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Una
geniale follia perseguita con attenzione
di
Moka
A scoprire Simone Cristicchi dopo la vittoria nel Festival
di Sanremo non ci vuole certo la scienza infusa. Possiamo
solo vantare di esserci arrivati prima. Nell'ottobre del 2005 scrivevamo:
"Simone Cristicchi è un bancario che gioca a fare lo
spostato o è uno spostato che gioca a fare il bancario che
gioca a fare lo spostato? Guardate la copertina del disco qui a
fianco. Cosa ne dite? La seconda, vero? La seconda. Concordo. Anche
perché oltre alle canzoni del disco, gli altri suoi brani
rispondono ai bei titoli di "Autistico", "Elettroshock",
"Bastonaci" e altri titoli tranquillizzanti dello stesso
tipo. Diciamo che dalle prime impressioni, confortate da chi l'ha
visto dal vivo, Cristicchi sembra un po' uno Jannacci degli esordi:
clown lunare, ma con una bella incertezza su dove finisca il clown
e dove inizi il lunare".
Sono passati gli anni e Simone ha fatto non uno ma due festival
di Sanremo: uno ha rischiato di vincerlo tra i giovani (ed è
stato preceduto dal desaparecido Riccardo Maffoni) e l'altro l'ha
vinto con la magnifica "Ti regalerò una rosa",
presente su questo disco. Nell'intervallo ha vinto tutto quello
che c'era da vincere: Targa Tenco per l'esordiente, Recanati, Premio
Charlot per la canzone comica, il Premio Giorgio Gaber, quello Carosone,
il Premio Mei, il Lunezia e lo Zecchino d'Oro non per limiti d'età.
Quindi ora è acclarato: Simone è un grande cantautore
e "Dall'altra parte del cancello" è
un signor disco.
Undici
tracce: la prima è una buffa cover, una rap/rock version
de "L'Italiano" di Toto Cutugno/Minellono,
con una sola variante significativa nel finale: "Sono un italiano
... un italiano nero!". Ed ecco che
una schifezza di canzone diventa tutta un'altra roba. "Laureata
precaria" è invece il capitolo successivo
di "Studentessa universitaria",
quasi altrettanto "carina" come forma e altrettanto pepata
nella sostanza. Cristicchi ha questa capacità/levità
di passare sopra a temi molto seri, scegliendo un tono disincantato.
Il testo è tosto, lo si tasta: il precariato perenne, il
Paese dei Co.co.co a vita, quell' "Italia che è
una Repubblica fondata sullo stage". Ma la musica lascia
intendere possibilità di lievi ascolti estivi.
Un'acquerello è poi la successiva "Monet",
dall'incedere brasiliano, quasi fosse un Concato d'annata. Un piacevolissimo
samba appollaiato su una nuvola per cantare d'amore. Una delizia
morbida e appetitosa: una canzone-mango.
La successiva "Non ti preoccupare, Giulio",
cantata con Leo Pari, Pier Cortese e Marco
Fabi è un rock veloce che descrive in modo sapido
la figura di un ragazzo italiano, un modello alla rovescia. Sembra
di sentire il miglior Edoardo Bennato. Chitarre elettriche e testi
abrasivi. Si segue forzatamente muovendo il piede. Giulio che "quest'anno
non andrai a Sanremo / perché Morselli / ti ha sbagliato
il Demo". Giulio che "sei stanco e non hai fatto
un cazzo / Un'aperitivo e una grappa dopo pranzo, ma come stai?/
Ma non lo sai che Sky e la Snai/ non risolveranno tutti i tuoi guai?".
E quanti ne conosciamo di Giulio?
"Legato a te"
è invece un lento, ma perché non si fraintenda il
senso c'è il sottotitolo a chiarircelo: "dedicato
a Piergiorgio Welby" . E il "te" in questione
è la macchina che ti mantiene in vita. Temi pesanti da trattare
in un disco, temi inconcepibili nell'album del vincitore di Sanremo.
