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Le BiELLE RECENSIONI
Alessandro Hellmann e Nestor Band: "Summertime blue"
Di cosa parliamo quando parliamo di musica?
di Leon Ravasi


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Musicisti:
Alessandro Hellmann: voce;

La Nestor Band è composta da: Bogdan Grudner: pianoforte, hammond;
Wojtek Jaworski: piano Rhodes, Hammond; Janusz Brzozowski: chitarra; Marek Blaszczyk: basso; Tadeusz Nestorowicz: tromba.

Testi: Alessandro Hellmann
Musica: Fabrizio Gatti (2,3,10), Marco Chindamo (4), Michele Iuliano (5,6,7,8), Tadeusz Nestorowicz (9), tradizionale (11)

Tracklist

01. Gas per Chopin
02. Di cosa parliamo quando parliamo d'amore
03. Le tue mani
04. Dormi
05. Giorni strani
06. A mia madre
07. A volte ritornano
08. Sulla spiaggia
09. Blues for GJMJ
10. Interno notte
11. Hejnat Miasta Wroclaw


Alessandro Hellmann non è un ragazzino. E' nato nel 1971, ma "Summertime blue" è il suo primo disco. D'altra parte anche Leonard Cohen ha debuttato a 35 anni. Se tanto mi dà tanto ... Hellmann non è Cohen, ma ha fatto un gran disco e, come il maestro canadese, prima di iniziare a cantare le proprie canzoni, ha scritto una manciata di libri. Poi, o meglio nel frattempo, con le sue composizioni ha vinto sia il premio Fabrizio De André come miglior autore per il brano "Le tue mani" che il premio Augusto Daolio e il premio Guido Gozzano per il miglior testo con "A mia madre". E' difficile spiegare in breve cosa sia "Summertime blue"; è un disco intrigante che sa di jazz e di canzone d'autore, proposta con estrema grazia. Musica gentile per gentili ascoltatori, insomma.

Ad affiancarlo in questo progetto c'è la Nestor band che è una band polacca, recuperata in modo bizzarro (il racconto è su MySpace) e che è bravissima a fornire un tappeto musicale in grado di consentire ai testi aerei e ben strutturati di Hellmann un atterraggio leggero. Riporto un pezzo dell'incontro tra Alessandro e Tadeusz perché è non solo scritto bene, ma perché rende l'idea sia della musica che andremo ad ascoltare che dei testi che vestono questa musica.

"23 agosto 2006, sera inoltrata. Siedo a un tavolino del Klub Rura di Wroclaw, ad una cinquantina di interminabili chilometri da Swidnica, la cittadina in cui mi trovo a vivere da qualche mese. Di fronte a me un paio di amici polacchi che hanno deciso che per il mio trentacinquesimo compleanno avrei dovuto necessariamente ingerire un congruo quantitativo di birra. Sul palco del locale il Tadeusz Nestorowicz Sekstet, che il congruo quantitativo di birra deve averlo già di gran lunga superato, cesella deliziose atmosfere vintage, con un affiatamento e una padronanza che non sembrano risentire del tasso alcolico. Nell’intervallo, mentre tento di dirigermi barcollando verso il bagno, mi ritrovo davanti Tadeusz, il trombettista, un uomo sui cinquanta contenuto a fatica dalla cintura stretta alla vita, con un viso che ispira simpatia, disegnato intorno a due baffi di una certa importanza, e, non ultimo, un jazzista di prim’ordine per tecnica, colore e inventiva. Mescolando l’inglese a qualche parola di polacco gli dico qualcosa che in questo momento non ricordo ma dalla quale lui deve rimanere molto colpito, tanto che cominciamo a parlare a ruota libera di Chopin, di Miles Davis e forse anche del Papa. Tira fuori dalla tasca una foto che lo ritrae mentre suona la tromba travestito da pecora. “Vedi cosa bisogna fare per arrivare alla fine del mese?”, mi dice, “Te lo immagini Chopin costretto a suonare i notturni travestito da pecora? Al tempo del comunismo certe cose magari non andavano, ma c’era rispetto per gli artisti”.

Hellmann è infatti prima di tutto uno scrittore. Ma le sue canzoni sono tante piccole perle: echi di De Gregori, Capossela, Claudio Lolli e più di un ricordo della capacità suggestiva di Fabrizio Consoli al suo debuto con "18 piccoli anacronismi". Una voce leggera leggera, bassa e rarefatta che però non difetta mai di intensità e di colore espressivo. Come dire, una campionario dei piani nobili del cantautorato militante italiano, in cui Alessandro fa un bellissimo ingresso.

Si parte con una strumentale pianistico, "Gas per Chopin", si procede con la chitarristica "Di cosa parliamo quando parliamo d'amore" che ripropone il titolo del libro di Raymond Carver all'interno di un brano dal piacevole andamento, ma comunque di spessore. Si procede con la consoliana (nel senso di Fabrizio) "Le tue mani", introdotta da una tromba morriconiana. La dolcissima e rarefatta "Dormi" è una deliziosa ninnananna: "ho acceso di stelle la notte / per non farti sentire più sola / e ho chiuso a chiave le porte / perché il mondo può fare paura / ora dormi e sogna il sonno / è un lago profondo e scuro / io ti darò il silenzio / questa notte sarai al sicuro / Dormi che soffia il vento / dormi / che passa il tempo".

"Giorni strani" è invece un rock blues tirato e sudato, dove la band fa sentire il suo peso. "A mia madre" è un lento che non si fa problemi di pudore dei sentimenti, come è giusto che avvenga. "A volte ritornano" riprende invece la chiave jazzata, mentre "Sulla spiaggia" è un'altra dolce e intensa canzone d'amore. Bellissima anche la musicale "Blues for GJMJ", mentre la chisura sotto il profilo delle canzoni è affidata a "Interno notte": "Guardo il pavimento come si guarda il mare / ora che c'è tempo / che c'è il tempo soltanto / e sopra il cielo è vuoto / il cielo è appeso a un filo / e che dio ci aiuti / a capirlo il cielo". Gran finale con una sorta di improvvisazione per band polacca col suo "
Hejnat Miasta Wroclaw", con inserti radio e dal vivo in polacco.

Un bellissimo disco, l'ho già detto, un nome su cui puntare di sicuro, una capacità di scrittura che solo chi già manovra parole è in grado di offrire.
Alessandro Hellmann non sarà Leonard Cohen, ma è di sicuro qualcuno che ha qualcosa da dire. E possiamo restare ad ascoltarlo a lungo per capire di cosa si parla quando si parla di musica.

Alessandro Hellmann e Nestor Band
"Summertime blue"
Tre Lune Records - 2009
Nei negozi di dischi e sul sito

Sul web
Sito ufficiale

MySpace

Sito Tre Lune Records

Ultimo aggiornamento: 06-05-2009
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