Ascolti collegati
Vinicio Capossela
Ovunque proteggi |
Vinicio
Capossela
Nel niente sotto il sole |
Vinicio Capossela
Canzoni a manovellaI |
Federico Sirianni
Dal basso dei cieli |
Stefano Tessadri
Passione e veleno |
Max Manfredi
Luna persa |
Musicisti:
Vinicio Capossela: voce, chitarra wood dobro National,
pianoforte, gran coda, pianoforte Tallone 3/4 1970
Glauco Zuppiroli: contrabbasso
Zeno De Rossi: batteria, grancassa e piatti
Vincenzo Vasi: theremin, toy piano, glockenspiel
Alessandro "Asso" Stefana: lap steel, chitarra fantasma,
tubular bells, chitarra elettrica, autoharp e marxophone
Anthony Coleman: mighty Wurlitzer theater organ
Fabrice Martinez: violino
Enrico Gabrielli: clarinetto
Ottoni: Frank London e Matt Diarrau dei Klezmatics, Violoncello:
Mario Brunello (in “Lettere di soldati”), Strumenti
giocattolo: Pascal Comelade (ne “Il paradiso dei calzini”)
Cristallarmonio: Gianfranco Grisi.
Archi: Edodea Ensamble (Edoardo De Angelis, Michelangelo Cagnetta,
Joele Imperiali, Luca De Muro)
“La
faccia della terra”, registrato nel marzo 2008 a Tucson
da JD Foster nel corso di una improvvisata e fruttuosa session
con i Calexico
L’artwork di “Da solo” è
stato concepito e realizzato da Jacopo Leone per la Etcetera di
Catania.
I brani di “Da solo” sono tutti scritti da Vinicio
Capossela, tranne “Non c’è disaccordo nel cielo”
che riprende il titolo di un vecchio inno composto nel ’14
da Frederick Martin Lehman, e di cui Vinicio ha conservato la
melodia riscrivendone il testo.
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Tracklist
01
- Il gigante e il mago
02 - In clandestinità
03 - Parla piano
04 - Una giornata perfetta
05 - Il paradiso dei calzini
06 - Orfani ora
07 - Sante Nicola
08 - Vetri appannati d'America
09 - Dall'altra parte della sera
10 - La faccia della terra
11 - Lettere di soldati
12 - Non c'è disaccordo nel cielo
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E' meraviglioso. Nel senso che Vinicio Capossela pratica la meraviglia
con intenzione, con estrema applicazione, con costanza. E qualche
volta la raggiunge e lascia anche noi sorpresi e attoniti sotto
il gran tendone del circo della meraviglia. A volte non tutte
le ciambelle gli riescono col buco. Alcune sono troppo zuccherate,
altre ripiene di crema e marmellata. E altre volte ancora l'effetto
è raggiunto con trucchi ed effetti speciali. La vera maraviglia
però la si ottiene solo quando si è sinceramente
stupiti e meravigliati. "Da solo" è un disco
che centra molti obiettivi. Non tutti. Se "Ovunque proteggi"
stava sullo scalino del capolavoro, "Da solo" si pone
qualche gradino sotto. Ottimo disco, anzi meraviglioso. Ma anche
di meraviglie ci si stanca.
Vinicio
è l'attuale versione in musica delle magie circensi felliniane.
Spesso ci lascia a bocca aperta come bambini davanti ai misteriori
meccanismi che animavano i giocattori di latta a molla. Ancora più
spesso però ci mette nella posizione dei critici d'arte che
ora devono giudicare gli stessi giochi di latta con cui giocavano
da piccoli. A smontarli e ad analizzarli i giocattoli sono meno
belli. Era più divertente giocarci e basta.
Ne viene fuori che questo moderno pifferaio di Hammelin ci incanta
coi suoi giochi di pianoforte e strumenti incosistenti. E ci soggioga
completamente nel "Paradiso dei calzini"
("Dove vanno a finire i calzini / quando perdono i loro
vicini / dove vanno a finire beati / i perduti con quelli spaiati
/ quelli a righe mischiati con quelli a pois / dove vanno nessuno
lo sa"), ci prende per mano e ci incanta nella magnetica
"Il gigante e il mago" ("Quando
la messa è finita / quando si incaglia la vita / quando soffia
a volte il vento / quando il lume sembra spento / si fa scuro tutto
attorno / non c’è niente del gran giorno / puoi pregare
di incontrare il gigante e il mago"). ma manca la presa
nelle "Lettere di soldati" e
"Sante Nicola", mentre in "Una
giornata perfetta" e "In clandestinità"
cammina sul sottile crinale tra la maniera e la genialità.
