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Le BiELLE Interviste
Shel Shapiro: E la musica che va ... e ritorna il sereno

Foto di Patrizia Laquidara al Tenco




Ascolti collegati


Concerto in acustico al Blue Note
di Giorgio Maimone

Un concerto di Shel Shapiro al Blue Note? E’ ennesimo ritorno? Anche se in realtà non c’è mai stata un’interruzione dell’attività: sono più di 40 anni che, prima coi Rokes, e poi da solo Shel è una figura di spicco nell’ambiente discografico. Forse più come autore, produttore e promotore che non come protagonista. Quattro anni fa è uscito un nuovo album, ma di esiti immediati non ne sono seguiti. Ora il ritorno a Milano da protagonista, con un quartetto acustico.

Mah,. Guarda, io direi il secondo ritorno. A parte un evento al Mazda Palace un paio d’anni fa, sono anni e anni fa che non suono a Milano. Con me ci sono i musicisti che hanno sempre lavorato con me. E’ una situazione acustica, usato in un contesto un pochettino più rock del solito. Rock Acustico, come si può capire. Poi la musica non si divide tra rock e non rock, ma tra musica buona e non buona.

Proponi canzoni nuove o del passato

C’è qualcosa di nuovo e qualcosa del passato. Se io vado in scena e non faccio “Che colpa abbiamo noi” o “La pioggia che va” mi tirano le bottiglie. Ho pensato fosse più saggio mantenere qualcosa del passato. Fare almeno qualche pezzo dei Rokes. Anche perché ci sono alcune canzoni dei Rokes che mi piacciono. Sono indimenticabili. Io poi ho passato un lungo periodo in cui rifiutavo questo tipo di musica. Quando uno è stato tanto tempo in un gruppo vuole fare anche altre cose nella vita, oltre a essere Rokes. Poi piano piano ho ripreso a farle dal vivo e ora vivo con una certa nonchalance il passato Rokes. E ci sono dei brani che proprio amo suonare. Non mi dispiace affatto che la gente li voglia ancora sentire.

Quali sono i tuoi brani che ti piacciono di più?

Del passato Rokes quello che mi piace più di tutti è “E la pioggia che va” che è una canzone che lascia una ferita profonda su chi l’ha ascoltato allora e chi lo riascolta. "Che colpa abbiamo noi" è piena di significati, ma ha significati di “allora”, anche purtroppo di oggi, ma “E la pioggia che va” è seriamente un segno profondo.

Tu eri anche autore de “E la pioggia che va”?

No, quindi non ho motivi per promuovere questa canzone piuttosto che un’altra. E’ una canzone nata col testo di Mogol, ma dopo lunghi discorsi tra Giulio e noi per individuare un nostro pensiero sulla vita sociale, mica sulla musica. La musica era solamente un riflesso della vita sociale.

Canzoni nuove?

Ci sono un po’ di cose che arrivano da un album che avevo fatto quattro anni fa, che riascoltare in acustica, riprendono nuova vita. Ascoltare in acustica vuol dire ascoltare le canzoni nel modo vicino a come erano nate in origine e riscopri dei mondi. “Per amore della musica” in acustico è bellissima. Una canzone che avevo scritto per Mia Martini, assieme a Mia, che si intitola “Quante volte”, in acustico è straordinariamente bella. Mai come se fosse cantata da Mimì, perché lei era clamorosamente brava, forse la più grande in assoluto.

Ci sono anche inediti. Canzoni che hai scritto ultimamente?

L’anno scorso, 18 mesi fa per l’esattezza, avevo tradotto una serie di canzoni di Fabrizio De André. Dori Ghezzi mi aveva chiamato, in virtù di una vecchissima conoscenza: ci conosciamo dal ’70 credo, quando lei e Wess cantarono una canzone mia all’Eurofestival. Mi ha chiamato come Fondazione De André, perché c’era Patti Smith che voleva registrare alcune canzoni di Fabrizio. Quindi io ho fatto gli adattamenti/traduzioni di alcuni canzoni. E’ possibile che dal vivo faccia anche Sand Creek in inglese. Il problema è che è una canzone che se hai il testo davanti e segui la traduzioni capisci bene cosa è stato tenuto o cambiato dall’originale. Però devo pensarci, perché Fabrizio e Massimo Bubola scrivevano molto. Per tutto questo testo ci vorrebbe un lenzuolo! Proprio un “fiume” sand Creek. Quindi o mi metto un testo davanti e cerco di leggerlo …

Credo possa venire molto bene

E’ cambiato molto l’arrangiamento, è molto più etnico. O anche stile Bo Diddley se vogliamo: ha questa impostazione blues che è molto affascinante.

