Ah decisamente sì. Ho fatto molte produzioni,
tra cui anche quella di un gruppo molto conclamato come i Perturbazione.
E io quando produco per altri mi impegno più che se lavorassi
in proprio. E’ una “malattia” da cui dovrò
cercare di guarire. Ho fatto almeno una dozzina di dischi, poi
un po’ di lavori teatrali …
E poi Cime domestiche
Che è un disco che mi ha appassionato
tanto. E poi con tre mostri sacri come Ares Tavolazzi, Petra Magoni
e Monica Demuru… E’ un sogno realizzato, per uno che
parte dall’indie rock.
Tra l’altro è un disco molto
interessante, ma ne parliamo dopo. Veniamo a ora: hai fatto prima
un Ep, che è andato esaurito in pochissimo tempo …
Un po’ come me! Che sono esaurito in questi
ultimi tempi (ride)
E quindi Le labbra che è entrato
subito in classifica anche se al 94esimo posto.
Devo dire che da un lato me ne fregio e dall’altro
tolgo la vocale che sembra di troppo. Però sono contento
per il lavoro del gruppo. Lo sai che li chiamo I Paolo Benvegnù.
E nel gruppo ci sono anche i due produttori del gruppo che sono
Andrea Franchi, che suona la batteria ma anche altre tantissime
cose e Antonio Gagliano che in realtà è un violoncellista
ma che si presta nel disco a fare di tutto. E ad arricchire brani
che io metto in maniera minimale sul tavolo. Perciò sono
felice per loro.
Perciò è un album non di
un solista, ma di un gruppo. Però le canzoni sono tutte
tue.
Un po’ il fatto di chiamarsi Paolo Benvegnù
è un po’ perché le canzoni in maniera primigenia
sono scritte da me. Poi è anche perché almeno in
questo caso non posso sciogliermi da me stesso. Con gli Scisma
nel nome c’era già un manifesto programmatico. Invece
dai Paolo Benvegnù sciogliermi sarebbe difficile (Ridiamo).
Anche se non sarebbe male se mi sciogliessi da me stesso. Almeno
in questo saremmo degli iniziatori.
Veniamo al disco: disco pregno. Di grosso
impegno, di significato. Come mai nel libretto non ci sono i testi,
invece indispensabili per gustarsi un lavoro così.
Proprio per non dare tanta importanza alla parola.
Per quanto sia un disco di parola. Nella realtà il mio
intento, anche se in realtà sono sempre intenti troppo
concettuali, l’intento era: dico tutte queste parole nella
speranza che, chiamando il disco Le labbra, da qui in poi incominci
a diventare gesti e sensazioni. Poi in realtà il libretto
coi testi lo stiamo facendo, scaricabile da internet. Anche in
un formato vicino a quello che è il formato del libretto
del disco stesso.
Il disco viene presentato con uno scritto
tuo indipendente. Un’aggiunta. Un regalo. Un in più.
Da un lato può essere un regalo se qualcuno
lo ritiene all’altezza di essere un regalo (ride). In realtà
è un piccolo sunto dell’amore e odio oppure dell’amore.
Sicuramente della non-indifferenza. In questo racconto c’è
una visione particolare dell’amore, una visione talmente
ottimista da risultare quasi cinica e grottesca. Una donna chiude
un uomo in una cella frigorifera e questo uomo la ama comunque,
a prescindere. Perché l’amore assoluto, per come
la vedo io, è incondizionato. E questo porta a essere ottimisti,
a vivere le cose in una prospettiva ottimista che non è
ovviamente la realtà, ma aiuta a vivere meglio.
Continuano a essere piccolissimi film,
tanto per citare il tuo disco precedente, però è
anche un idsco con un’area concettuale comune, giusto?
Decisamente sì. In questo caso mi viene
da pensare che “Suggestionabili”
che era un brano di Piccoli fragilissimi film dove c’era
una presa di posizione di se stessi abbastanza evidente (“Io
sono l’unica cosa che mi rimane era la frase più
importante di quel pezzo”) si sia un po’ esteso a
tutto il disco, come se "Le labbra"
fosse un po’ l’estensione e la proiezione nel tempo
di quel brano. In realtà in questo disco si parla di in
quanti modi si possa distruggere o vedere i rapporti interpersonali,
ma poi sul finale arriva un momento di costruzione ed è
questo che francamente vorrei vivere nella mia vita e lo sto vivendo
in questo momento. Ahimé, è concettuale perché
è quello che mi è successo in quest’ultimo
anno.
E’ un po’ una cronaca poetica
e romanzata
Sì. Metaforizzata.
Musicalmente come lo collocheresti?
Non saprei. Mi sembra paradossalmente che non
sia tanto diversa dalle cose del Battisti post ’74. Semanticamente
la musica segue spesso le parole ed è quello che era particolare
di quel periodo di Battisti. E’ perfino banale dire che
lo amo molto. Che forse per alcuni aspetti è l’unica
cosa della musica italiana paragonabile ai Beatles per la musica
mondiale. E questa è stata però francamente una
scelta che è venuta a posteriori. Un po’ come dice
Fellini: i film si fanno un po’ da soli. Scegli il direttore
della fotografia, scegli i caratteristi, scegli gli attori e poi
a questo punto quasi per volontà delle maestranze il film
viene quasi da solo. La stessa cosa è successa a noi. Avevamo
30 giorni per fare questo disco ed è venuto fuori così.
Avessimo avuto magari 40 giorni veniva diverso.
Mi ha colpito molta attenzione nell’uso
della voce, una bella importanza alla voce, che spesso la raddoppi.
Sì, nella realtà sentivamo …
rientra nel novero dei problemi tecnici. Abbiamo registrato tutto
nel nostro studiolo e mixato ance lì, attraverso un computer.
E il problema era che a volte perdevamo la voce e come ai vecchi
tempi del 4 piste dicevamo: “staoerdendo la voce. Cosa faccio?
Beh, la raddoppio” (ridiamo)
Una scelta stilistica “casuale”.
E io pensavo più a Phil Spector, il muro di suono …
Phil Spector di muri e di case che circondano
l’abitacolo dell’uomo stesso ne sa pure troppo. E’
stato molto naturale per noi arrivare a questo tipo di risultato
che peraltro adesso mi ha soddisfatto. Ora è un po’
che non sento il disco, perché quando un disco è
finito tendo a staccarmene. Però lì per lì
siamo stati contenti. E anche contenti di non avere tantissimo
tempo per ripensarci. Come dire “sull’impronta”.
Non mi era mai capitato.
Tu hai citato una canzone del disco precedente.
In questo disco c’è una canzone in particolare che
si avvicina di più a quello che volevi fare? Che ti rappresenta?
E’ strano perché in questo caso
è la prima volta che mi capita di sentire un disco come
se fosse una canzone unica. Questo è un disco così,
non riesco a pensare un brano più importante degli altri.
Parlo del flusso di scrittura e di ascolto. Poi nella realtà
posso dire quello che mi succede adesso suonando i pezzi dal vivo
e posso dire che il pezzo in cui mi sento più coinvolto
è “L’amore santo e blasfemo”
che è un brano che parla proprio del fatto di sentire l’amore
incondizionato. Qualsiasi cosa accada quell’amore rimane
sano e puro, anche se dall’altra parte l’amore può
essere insano e impuro, perché comunque riesce a capire
dell’altro le pulsioni e i desideri. Comprendere nel vero
senso della parola. Non soltanto mentale. Come la terra comprende
un lago, ecco.
Mentre stavi registrando il disco e anche
ora, qual è la musica che ascolti?