Ascolti collegati
Luigi Maieron
Si Vif |
Luigi Maieron
Anime femine |
La Sedon Salvadje
Il cil d'Irlande |
Mantova musica festival
Edizione2005 |
Lino Straulino
La bella che dormiva |
Zuf de Zur
Partigiani |
Musicisti:
Voce, chitarra: Luigi Maieron
Violino, viola: Michele Gazich
Bouzouki, chitarre, mandolino: Giorgio Cordini
Mandolino, voce (in Mieli), chitarra: Franco Giordani
Contrabbasso: Paolo Manfrin
Batteria: Ellade Bandini
Flauto: Elena Ambrogio
Voce (in Mieli), Bodhran: Johnny Dario
Fisarmonica: Luca Ferro
Testi e musiche di Luigi Maieron
Mago Tiraca: testo di Luigi Maieron tratto dalla poesia Bortul Dal
Negro di Leonardo Zanier, musica Luigi Maieron
Mieli: tradizionale carnico, riscrittura e adattamento di Luigi
Maieron
In Viaç: testo di Luigi Maieron, musica di Luigi Maieron
e Michele Gazich
Registrato nella primavera del 2007 ai Delta Studios di Remanzacco
(Udine)
Tecnico del suono: Vittorio Vella
Mixato da: Michele Gazich, Luigi Maieron, Vittorio Vella
Masterizzato da: Claudio Giussani presso gli studi Nautilus di Milano
Produzione artistica: Michele Gazich |
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Tracklist
1. Ognun bale cun sô agne
2. A passo di donna
3. Une mari
4. Mago tiraca
5. Dal cjalt al freit
6. La neve di Anna
7. Il vento di casa
8. Mieli
9. In Viaç
10. Une Primavere
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E
così l'albero ha ripreso a scrivere. Si è scosso di
dosso i suoi dolori, le sue cicatrici, le ferite, le rughe e ne
ha fatto materiale per poesie in musica. Maieron parla con la voce
di vento e ad ascoltarlo bene sembra di sentire il fruscio passare
tra le foglie della quercia, salire e scendere per i fianchi dei
monti, passare indenne attraverso le stagioni e giungere fino a
noi per scuoterci nell'intimo. Luigi Maieron non parla di amori
fugaci, di malesseri passeggeri, di episodi smarriti nella memoria.
No, per Gigi il cuore è la vita stessa, il senso di esistere,
il nostro ruolo transitorio, con tutte le domande che si può
portare dietro.
Sono
passati 5 anni da "Si vif", 5 anni di gioie e sofferenze,
di speranze e di frustrazioni, ma soprattutto di vita. In mezzo
c'è stata la collaborazione con Massimo Bubola e con la Sedon
Salvadie, il ritorno nelle terre di Friuli con lo studio su Pier
Paolo Pasolini, culminato nello spettacolo "I Turcs
tal Friul", la partecipazione alla seconda edizione
del Festival di Mantova, la pubblicazione del romanzo "La
neve di Anna" e infine il tentativo lungo e spesso infruttuoso
per arrivare al terzo disco (esiste anche l'ottimom ma più
acerbo "Anime Femine"). Nel frattempo
la scaletta del nuovo lavoro si gonfiava e si sgonfiava in misura
consistente: "La neve di Anna",
intesa come canzone, durava 5'02" contro i 4'24" di adesso
e non era un valzer viennese, mentre "Il vento
di casa", pur invariato nel minutaggio, era piacevolmente
intriso di umori da controcultura anni '70. Di un altro brano come
"Le montagne sono bianche" si
sono purtroppo per ora perse le tracce.
Ma
se il risultato di un grande dolore può essere a volte un'opera
d'arte, un'opera d'arte altrettante volte può essere fonte
di dolore. "Une Primavere" è dolore
e gioia a tempi alterni, fino ad arrivare a farli convivere, il
dolore e la gioia, nella canzone che dà il titolo all'album.
Ma andiamo con ordine: innanzitutto è tornato, al violino,
alla viola e alla produzione artistica, Michele Gazich
che già aveva dato una fortissima impronta personale a "Si
vif", però "Une primavere" non è
semplicemente "Si vif numero 2", ma un disco diverso che,
con il predecessore condivide alcuni momenti, una parte del mood
di fondo, pur concedendosi vette e abissi che "Si vif",
nella sua perfezione pastorale, in parte evitava. Evitiamo però
un equivoco di fondo: non stiamo parlando di un disco di musica
popolare o di folklore. La musica di Maieron sta di diritto all'interno
di quell'enorme calderone che si chiama popular music, nel resto
del mondo, e che va dai Beatles fino a Cesaria Evora. E' musica
d'autore e il peccato, semmai, è che ce ne sono pochi di
autori così.
Poi se volete sapere se i brani sono in friulano o in italiano la
risposta è mista: tre brani sono in italiano e sette in friulano.
