Ascolti collegati
Benvegnù, Magoni, altri
Cime domestiche |
Paolo
Benvegnù
Piccoli fragilissimi film |
Mauro Ermanno Giovanardi
Cuore a nudo |
Giuseppe Righini
Spettri sospetti |
Baustelle
Amen |
e
John De Leo
Vago svanendo |
Musicisti:
I Paolo Benvegnù sono:
Paolo Benvegnù: voce e chitarre
Andrea Franchi: batteria e organo
Luca Baldini: basso e contrabbasso
Guglielm Ridolfo Gagliano: chitarre e violoncello
Con la preziosa partecipazione di
Alessandro Fiori: violino
Emiliano Tozzi: SAx baritono e tenore, clarinetto
Leonardo Galigani: tromba
Folco Tredici: trombone
Pamela Maddaleno: coro
Michele Pazzagia: registrazioni
Marco tagliola. registrazioni
Igor Cardeti: preproduzione
Tutti i brani sono di Benvegnù/ Franchi/Gagliano/Baldini,
eccetto 1784 di Luciana Manco/Paolo Benvegnù
Prodotto da Guglielmo Ridolfo Gagliano e Andrea Franchi
Masterizzato da George Athens allo Sterling Sound, New York
Registrato e missato al Polimero studio di Prato da Guglielmo
Ridolfo Gagliano e Andrea Franchi
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Tracklist
01. La Schiena
02. Amore Santo e Blasfemo
03. La Peste
04. Il Nemico
05. La Distanza
06. Interno Notte
07. L'ultimo Assalto
08. Jeremy
09. Sintesi di un modello Matematico
10. Cinque secondi
11 . 1784
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Disco
di parecchie pretese e tutte mantenute. E già questo non
è facile. Non si presenta come prodotto di consumo e non
lo è. Quindi dategli il tempo necessario per aspettarlo,
ascoltarlo e capirlo. E' un disco denso come marmellata e quasi
altrettanto viscoso. Bisogna avere l'accortezza di mischiarlo coi
giusti ingredienti: qualche formaggio erborinato qua, qualche tartina
imburrata là. I piccoli e fragilissimi film ci sono anche
qui e si articolano in undici episodi, di cui a volte si fa fatica
a scorgere i titoli di testa e i titoli di coda. "Raramente
come in questo caso - ci ha detto Paolo - ho concepito il disco
come se fosse un'unica canzone". Concordo su tutta la linea.
I brani hanno linee, soprattutto musicali, diverse, ma la stessa
matrice. E questa matrice è letteratura buona, è ottima
musica.
Sono trascorsi quattro anni,
tra un episodio e l'altro del canzoniere di Paolo Benvegnù,
ma sono stati quattro anni, innanzitutto intensi e poi spesi bene.
"Piccoli fragilissimi film" mi era piaciuto,
ma "Le labbra" sta sopra: mi convince. Sarà questa
sorta di piccolo muro del suono ottenuto raddoppiando quasi ovunque
la voce ("Ma non è Phil Spector! E' un modo per ovviare
a quelle che ci sembravano pecche di registrazione" sminuisce
Paolo. E' l'intensità lirica del canto e l'empito romantico
delle musiche che viaggiando libere per i migliori territori del
nuovo rock italiano, con qualche svisata dal jazz al classico al
rumoristico accennato. E' lo spessore tormentoso delle trame degli
undici capitoli in cui si articola il viaggio.
E' un disco sull'amore, quello folle e ineluttabile, quello sano
e puro, come quello insano e impuro: "il mio amore è
santo e blasfemo / perché ha toccato gli angeli / il mio
amore è santo e lontano /.../ ed è crudele
come immaginare / come scopare / come illudersi di ritornare /…/Il
mio amore è sempre blasfemo perché conosce le parole
è lo sguardo d'abbandono prima di partire".
("Amore santo e blasfemo").
Ecco, se vogliamo segnalare una piccola pezza dell'album è
la mancanza dei testi nel libretto.