Applausi e commozione. "Tu sei fredda / eppure sei la sola
che mi dà calore / ma non riesci a farci niente adesso contro
il mio dolore". "il mio corpo è una fragile foglia
/ cher riposa qui sotto le lenzuola / non mi resta nient'altro da
dire / vorrei esserelibero di finire". Chapeau!
Ci tiriamo subito su con "L'Italia di Piero"
che ci sembra il fratello maggiore di Giulio. Filastrocca con nomi
e cognomi, in questo caso più vicino a Rino Gaetano, soprattutto
nella struttura armonica. Piero è un'altro italiano (ma quanti
ce ne sono in questo disco?) che ha fatto tutto "col polonio
fa il pieno alla Ferrari / dice che Borghezio c'ha una nonna tunisina
/ e la tiene segregata da vent'anni giù in cantina".
Tutto da godere. Si ride e si pensa.Si pensa e si ride. Ma c'è
dell'acido corrosivo sotto la sedia gialla. C'è dell'acido
nelle parole che indice e, poco a poco, lascia il segno.
"Il
nostro tango" è magnifico! In primo luogo
perché è un tango vero ("L'amore mio sei
tu / te lo dicevo sempre / ma tu guardavi lui / restavi indifferente")
sia nelle parole che nella musica. E il tocco di megafono del
cantante dà l'assoluta ombra dell'inverosimiglianza. Troppo
simile per essere vero. Troppo vero per essere solo simile. Anch'io
mi sono innamorata "di questo nostro tango"!
"Nostra signora dei Navigli"
è un impegnativo ritratto di Alda Merini, ma secondo voi
uno che in disco parla di matti e di eutanasia, di co.co.co e di
valori assoluti, può spaventarsi per parlare di una poetessa?
No. Il ritratto che neesce è a tinte forti. Positivo e negativo:
"Sopra i muri delle stanze scrive col rossetto / numeri
di telefono, aforismi estemporanei / che le case editrice non avranno
mai". Ma anche "il poeta ama amare ma non vuole
essere amato / il poeta non vuole essere capito". Insomma?
"Io vorrei essere come lei / fregarmene dei giudizi altrui
/ avere un distacco netto / dalle cose del mondo / dalla volgarità
/ di questo secolo". "La signora mette paura
e non reggerai il suo sguardo". Sembra una fedele cronaca
di un incontro. Irridente e delicata. Un'altra perla sulla luna
collana.
E dopo questa "passeggiata" più o meno amena, arriviamo
ai pezzi forti: le ultime due canzoni e "quella-di-cui-non-ho-ancora-parlato".
"La riposta" è un brano
che definire impegnato è dire poco. "C'è
un buco fatto a forma di Dio/ che senso ha? Forse non finisce tutto
qui / forse è così / c'è un senso a tutto,
c'è un perchè / entro me / La riposta è dallì'altro
lato del cervello / La risposta è dall'altra parte del cancello".
Lento di atmosfera che ti porta vicino all'assoluto. Brividi. Un
altro applauso.
"Lettera da Volterra" è
una vera lettera di un'internato al manicomio toscano e mai consegnata,
perché, come era regolamento d'allore, le lettere dei matti
non veniva spedite. Simone recita su un'improvvisazione al piano
di Giovanni Allevi. Struggente. Se ancora non si
fosse capito, Simone Cristicchi non è qui di passaggio, ma
per restare.
Come resterà la sua "Ti regalerò
una rosa" il testo più commuovente che
mi sia mai capitato di ascoltare a Sanremo, ma uno dei più
commuoventi tra tutti gli ultimi testi letti. Forse solo "Il
malato di cuore" di De André a una prima lettura era
altrettanto forte. Musicalmente è una miscela tra suoni elettronici,
un docle arpeggio di chitarra e un quartetto d'archi. Forse non
nuovo, ma splendidamente riuscito. E comunque, fosse solo una canzone
sarebbe bella ma isolata: qui sui matti abbiamo due canzoni, un
libro e un dvd, tutti dovuti alla brillante penna di Cristicchi.
Ce lo ricorderemo.
Simone
Cristicchi
"Dall'altra parte del cancello"
Sony Bmg - 2006
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