E se volete saltare il resto della recensione per farla breve, il
giudizio è da cinque stelle senza esitazione. Pochi lavori
nel 2007 possono stare alla pari con quello che Maieron e Gazich
sono riusciti ad apparecchiarci giusto in tempo per l'inizio dell'autunno,
contando sull'aiuto di un paio di ospiti prestigiosi come Ellade
Bandini alla batteria e Giorgio Cordini
al bouzouki, chitarra e mandolino. La scommessa vinta è stata
riuscire a fare un disco vario, di musica ad ampio orizzonte, che
si ricordasse sia delle radici locali, quanto delle grandi tradizioni
musicali, dall'America all'Irlanda e che a tutto questo unisse la
profonda voce scura di Gigi e quella sua capacità marqueziana
di creare dal nulla personaggi indimenticabili come il "Mago
Tiraca" (ossia Bortul dal Negro ostîr a
Povolâr / famôs induvinacul titulâr da privativa
/ ... / gjamba-di-fau Corsaro-nero", ossia "Bortolo del
Negro oste a Povolaro/famoso indovino titolare della rivendita alimentare/
... / gamba di legno, corsaro nero") che sentiva un anello
di freddo attorno al dito mozzo, dove anni addietro c'era la fede
nuziale. A sorpresa "Mago Tiraca" è una sorta di
country blues d'atmosfera ("Abbiamo portato Johnny Cash in
Friuli!" mi ha detto sorridendo Gazich), tirato e coinvolgente,
ispirato ed estroverso, una parentesi di sole, in un album che con
sole gioca a nascondino.
Altro
grande personaggio da romanzo è
Anna, dura e tenace donna di montagna, costretta a svernare da sola
mentre il suo uomo lavorava all'estero, in Austria, oltre il confine,
finché "un giorno qualcuno le ha detto che un'altra
rifaceva il suo letto". Anna parte sotto la neve per andare
a vedere se questo fosse vero("il freddo rallentava il
lamento la neve il suo passo lento / fu un viaggio di preghiera
e dolore a misurare la forza di un amore"). La maldicenza
ha lingue lunghe, ma non biforcute: vedendo che il maritoaveva effettivamente
un'altra, Anna riparte immediatamente e muore in una tempesta di
neve, continuando a ripetersi sempre "Per favore, cos'è
un amore?". Struggente, raggelante e Luigi chiosa "L'amore
stringe i suoi nodi" ("La neve di Anna").
"Ognun bale cun sô agne"("Ognuno
balla con sua zia") non è una sorta di "Grazie
zia" della Carnia, ma un modo di dire che sta a significare
che ognuno vive come può, sottintendendo il rapporto tra
comportamento e necessità. Si parte da una situazione concreta:
la zia era la persona di famiglia più adatta a insegnare
a ballare ai giovani e si arriva a considerare che le possibilità
di scelta nella vita sono limitate o comunque misteriose ai più.
Il brano rivive del clima di una piacevolissima danza sull'aia.
Ma, come sempre, non sono solo sorrisi ("Ognuno balla con
sua zia/nel suo luogo nel suo brodo/si mostrano i denti si piega
la schiena/si punta al cielo ma si gode la terra").
Ci sarebbe da parlare a lungo di ogni brano e lo faremo in altri
articoli, canzone per canzone, ma almeno una ancora la dobbiamo
citare: "Une primavere" è
la canzone che fa da collante e da giustificazione all'intero album
a cui ha anche donato il titolo: "Il freddo di una primavera
mi si è cucito addosso/un viaggio che non volevo fare la
paura di essere tardi/ma sento tornare il buon tempo il seme ha
voglia di nascere/sento il suo scricchiolio nel guscio che si rompe//adesso
ho meno fretta ho meno cose da fare" ossia "Il freit di
une primavere mi si è cusît intor / un viaç
ch’e no volevi fâ la poure di jessi tart / ma sint tornâ
il bontimp il sem a la voe di nassi / i sint il so criçâ
ta scusse ch’a si romp / cumò j ai mancul presse j
ai mancul roubes di fâ", perché il suono
della lingua è importante.
O, come dice, quasi (quasi, perchè a Gigi non fa mai difetto
la dimensione lirica) in prosa, lo stesso Maieron "inseguire
una propria primavera che ti permetta di ripartire da qualsiasi
trauma, delusione, mancanza. Il seme si torna a muovere, riporta
la vita e si riparte meno assorbiti; con le ferite esposte all’aria
in attesa di una guarigione. Il dolore non ti da scampo e viene
a dirti dove dovevi stare più attento. Pretende da te la
forza, e spesso la forza, la solidità si costruiscono sulla
fragilità che colpo dopo colpo mette in piedi una sua struttura.
Ogni nascita o rinascita porta qualcosa di nuovo e di diverso. Si
torna a partire". E per farlo Gazich mette in piedi un crescendo
musicale, retto in modo sublime dalle mille percussioni di Bandini
(i dolori screziati della vita, quei click che ti crepitano dentro)
che finisce per ricordare le marce scozzesi, le gighe irlandesi,
i momenti epici di "Barry Lindon", il
film di Stanley Kubric, nei momenti in cui alla colonna sonora ci
pensavano i Chieftains. E chissà che nella lotta disperata
di quest'uomo in bilico tra primavera e inferno (o inverno del cuore)
non ci sia in fin dei conti un ardore epico che giustifichi una
ballata come questa. Così bella, così intensa, così
pulita. Così triste, così necessaria, così
assoluta. "Stanotte e poi domani ed un altro ed un altro
ancora".
Luigi
Maieron
"Une primavere"
Self - 2007
Nei negozi di dischi
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