Ma Paolo sostiene che c'è un motivo concettuale anche per
questo: "Proprio per non dare tanta importanza alla parola.
Per quanto sia un disco di parola. Nella realtà il mio intento,
anche se in realtà sono sempre intenti troppo concettuali,
l’intento era: dico tutte queste parole nella speranza che,
chiamando il disco Le labbra, da qui in poi incominci a diventare
gesti e sensazioni. Poi in realtà il libretto coi testi lo
stiamo facendo, scaricabile da internet. Anche in un formato vicino
a quello che è il formato del libretto del disco stesso".
Non resta quindi che armarsi di pazienza, in attesa di scaricare
il libretto da internet e cercare di cogliere fiore da fiore. La
sensazione che l'album sia formato da una sola lunga canzone è
data anche da alcuni accorgimenti tecnici: la voce resta sulle stesse
note e il tono dei brani è generalmente descrittivo, mentre
il cambio di atmosfere è soprattutto assegnato alle musiche
e gli stacchi tra un brano e l'altro sono veramente minimi, quando
anche ci sono. Tra "La peste"
e "Il nemico" non ce n'è
alcuno e anche tra "Interno notte"
e "L'ultimo assalto" non c'è
praticamente soluzione di continuità, mentre "Jeremy"
e "Sintesi di un modello matematico"
sono assolutamente una cosa sola. E lo stesso gioco si ripete tra
"Cinque secondi" e "1784".
Sono mediamente brani lunghi, che oscillano dai 6'22" de "La
peste" ai 3'51" de "L'ultimo
assalto" per un totale di undici brani e 52'38"
di musica in totale, ma la fine sembra arrivare in realtà
prima: al riascolto ripetuto dava l'impressione di un disco più
breve, forse anche per l'unitarietà dell'insieme. una palla,
una sfera sonora che percorre le singole tracce lasciando tracce
comuni del suo rotolare in questo che, non l'ho ancora detto chiaramente,
è uno dei migliori dischi ascoltato finora nel 2008, certamente
un imperdibile.
"Quello che di resta non è la distanza. Come finire
le parole ("La distanza"). "Lei
non ha più bisogno di credere /e accarezza le gambe ai suoi
demoni /…/ poi diventa luce che non tradisce nessuno / come
fuoco che si sa fermare /…/ e nei suoi occhi i miei sogni
esplodono ("1784") .“Non c’è
nessun confine che divida e illumini la freccia e il suo bersaglio
/ Potrai dividere il mio corpo in parti uguali in un istante”
("La peste"). “Non sento quest’ansia
di arrivare sul tuo ventre caldo / Depositare il seme senza amare
il campo” ("Il nemico"). Una
manciata di frasi sparse, prese qua e là dal corpo del disco,
per renderne i colori di fondo, colori che però esplodono
nella musica, quando sulla tradizionale base rock partono gli inserti
degli archi o dei fiati. Paolo Benvegnù ha disegnato con
maestria un album verso il quale non si può restare indifferenti.
Forse lo sipotrebbe non amare ... ma come si fa a non amore un album
sull'amore?
Ma è un disco di carne e di sogni, di calore e di sospensione,
di candore e commozione. "1784"
che rappresenta forse la luce in fondo al tunnel, è la canzone
che più mi resta nell'anima, nonostante la collocazione a
fondo album; quasi a dimostrare che si arriva facilmente alla fine
e con la voglia di non smettere l'ascolto. Ma anche "Jeremy",
"Sintesi di un modello matematico"
o "Interno notte" sono
canzoni indimenticabili all'interno di un album di parole dove però
è la musica a guidare il cammino attraverso le undici tappe
della stazione di un dolore che è anche amore. O di un amore
che è pure dolore. Un piccolo sunto dell’amore e odio
oppure dell’amore. Sicuramente della non-indifferenza. Una
pietra miliare che, d'ora in poi sarà necessario tenere presente
per valutare il cammino della musica d'autore in Italia.
Paolo
Benvegnù
"Le labbra "
La pioggia dischi/ Venus - 2008
Nei negozi di dischi
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