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Registrato tra viale delle Milizie
e lo Studio 56
M issato al Suono di Ripetta.
Masterizzato dietro Piazza Strozzi
Flavio Giurato: voce, chitarra, pianoforte
Piero Fievoli: chitarra
Maurizio Galli: basso
Franco Finetti: fonico
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Tracklist
01. Il Manuale
del Cantautore
02. La Tentazione
03. Il Caso Nesta
04. Centocelle
05. La Giulia Bianca
06. L'Ufficialino
07. Silvia Baraldini
08. Praga
09. Ustica
10. Core Addannato
11. Mi-Lang
12. I Dinosauri
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Ma
chi è Flavio Giurato? Che musica fa? Che storia
si porta dietro? Dove suona, dove vive, cosa fa, perché
lo si vede poco in giro? Sono le domande che ti senti
fare più spesso quando nomini questo strano
cantautore, sono le domande che nascono attorno a
un personaggio che è diventato misterioso.
Probabilmente suo malgrado, ha acquisito il fascino,
irresistibile per molti, dell’assente, del nascosto,
dell’indeci-frabile, del non inquadrabile.
Il suo è un percorso
così anomalo da farne un piccolo fenomeno
di culto, favorito da quello straordinario diffusore
orizzontale di informazioni che è internet.
Per avvicinarsi a questo “Manuale
del cantautore” è perciò
indispensabile tenere presente questo anomalo
percorso, fatto di tre dischi a cavallo tra gli
anni 70 e 80 (Per futili motivi
1978, Il tuffatore 1982,
Marco Polo 1984), di
una lunga sparizione – interrotta da qualche
sporadica apparizione live - durata almeno sino
al 2002, di una riapparizione un po’ sghemba
(con il primo abbozzo di questo disco circolato
quasi clandestinamente e poi con un singolare
cd-libro a lui dedicato da NoReply,
con diciotto racconti ispirati alle sue canzoni
ad opera di altrettanti scrittori italiani, tra
cui Nove, Scarpa,
Nori). Un percorso fatto, infine,
di un ritorno alla discografia “ufficiale”
sul finire del 2007, con l’etichetta Interbeat
e distribuzione Egea.
È indispensabile tenerlo presente, il percorso,
se ci si vuole accostare a questo lavoro, complesso,
stratificato, fuori dal tempo e scostante, fuori
moda e policentrico. Una sorta di diario tra il
pubblico e il privato, capace di racchiudere tre
decenni di storia (dalla primavera cecoslovacca
di Praga, al caso Nesta, passando per Ustica,
Silvia Baraldini, la morte di Pasolini, gli anni
80 a Milano) filtrati da una sensibilità
originalissima, non facilmente classificabile.
Un manuale, quindi, che è soprattutto un
diario. E lo dice Giurato stesso, con la sua voce
vissuta e anche sofferta, nella canzone che dà
il titolo all’album e che è un manifesto
programmatico del disco stesso: “Questo
è il manule del cantautore/ ci vuole la
musica/ ci vogliono parole. Questo è il
manuale del cantautore/ i fatti della vita/ i
danni dell’amore. Questo manuale è
una spina nel cuore/ non me la tolgo/ mi alza
la pressione”. Lo dice subito, nei
primi tre minuti d’ascolto, come intende
lui questo mestiere: una sorta di urgenza che
spinge al racconto, che libera frammenti di memoria,
di riflessione affidati a un ascoltatore che abbia
voglia di ascoltare, ma anche di impegnarsi.
Questo signore di quasi 60 anni non ha nessun
bisogno né desiderio di compiacerlo, il
suo ascoltatore. Il suo anomalo percorso gli permette
di costruire un disco che accetta la sfida delle
dissonanze, delle difficoltà, di testi
che alternano il racconto allo squarcio onirico,
la dolcezza e la crudeltà, la narrazione
e la lirica. Il Manuale del cantautore è
uno spazio di libertà, che Flavio costruisce
a sua immagine e somiglianza, sapendo di spiazzare
i più, costruendo canzoni quasi mai di
facile ascolto, alternando e accostando toni e
atmosfere diverse, anche musicalmente (da momenti
più intimisti a squarci di progressive,
con un diffuso impasto rock), senza preoccuparsi
di una certa patina di antico che caratterizza
gli arrangiamenti (quasi che quei 20 anni dall’ultimo
disco non fossero passati…)
Già detto della programmatica title track
(che però è anche virata di paradossale,
di ironia, con quel riferimento ai gabbiani ingrediente
indispensabile per fare una buona canzone…),
si passa alla splendida Tentazione,
una ballata di ascendenze popolari, con un giovane
Padre Pio a misurarsi con le tentazioni. Il Caso
Nesta si affida a sonorità
rock vecchio stile per entrare nel cuore di una
contemporaneità fatta di maghi, scommesse,
calcio miliardario e stupidità. Centocelle,
è come un filmato senza filo narrativo,
denso di immagini, ricordi, squarci di cronaca,
più o meno decifrabili, più o meno
inquadrabili temporalmente, con un inizio sottotraccia
e un crescendo rock volutamente ansiogeno.
La Giulia Bianca è un’amara
ballata rock dedicata a Pier Paolo Pasolini, agli
anni 70, a una stagione di impegno e illusioni.
L’Ufficialino una “classica
(ma sempre alla maniera di Giurato, quindi sempre
un po’ sorprendente nell’andamento)
canzone anti-militarista, Silvia Baraldini
una commossa lettera alla reclusa, quasi una filastrocca
nell’affidarsi alle ripetizioni (che Flavio
predilige in maniera particolare). Storia e memoria
personale si fondono in Praga,
un ricordo della Primavera del ’68 (vissuta
dal giovane Giurato in trasferta in Cecoslovacchia
con la sua squadra di basket), con una ritmica
frenetica (a fare da specchio al succedersi travolgente
degli eventi di quei giorni) che si interrompe
improvvisamente con un finale lento, la fine della
speranza, scandita da “sotto l’asfalto
c’è la spiaggia”, slogan
sessantottino per eccellenza.
Un salto di oltre 20 anni ed ecco un altro frammento
di storia, questa volta tutto italiano, Ustica,
bella e struggente. Nel manuale del cantautore
c’è spazio anche per le radici e
Flavio si cimenta con la tradizione napoletana,
Core addannato, ennesimo scarto
inaspettato nello sfoglio delle pagine del Manuale,
una pausa rigenerante nel campo dei sentimenti,
a cui però segue un'altra canzone difficile,
inafferrabile sin dal titolo Mi Lang
(Milano, forse una storia d’amore d’altissimo
livello in quegli anni 80 tutti da bere). La chiusura
è affidata a I dinosauri,
non a caso, spietata, dura, senza sconti, immaginifica.
Chiudiamo il Manuale del cantautore e torniamo
a farci le domande dell’inizio. Ma chi è
Flavio Giurato? Com’è questo suo
disco atteso vent’anni, allora? Un disco
da ascoltare, da assimilare, un disco con cui
anche litigare, che magari ci fa arrabbiare perché
mai ci concede una pausa, uno spazio per rifiatare.
Ma che è un esempio di coerenza nella ricerca
artistica, di caparbia ricerca di uno spazio espressivo
personale, di rivendicazione del ruolo del cantautore,
della sua capacità (e verrebbe quasi da
dire del suo dovere) di raccontare storie e LA
STORIA, quella che riguarda tutti. E che non fa
sconti. Come questo disco...
Flavio
Giurato
Il manuale del cantautore
Interbeat/Egea 20-11-2007
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