Concerto
in acustico al Blue Note
di
Giorgio Maimone
Un
concerto di Shel Shapiro al Blue Note? E’ ennesimo ritorno?
Anche se in realtà non c’è mai stata un’interruzione
dell’attività: sono più di 40 anni che,
prima coi Rokes, e poi da solo Shel è una figura di
spicco nell’ambiente discografico. Forse più
come autore, produttore e promotore che non come protagonista.
Quattro anni fa è uscito un nuovo album, ma di esiti
immediati non ne sono seguiti. Ora il ritorno a Milano da
protagonista, con un quartetto acustico.
Mah,. Guarda, io
direi il secondo ritorno. A parte un evento al Mazda Palace
un paio d’anni fa, sono anni e anni fa che non suono
a Milano. Con me ci sono i musicisti che hanno sempre lavorato
con me. E’ una situazione acustica, usato in un contesto
un pochettino più rock del solito. Rock Acustico, come
si può capire. Poi la musica non si divide tra rock
e non rock, ma tra musica buona e non buona.
Proponi
canzoni nuove o del passato
C’è
qualcosa di nuovo e qualcosa del passato. Se io vado in scena
e non faccio “Che colpa abbiamo noi” o “La
pioggia che va” mi tirano le bottiglie. Ho pensato fosse
più saggio mantenere qualcosa del passato. Fare almeno
qualche pezzo dei Rokes. Anche perché ci sono alcune
canzoni dei Rokes che mi piacciono. Sono indimenticabili.
Io poi ho passato un lungo periodo in cui rifiutavo questo
tipo di musica. Quando uno è stato tanto tempo in un
gruppo vuole fare anche altre cose nella vita, oltre a essere
Rokes. Poi piano piano ho ripreso a farle dal vivo e ora vivo
con una certa nonchalance il passato Rokes. E ci sono dei
brani che proprio amo suonare. Non mi dispiace affatto che
la gente li voglia ancora sentire.
Quali
sono i tuoi brani che ti piacciono di più?
Del passato
Rokes quello che mi piace più di tutti è “E
la pioggia che va” che è una canzone che lascia
una ferita profonda su chi l’ha ascoltato allora e chi
lo riascolta. "Che colpa abbiamo noi" è piena
di significati, ma ha significati di “allora”,
anche purtroppo di oggi, ma “E la pioggia che va”
è seriamente un segno profondo.
Tu
eri anche autore de “E la pioggia che va”?
No, quindi non
ho motivi per promuovere questa canzone piuttosto che un’altra.
E’ una canzone nata col testo di Mogol, ma dopo lunghi
discorsi tra Giulio e noi per individuare un nostro pensiero
sulla vita sociale, mica sulla musica. La musica era solamente
un riflesso della vita sociale.
Canzoni
nuove?
Ci sono un po’
di cose che arrivano da un album che avevo fatto quattro anni
fa, che riascoltare in acustica, riprendono nuova vita. Ascoltare
in acustica vuol dire ascoltare le canzoni nel modo vicino
a come erano nate in origine e riscopri dei mondi. “Per
amore della musica” in acustico è bellissima.
Una canzone che avevo scritto per Mia Martini, assieme a Mia,
che si intitola “Quante volte”, in acustico è
straordinariamente bella. Mai come se fosse cantata da Mimì,
perché lei era clamorosamente brava, forse la più
grande in assoluto.
Ci
sono anche inediti. Canzoni che hai scritto ultimamente?
L’anno scorso,
18 mesi fa per l’esattezza, avevo tradotto una serie
di canzoni di Fabrizio De André. Dori Ghezzi mi aveva
chiamato, in virtù di una vecchissima conoscenza: ci
conosciamo dal ’70 credo, quando lei e Wess cantarono
una canzone mia all’Eurofestival. Mi ha chiamato come
Fondazione De André, perché c’era Patti
Smith che voleva registrare alcune canzoni di Fabrizio. Quindi
io ho fatto gli adattamenti/traduzioni di alcuni canzoni.
E’ possibile che dal vivo faccia anche Sand Creek in
inglese. Il problema è che è una canzone che
se hai il testo davanti e segui la traduzioni capisci bene
cosa è stato tenuto o cambiato dall’originale.
