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Così i Têtes de Bois tastano il polso all'Italia reale
di Marco Cavalieri

I licenziamenti a mezzo sms. Il call center con le scrivanie in numero inferiore ai precari che vi lavorano. Il parcheggio dello stabilimento Fiat dove gli operai che non hanno una Fiat non possono parcheggiare. Queste ed altre mille storie come queste sono al centro di "Avanti Pop", la tournée dei Têtes de Bois, che da quasi un anno sul loro furgoncino-palco girano l'Italia in lungo ed in largo. Ma al contrario delle star da classifica, che si scelgono con cura le tappe più "cool" e più "in", i Têtes de Bois selezionano con cura i luoghi del lavoro negato, violato, disagiato, sottopagato, meglio se luoghi malsani e impervi, come le miniere di allume ad Allumiere o Porto Marghera. Arrivano, col loro Fiat 615 NI del 1956 (acquistato nel 1992, in occasione della nascita del gruppo, per 900 mila lire), si esibiscono a bordo del palco mobile, spesso nei cambi turno o nelle pause pranzo, ma soprattutto parlano con i lavoratori, raccolgono storie, testimonianze, denunce, che diventeranno altre date. Hanno in pratica il polso dell'Italia reale, di quella bomba ad orologeria che, a forza di stringere, prima o poi, da qualche parte dovrà deflagrare, perché "nella stiva di un camion non c'è aria / e attorno al gommone troppa acqua / e nelle foreste dell'Africa troppo fuoco".

Alla fine, Andrea Satta e soci hanno deciso di far diventare "Avanti Pop" un disco (uscito lo scorso 19 febbraio, edito da Manifesto cd, a soli 10 euro), che ha mantenuto lo stesso, azzeccatissimo nome. Ma questo non è un punto d'arrivo, anzi. Il giro d'Italia a bordo del furgoncino a caccia dei luoghi di lavoro violato prosegue. E mentre è facile raccogliere amici musicisti e collaboratori prestigiosi per registrare in studio (nel disco troviamo con piacere - tra gli altri - Magoni e Spinetti, Paolo Rossi, Ulderico Pesce, i Giganti), è straordinario come i Têtes riescano ad avere ospiti sul palco quasi in ogni data, anche la più lontana e scomoda.

Allora Andrea, innanzitutto ben tornato a Città Aperta.
"Ma lo sai che qui sto sempre bene, mi sento a casa".

Come procede il giro d'Italia a bordo del vostro infaticabile camioncino?

"No, no, è faticabile (ride). Beh, è una tournee in pieno svolgimento. Molte tappe, altre sono in via di definizione, altre sono in allestimento in tutta Italia, da Portella della Ginestra alla zona di Reggio Calabria, dal rigassificatore di Brindisi all'Italcementi di Trento. Addirittura serre di Sanremo dove crescono rose curate con sistemi biologici e coltivate con orari certi di lavoro, fiori certificati. Quindi, va bene 'Ti regalerò una rosa', ma dimmi quale rosa mi regali (ride)".

Tutto ciò è diventato un cd che porta lo stesso nome del progetto. Un disco edito da "Manifesto cd" (è il terzo, per quel che vi riguarda e personalmente spero che il sodalizio continui), quindi un lavoro che - secondo una strategia editoriale ben consolidata e che non ci stancheremo mai di elogiare - propone ottima musica a meno della metà del prezzo dei cd in vendita nei negozi. Il tutto arricchito da un libretto interno che contiene testi, curiosità, illustrazioni e un sogno ad occhi aperti (vogliamo chiamarlo così?) di Andrea che comincia così:"Avanti Pop è il giorno che non t'aspetti, un caporale va dai sindacati e dichiara di aver pagato troppo poco gli operai, i dirigenti della Fiat-Sata di Melfi regalano una Punto ad ogni dipendente, piove sulle pianure pugliesi, gli africani del Tavoliere vivono in case con bagno, acqua e luce?".
Ma cosa avevi assunto per vedere una realtà del genere?

"Ma qua non si assume più? si fanno solo contratti a tempo!"

E allora, cosa avevi preso a co.co.co per descrivere quel mondo idilliaco? E soprattutto, cosa ci vuole perché tutto questo (ma ci basterebbe anche solo parte di questo) si realizzi?
"(ride) Ma guarda che è possibile! Io me lo auguro. Innanzitutto ci vorrebbe che in tanti andassero dove ragazzi africani raccolgono pomodori a quindici euro e dicessero a gran voce che questa cosa non va bene; che qualcuno andasse a dire a chi difende i lavoratori italiani di difendere con la stessa forza anche i lavoratori stranieri. Spero poi che ci voglia anche un progetto come 'Avanti Pop', che mette al centro dei propri sforzi la capacità di parlare di questi problemi, coinvolgendo numerosi artisti e molta gente che non ha altri mezzi per denunciare la propria situazione. La scorsa estate, siamo andati nel Tavoliere delle Puglie, nell'unico giorno di pioggia in un semestre asciuttissimo (anche questo un segno) ed abbiamo avuto mille persone, tra i quali cento ragazzi africani che son venuti a seguire il concerto in un posto nel quale non si era mai fatto nulla. Poi fortunatamente, pochi giorni dopo, è uscito anche lo speciale dell'Espresso, col bellissimo reportage di Fabrizio Gatti. Abbiamo riportato un po' d'attenzione su quella zona e sui fantasmi che la popolano".