Se accetti richieste mi piacerebbe risentire anche “Eccola di nuovo”, ossia “Here comes my baby” di Cat Stevens.

No, questa è una di quelle che non faccio mai. Ci sono canzoni che rimangono attaccate, altre meno. Eccola di nuovo non l’ho mai sentita vicino al mio cuore.

Il resto della tua attività? Tu hai fatto di tutto: produttore, attore, organizzatore di festival

Ma sì, ma quelle sono piccole cose, dove realizzi piccoli sogni. Anche quando fai l’attore. Mi diverto a fare certe cose. Adesso appena finito al Blue Note comincio seriamente la preparazione di uno spettacolo teatrale che debutta al Mittlefest di Cividale in Friuli, dove Moni Ovadia è direttore artistico. Il testo è di Edmondo Berselli, nato proprio da un colloquio tra di noi, nove anni fa e continuato, lui ha scritto questo testo e io ho scelto delle musiche, poche cose mie. Il titolo dello spetacolo è “Sarà una bella società” . Debutterà il 18 luglio a Cividale . Credo che avremo come guest star Moni Ovadia e forse anche Edmondo che è un bravo chitarrista stranamente per un giornalista che è così bravo.

E la situazione delle musica in generale come la vedi?

Non è brutta. È brutto per chi amerebbe vivere della musica. Perché io non conosco nessuno, con l’eccezione di qualche star, che si sia proprio arricchita arricchita con la musica. Gli altri è tutta gente che ha lavorato onestamente, sbattendosi a destra e a sinistra, amando e odiando nel mondo della musica, E non poter più vivere di quella cosa lì. Per molte persone è drammatico. Quindi la situazione musicale è buona perché ci sono dei buoni artisti in giro. Delle persone, anche tra i giovani, che hanno una buona disposizione. C’è un buon allevamento! Anche se tutto oggi viene consumato molto più in fretta. Non si ascolta con attenzione chi non è su un canale mediatico abbastanza importante per essere ascoltato seriamente., C’è questa problematica nella situazione della comunicazione in genere. Stiamo andando verso il peggio. Quindi è miracoloso che si produca ancora della buona musica in queste condizioni.,

Parlando di musica del passato che resiste, cosa mi dici dei 40 anni di Sgt Pepper?

Un bellissimo disco, ma che non mi ha cambiato la vita.

Dischi che invece ti hanno davvero cambiato la vita?

Ce ne sono tanti. All’inizio, negli anni ‘50/’60, Jerry Lee Lewis e Ray Charles

Che ti hanno dato la voglia di iniziare

Il mio idolo era Jerry Lee Lewis, sempre strafatto di sesso, di vino e di altro, ma andava bene così. Poi, da grande, non ti dico da adulto, ma da grande, c’era un disco di Isaac Hayes che è “Shaft”, la colonna sonora del film che secondo me era assolutamente geniale. Un concetto nuovo della musica popolare e orchestrale. I primi sedicesimi sono quelli che saranno poi usati in qualsiasi disco di disco music da lì in poi.. Come la chitarra wah wah nasce anch’essa da Isaac Hayes. Un modo di orchestrare, di utilizzare l’orchestra nasce proprio lì. Anche tutto il mondo di Stevie Wonder: Superstition, Innervision … ha sicuramente segnato la musica. Ho trovato Superstition un capolavoro di semplicità complicata. Meraviglioso. Questo riff assolutamente insuonabile, perché non ho mai sentito nessuno suonarlo come andrebbe suonato., Non è difficile tecnicamente, ma bisogna avere la testa ed il cuore per suonarla. Isaac Hayes mi ha cambiato molto, Stevie Wonder mi ha cambiato molto, Quincy Jones anche. Ho pure lavorato con lui per un 15 giorni: lui arrangiatore e io produttore a Los Angeles. Clamoroso, se pensiamo al personaggio. Tu lo vedevi lavorare e nel silenzio imparavi.

Sul web
www.shelshapiro.com
 
Intervista telefonica del 01-06-2007
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