Però devo pensarci, perché Fabrizio e Massimo
Bubola scrivevano molto. Per tutto questo testo ci vorrebbe
un lenzuolo! Proprio un “fiume” sand Creek. Quindi
o mi metto un testo davanti e cerco di leggerlo …
Credo
possa venire molto bene
E’ cambiato
molto l’arrangiamento, è molto più etnico.
O anche stile Bo Diddley se vogliamo: ha questa impostazione
blues che è molto affascinante.
Se
accetti richieste mi piacerebbe risentire anche “Eccola
di nuovo”, ossia “Here comes my baby” di
Cat Stevens.
No, questa è
una di quelle che non faccio mai. Ci sono canzoni che rimangono
attaccate, altre meno. Eccola di nuovo non l’ho mai
sentita vicino al mio cuore.
Il
resto della tua attività? Tu hai fatto di tutto: produttore,
attore, organizzatore di festival
Ma sì, ma
quelle sono piccole cose, dove realizzi piccoli sogni. Anche
quando fai l’attore. Mi diverto a fare certe cose. Adesso
appena finito al Blue Note comincio seriamente la preparazione
di uno spettacolo teatrale che debutta al Mittlefest di Cividale
in Friuli, dove Moni Ovadia è direttore artistico.
Il testo è di Edmondo Berselli, nato proprio da un
colloquio tra di noi, nove anni fa e continuato, lui ha scritto
questo testo e io ho scelto delle musiche, poche cose mie.
Il titolo dello spetacolo è “Sarà una
bella società” . Debutterà il 18 luglio
a Cividale . Credo che avremo come guest star Moni Ovadia
e forse anche Edmondo che è un bravo chitarrista stranamente
per un giornalista che è così bravo.
E
la situazione delle musica in generale come la vedi?
Non è brutta.
È brutto per chi amerebbe vivere della musica. Perché
io non conosco nessuno, con l’eccezione di qualche star,
che si sia proprio arricchita arricchita con la musica. Gli
altri è tutta gente che ha lavorato onestamente, sbattendosi
a destra e a sinistra, amando e odiando nel mondo della musica,
E non poter più vivere di quella cosa lì. Per
molte persone è drammatico. Quindi la situazione musicale
è buona perché ci sono dei buoni artisti in
giro. Delle persone, anche tra i giovani, che hanno una buona
disposizione. C’è un buon allevamento! Anche
se tutto oggi viene consumato molto più in fretta.
Non si ascolta con attenzione chi non è su un canale
mediatico abbastanza importante per essere ascoltato seriamente.,
C’è questa problematica nella situazione della
comunicazione in genere. Stiamo andando verso il peggio. Quindi
è miracoloso che si produca ancora della buona musica
in queste condizioni.,
Parlando
di musica del passato che resiste, cosa mi dici dei 40 anni
di Sgt Pepper?
Un bellissimo disco,
ma che non mi ha cambiato la vita.
Dischi
che invece ti hanno davvero cambiato la vita?
Ce ne sono tanti.
All’inizio, negli anni ‘50/’60, Jerry Lee
Lewis e Ray Charles
Che
ti hanno dato la voglia di iniziare
Il mio idolo era
Jerry Lee Lewis, sempre strafatto di sesso, di vino e di altro,
ma andava bene così. Poi, da grande, non ti dico da
adulto, ma da grande, c’era un disco di Isaac Hayes
che è “Shaft”, la colonna sonora del film
che secondo me era assolutamente geniale. Un concetto nuovo
della musica popolare e orchestrale. I primi sedicesimi sono
quelli che saranno poi usati in qualsiasi disco di disco music
da lì in poi.. Come la chitarra wah wah nasce anch’essa
da Isaac Hayes. Un modo di orchestrare, di utilizzare l’orchestra
nasce proprio lì. Anche tutto il mondo di Stevie Wonder:
Superstition, Innervision … ha sicuramente segnato la
musica. Ho trovato Superstition un capolavoro di semplicità
complicata. Meraviglioso. Questo riff assolutamente insuonabile,
perché non ho mai sentito nessuno suonarlo come andrebbe
suonato., Non è difficile tecnicamente, ma bisogna
avere la testa ed il cuore per suonarla. Isaac Hayes mi ha
cambiato molto, Stevie Wonder mi ha cambiato molto, Quincy
Jones anche. Ho pure lavorato con lui per un 15 giorni: lui
arrangiatore e io produttore a Los Angeles. Clamoroso, se
pensiamo al personaggio. Tu lo vedevi lavorare e nel silenzio
imparavi.
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