Questo fa sì che si incontrino procedendo alcuni piccole
prove di maestria (piccole per la delicatezza congenita e programmatica
delle trame
e per l'esenutata rarefazione strumentale, non certo per il valore)
come "Orfani ora" che parte
con un'affrettata invocazione ("Ti prego chiamami tesoro
adesso / mentre piove e l’aria è fredda / e ogni goccia
d’acqua che mi sta bagnando / mi parla un po’ di te")
e prosegue con gli stilemi e le stimmate di una meravigliosa canzone
d'amore. Una di quelle che ti escono solo quando (come dice Vinicio)
"fuori piove, è inverno pieno e dentro ci si scalda
con la legna nel camino e un pianoforte solo in mezzo alla stanza":
"La pioggia mi feriva / e non avevo più parole /
ora è diventata neve / e cade morbida. / E io sono quello
a cui
fai accender sigarette / e sono quello per cui le hai accese tu
/ Il sano non crede al malato / e si annoia alla malattia / se avevi
dei ricordi ora / ora son passati a me / e sono nudo per strada
/ da quando non mi copre il tuo sguardo"
Mi piace la lenta maestosità di "Vetri appannati
d'America" che racconta di storie lontane: "Marinai
e soldati ai telefoni occupati / (e non arrivo ancora a te) / funerali
e bande bandiere e fanfare / (d’America) / sono Jim e sono
un alcol / sono John e sono oversize / e grazie Signore
per il dono della sobrietà/ per farmi accettare quel che
non posso cambiare / e per il coraggio di fare / nell’unione
di anonimi / Dio salvi l’America / Jim siede e dondola / e
la madre ciondola / e polvere e polvere in casa", ma anche
l'epicità trattenuta di "Dall'altra parte
della sera", molto caposselliana (e questo è
un pregio!): "Dall’altra parte della terra / una
luce trema nella sera / lei gioca con l’anello al dito / guarda
lontano oltre nel vetro / la sedia dondola da sola / fuori il rumore
di un motore / muore piano / Da questa parte della sera / lui s’incammina
oltre la strada / la notte prende il posto al giorno / niente è
restato ancora intorno / i muri parlano da soli / non si rifa’
la vita non più uguale / ed io… / Non ho più
avuto amore / non ho più avuto amore / vivo solo per te".
"La faccia della terra" è
identica a "Dall'altra parte della sera"
con parole cambiate, per cantarla assieme ai Calexico. Una delle
due è di troppo. E la bilancia pende negativamente dalla
parte della canzone "americana". Resta l'ultima "Non
c'è disaccordo nel cielo" che è
l'unica canzone non di Capossela sotto il profilo musicale, ma
che riprende il titolo di un vecchio inno composto nel ’14
da Frederick Martin Lehman, e di cui Vinicio ha conservato la melodia
riscrivendone il testo. Operazione riuscita. E' una canzone
molto avvolgente, da congedo intenso dopo una lunga permanenza insieme
(sono 60 minuti circa, più una ghost track rumoristica in
coda, ma molto in fondo, a "Non c'è disaccordo nel cielo").
E' un brano molto armonico, quasi natalizio, un congedo che è
un rivediamoci, un non facciamoci del male, un stiamo vicini: "Non
c’è disaccordo nel cielo / né nuvole gonfie
o mistero / né pacchi né stupri né soglie /
né stanze svuotate di addio / Solo tutte le lacrime avute
/ quando siamo stati migliori / e la grazia e l’oscuro segreto
/ ci scrosta nell’oscurità".
E' quindi un disco meraviglioso, perché conosce la meraviglia,
ma anche concettuale. E pure, in certi momenti, ricercatamente lezioso.
Non tutto scorre armonico come sarebbe nelle intenzioni dell'autore.
Eppure, proprio in queste sue asimmetrie, in questo procedere claudicante
e sbrindellato sta la sua grandezza. Rumori di fondo, musiche inconsistenti:
richiami che vanno da Coehn a Waits a Johnny Cash al Quartetto Cetra.
C'è dentro un po' di tutto e il suo contrario in un frullato
musicale a denominazione d'origine controllata: quel gran genio
di Vinicio Capossela.
Vinicio Capossela
"Da solo"
Warner - 2008
Nei negozi di dischi
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