Speciale, peraltro, del quale si son tutti meravigliati, quasi scandalizzati, come se nessuno sospettasse una situazione del genere nel nostro "civilissimo" Paese occidentale?
"Si, come se quei pomodori venissero da chissà dove? Invece li coltivano tra un ripetitore di tv privata, una parabolica domestica ed un'antenna per telefoni cellulari".

Voi interagite in continuazione coi vostri spettatori. Il vostro furgoncino, oltre ad ospitare il palco, ha anche una cassetta delle lettere dove le persone possono lasciare una testimonianza, una storia vissuta in prima persona, una denuncia?
"Si, riceviamo moltissime denunce e cerchiamo di rispondere a tutti, sia a chi come dicevi tu ha vissuto la storia in prima persona, sia a chi ne sia semplicemente a conoscenza. Molto spesso, queste segnalazioni finiscono per diventare una nuova data, che entra a far parte del nostro tour".

Torniamo a parlare del disco "Avanti Pop". Intanto, per andare controcorrente, volevo farti i miei più sinceri complimenti, sia per il titolo di progetto e cd, sia per il ritornello "Avanti Pop / alla riscoop / bandiera rock / bandiera rock", che ritengo assolutamente geniale. Dico controcorrente perché - come scrivete nel libretto interno, tra le note curiose che avete chiamato "forse non tutti sanno che" - qualcuno da sinistra ha giudicato troppo forte (!) il titolo? Tra le varie collaborazioni, avete recuperato i Giganti, coi quali avevate già collaborato per la scorsa edizione di "Stradarolo" (sul sito radiocittaperta.it trovate ancora l'intervista realizzata con Enrico Maria Papes proprio in quell'occasione, n.d.r.). I Giganti vi regalano un classico, "Proposta" e sempre nelle note interne di copertina ci ricordate che il brano, nella versione originale di quel tragico Sanremo del 1967, si sarebbe dovuto chiamare "Protesta", ma alla fine venne modificato dalla censura preventiva?
"Si, un Sanremo tragico come dicevi, per il suicidio di Tenco. Luigi peraltro fu vittima a sua volta di una doppia censura, forse in pochi lo ricordano. In origine il suo brano 'Ciao amore ciao' era un altro, si chiamava 'Li vidi tornare' ed aveva un testo fortemente antimilitarista, bocciato preventivamente dalla commissione censura del Festival e successivamente in gara con l'eliminazione del nuovo pezzo. I Giganti li abbiamo ritrovati un paio d'anni fa per quella edizione di 'Stradarolo' alla quale facevi riferimento e poi siamo rimasti in contatto. Una sera, quasi per gioco, con Paolo Rossi li abbiamo convinti a registrare questa versione live per il disco e loro ovviamente sono stati entusiasti di aderire a tutto il progetto".

In un'intervista avete definito il vostro come un "cd per la memoria", ossia un disco che, senza cadere nella retorica, fosse in grado di dimostrare che certe situazioni di lavoro duro e precario che ritenevamo superate sono invece tragicamente e tremendamente attuali. Volevo chiederti: molti potrebbero pensare che un progetto del genere non "venda", ammesso che a voi freghi qualcosa (e so che non è così). Poi, però, vediamo che Lucilla Galeazzi, che ha partecipato alla vostra data delle Acciaierie di Terni, vince la Targa Tenco per il disco in dialetto e riscuote un gran successo, che Francesco De Gregori e Giovanna Marini piazzano come niente 700 mila copie de "Il fischio del vapore", che qualcuno definì alla sua pubblicazione un "disco senza futuro". Quindi, c'è invece molta richiesta di operazioni del genere?
"Si, ma infatti io non vedo il problema. Vedo invece che un artista ha la possibilità, la fortuna e se vogliamo il dovere di raccontare il proprio tempo, volandoci sopra, nascondendosi, riapparendo, descrivendo la realtà in maniera obliqua? Noi, poi, abbiamo già fatto un'operazione del genere con Leo Ferrè, con il disco 'Ferrè, l'amore e la rivolta', che ha avuto un successo insperato, perché si può dire che fino ad allora davvero in pochissimi in Italia seguissero la sua attività. Io penso che sia stata una bellissima occasione per far conoscere un artista scomodo, con simpatie anarchiche e con il senso della libertà stampato in fronte. E' stato bello per noi lavorare sulla sua produzione".

