Un'altra
stagione, di nuovo in piazza cosa è cambiato? Vi siete stabilizzati
dopo un grande cambio di formazione come quello che avete avuto?
Praticamente
è un anno e mezzo, abbiamo ricevuto il battestimo del fuoco
nel febbraio marzo del 2006. Quasi due anni di maturazione. Questa
nuova formazione arriva a Milano ampiamente rodata, con un nuovo
disco in cascina, di cui il tour vuole essere un’occasione
per portarlo alla gente con la musica dal vivo. Un tour che poi
va anche a pescare in quello che è tutto il nostro repertorio
del passato.
Discograficamente a che punto siamo?
Dopo un lungo
inverno uscito nel novembre 2006 e poi è uscito Bella ciao,
per il mercato internazionale e che ha avuto distribuzione anche
in Italia con brani del nostro repertorio reincisi e riarrangiati.
Come
vedete l’ultimo disco? Ancora vi soddisfa? Ha potenziale
da esprimere?
Assolutamente
sì Crediamo che sia un disco che ha appena iniziato il
suo ciclo di vita. Un disco in cui convergono tantissimi elementi,
suggestioni, esperienze di vita-. C’è tanta musica
perché sono tante le canzoni e già in occasione
della scorsa tournee le abbiamo eseguite dal vivo quasi tutte.
Dal vivo le canzoni acquistano un loro pathos, una loro ragione
di essere che su disco è meno percepibile, perché
c’è anche il rapporto fisico con la gente che ti
ascolta. Crediamo che sia una tappa importante, perché
dopo il cambiamento nella line up determinato dall’uscita
di Cisco un momento in studio in cui si registrano nuove canzoni
sia fondamentale per un gruppo.
D’altra
parte la dimensione live per i Modena è essenziale
Sì,
assolutamente. E’ proprio la ragione d’essere del
gruppo., Nasciamo come formazione live, viviamo e continuiamo
a esistere proprio grazie alla possibilità di esibirci
dal vivo. Noi discograficamente non potremmo permetterci di campare
di musica e credo che pochissimi in Italia oggi potrebbero farlo.
Abbiamo una nostra nicchia di mercato, ma la nostra ragione di
esistere è proprio quella di potere suonare dal vivo.
Anche
il vostro è un vero e proprio Neverendig tour
In un certo
senso sì. Siamo da sempre stati percepiti come una band
costantemente in tour e ci siamo resi conto da anni come per il
pubblico rispetto a noi sia molto meno evidente la differenza
tra un tour e l’altro, dal momento che sei fuori per presentare
il disco nuovo a quando sei in giro ormai da due anni dall’uscita.
La percezione delle gente è diversa. È quella di
un gruppo costantemente in cammino, continuamente sulla strada.
Poi sono necessari anche momenti di pausa per poterci concentrare
anche sugli altri aspetti del nostro lavoro: la composizione,
la scelta di canzoni, il fatto di vivere esperienze che non siano
solo quelle del suonare dal vivo, come i viaggi o come quegli
aspetti meno appariscenti della nostra professione di musicisti.
Attualmente
un concerto vostro come si caratterizza. Più materiale
nuovo o storico?
Noi crediamo
sia un buon mix tra le due cose: prende molte cose da Un lungo
inverno, ma le sa opportunamente contestualizzare nell’ambito
di una scaletta che comprende brani da tutti gli album. I nostri
concerti durano più di due ore e viaggiano piuttosto bene.
Non ci sono momenti di cali di attenzione o di stanca.
Tu
sei l’unico membro originario dei Modena?
In realtà
c’è il flautista Franco d’Agnello che è
dentro da prima ancora, è tecnicamente uno dei fondatori.
Io mi sono unito dopo alcuni concerti: le sagre di paese, insomma.
Io sono entrato nel ’92, lui nel ’91 aveva già
fatto qualche concerto. Roberto Zeno poi è entrato nel
’94 e ha visttuo quindi tutta la storia del professionismo.
Poi Arcangelo Kaba Cavazzuti, percussionista a chitarrista, è
stato il nostro primo produttore e praticamente è con noi
da sempre.
Bella ciao
perché ci sembra rappresentativo di un certo tipo di immaginario
che può essere condiviso in Europa. È uscito in
Francia, Germania, Svizzera e Olanda.