poi scelsa la più bella parola che avesse mai scritto, strappò quel piccolo foglio e glielo regalò".

"Kalsamex" si sposa con "Mani" di Dario Tosini: una canzone che racconta un altro quartiere storico di Palermo. attraverso immagini del tutto personale e al ritmo di una musica che più che al Mex allude al vicino Oriente o ai Balcani, unita al racconto di un pacifico feticista delle mani femminili. "Beddu lupu" è il pezzo forte del disco, anche perché ci piazza un assolo Arto Lindsay: cantato tutto in siciliano ("ma forse chista è a vota bona / ca mi tramutu / e si ch'a spuntu / addivento un beddu lupu"). Quasi sempre agli Akkura bastano poche parole e musiche non invasive per conquistare la scena e tenerla con buona autorità. Merito anche della voce credibile ed espressiva di Riccardo Serradifalco. "Beddu lupu" è un caso emblematico, ma tutto l'insieme è solido e la produzione smagliante di Moreno Veloso (altra chicca degli Akkura) aggiunge ancora punti alla considerazione del gruppo. La canzone è abbinata al racconto "Cani" di Dario Tosini che potrebbe anche essere una prosecuzione del racconto precedente (sempre di Tosini).

Ottima anche "Nico il gigante", un grande rock grintoso, abbinato al racconto omonimo, scritto dagli stessi Akkura. Geniale è "Attore meridionale": "Sono un attore meridionale / voto a sinistra ma devo campare / uscendo di casa mi vesto male / cercando qualcuno con cui straparlare". La dizione è caricata, quasi caricaturale, il tono leggero, il ritmo da cabaret espressionista. di attori parla anche il racconto di Andrea Gullotta: "Storia di un fondamentalista artistico", solo un pelo lungo, ma di buona lana. "Benefattore" è ancora un rock intenso, ma morbido che viene ancora accompagnato da un brano di Dario Tosini: "Insolenze", di ottima fattura.

"Chiedilo al pittore" di Alli Traina si abbina con "Chiedilo a Nick Cave" degli Akkura, altro brano martellante e intenso, ma dotato sempre di un'anima morbida. Leggermente inferiore il racconto, forse perso dietro una vicenda di cuiè facile intuire gli sviluppi, ma Alli Traina riesce sempre a mettere accenni di poesia che rendono piacevole la lettura. Il racconto successivo è ... di un cantautore: Cesare Basile, siciliano a sua volta (di Catania però, non di Palermo come tutti gli altri) firma "Emigranti". Il suo racconto è una chicca gustosa. Un catanese (Cesare) e un palermitano (il barone Di Stefano) si incontrano in un bar di Milano, ambedue usciti per sfuggire allo scirocco: "Lo Shuluq. Il vento di mezzogiorno che porta sabbia del deserto, ricordi e fastidi. La mente appannata dei cortili inondati di luce tremula e accidiosa", ma a Milano lo scirocco non c'è. Tranne che per i siciliani andati via dall'isola. Solo tre pagine, con una frase da segnare: "Lei già sorride quando questi milanesi le raccontano la meraviglia della loro vacanza siciliana. Si inorgoglisce quando parlano di ranite, pane e panelle, involtini di pesce spada e pasta con le sarde. Perché noi di queste cose siamo fatti. Non moriamo di mafia, moriamo di pani ca meusa". Accompagna il racconto la desertica "Diquembra" che di scirocco sembra fatta. L'essenza stessa del vento.

Chiude il disco un altro pezzo forte: "Sabbie immobili" abbinato al racconto "Il musicista immobile" di Andrea Gullotta. Raccontano la stessa cosa. Di una Palermo che così è e che non deve cambiare: nel racconto la città scompare sotto una tempesta di sabbia e viene restituita poi da un'intervento superno più bella, moderna e pulita. Ma dopo poco tempo i palermitani la chiedono indietro come prima: "La città ritornà. Dj, benzinai, benefattori e piromani. Vicoli mercati, spiagge e ristoranti. Liti, zozzeria e corruzione. E ritornò il musicista. E ritornò la sua musica". E la canzone dice: "E immobili saremo / senza sprofondare mai / davanti ai vostri figli, pianti e compleanni, non sprofonderemo mai / e su queste sabbie mobili, noi resteremo immobili / Arriveremo / che forse i fuochi li hanno già sparati / che i migliori cocktail li avranno già bevuti / ma tutto il resto ce lo godremo / l'arrivo è a breve, io ve l'assicuro / lì dove un giorno fu il futuro / non è mai troppo tardi /Lì dove un giorno fu il futuro".

"Brucerò la vucciria col mio piano in fiamme"è sostanzialmente un concept album, uno spettacolo multimediale (libro e canzoni) per raccontare tutta una città e restituircela come vive da dentro, darci i colori e i sapori, qualche volta gli odori, le puzze e le fetenzie. I racconti e le canzoni si amalgamano e si inseguono, si raggiungono e si perdono, si separano e si intrecciano nuovamente in un gioco di rimandi che affascina e coinvolge anche chi Palermo la conosce da turista. Ma in un gioco di specchi in un città, se la si sa leggere, ci sta ogni città. Bravi Akkura!

Akkura
"Brucerò la Vucciria col mio piano in fiamme"
Malintenti Dischi/ Dario Flaccovio Editore - 2009
Nei negozi di dischi o in libreria

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Ultimo aggiornamento 17-01-2010
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