Nel vostro lavoro c'è una traccia che si intitola "Sa mundana cummedia", un brano di un cantastorie in ottava rima, Salvatore Poddi, un minatore sardo del secolo scorso. Giorni fa, parlando con Daniele Sepe del suo lavoro, mi diceva che oggi sarebbe impensabile trovare in edicola un giornale come "Il Male", perché la censura lo bloccherebbe prima. Ecco, riproporre oggi un vecchio testo, già noto, già passato per la censura, così caustico e forte come quello di Poddi può essere un modo per dire cose tanto dure senza attirare troppo l'attenzione?
"Beh, il brano venne censurato, dalla Chiesa e dal Podestà nel 1936, dopo che già nel '16 Poddi aveva chiesto di pubblicare il lavoro. Nel '36, quando chiese nuovamente l'autorizzazione al Podestà e all'autorità ecclesiastica (perché all'epoca era l'unico iter possibile), questi non solo gliela negarono, ma gli dissero che avrebbero sequestrato e bruciato tutte le copie. Per la disperazione, in seguito a queste decisioni, Poddi si uccise, impiccandosi. Oggi, dopo 70 anni, abbiamo pensato che fosse bello ritirare fuori le sue parole e musicarle".

Già, perchè i roghi di un certo genere non sono finiti affatto col Medioevo!
"Ma neanche dopo il 1936! (ride)".

Nel disco c'è anche una versione di "44 gatti", con gli amici Petra Magoni e Ferruccio Spinetti; nella già citata rubrica "forse non tutti sanno che", voi la definite una canzone di protesta!
"Si, beh, la storia è quella di un accordo sindacale tra i bambini e i gatti. E' innegabile! I gatti dicono: 'ci potete tirare la coda, se ci date una poltrona quando piove ed un piatto caldo'. E' così!".

Peraltro Petra e Ferruccio non nuovi ad exploit del genere, visto che al Tenco 2004 avevano riproposto "Il cammello e il dromedario" di Virgilio Savona?
"Poi noi con 'Le rane'... Insomma, il mondo animale è protagonista (ride)".

E a proposito di mondo animale, voi avete suonato nella vasca delle otarie, provvidenzialmente svuotata...
"Ah certo, altrimenti saremmo finiti fulminati! La storia è questa. Ci venne chiesto di fare due concerti nello zoo. Noi abbiamo accettato ma abbiamo pensato anche che, per non dare fastidio agli animali, bisognava fare un concerto 'muto'. Così abbiamo deciso di silenziare tutti gli strumenti, che passavano via midi. Noi eravamo collegati al mixer con le cuffie, dentro la vasca. La cosa buffa, quando iniziammo a suonare, fu che la gente ci vedeva muovere come invasati, ma non sentiva nulla e non capiva il perché di quei movimenti ritmici e coordinati. Poi, guardando meglio, si accorsero che noi eravamo tutti dotati di cuffie, proprio come queste che stiamo usando per l'intervista e che a bordo vasca ce ne erano altre cento a disposizione, attraverso le quali si poteva sentire il concerto in stereo e in perfetta qualità digitale. Oltretutto, non abbiamo molta simpatia per gli zoo in genere e quel tipo di concerto era un modo, per noi, di dire: ok, suoniamo, ma vogliamo dare un messaggio di rispetto verso gli animali"

Due parole sulla vostra performance sanremese. Eravate ospiti di Paolino Rossi, alle prese con un inedito di un giovanissimo Rino Gaetano, nella serata dei duetti. Come è andata con quei costumi da garibaldini?
"Mah, guarda, la nostra principale preoccupazione era quella di non cadere dalla scalinata, perché le scarpe rosse del costume erano maledettamente scivolose! Quindi, primo: arrivare tutti interi alla fine della scala, che ha una pedata decisamente stretta e insidiosa. E poi dovevamo anche dimostrare una certa dimestichezza con le tute, affittate il pomeriggio stesso in un negozio di abiti di scena di Sanremo. Ma alla fine siamo stati contenti: in fondo, se ci pensi, era l'unico modo possibile per portare le bandiere rosse sul palco dell'Ariston! (ride)".

Ma cosa vi hanno detto al noleggio abiti quando avete chiesto nove abiti da garibaldini?
"Eh, sono rimasti molto sorpresi! Oltretutto, quando siamo entrati all'Ariston, eravamo completamente coperti con cappottoni neri per non svelare la sorpresa. Ricordo perfettamente che nel retropalco abbiamo incrociato Albano, che è rimasto un po' scosso quando ci ha visti passare".

Beh, anche lui, coi coristi lettoni vestiti completamente di bianco...
"Infatti la cosa divertente è stata che ad un certo punto, dietro le quinte, c'eravamo noi tutti neri, i coristi di Albano tutti in bianco e il coro delle Alpi della Ruggiero. era una manifestazione non autorizzata!".

Quindi è andata bene, siete contenti del duetto con Paolo?
"Certamente! Ma poi con lui c'è una sintonia, un feeling. Anzi, ora vi racconto come ci siamo conosciti con Paolino, con il quale tra l'altro abbiamo fatto una cosa proprio qui in radio per il centro sociale 'Intifada' tantissimi anni fa, doveva essere il '93 addirittura. Lui ci vide suonare sul nostro camioncino e ci invitò a fare qualcosa insieme. All'epoca aveva aveva la 'Tenda Circo di Paolo Rossi'. Noi accettammo l'invito e andammo a trovarlo, ma lui stava dormendo! Poi abbiamo saputo che aveva bevuto qualcosa di troppo e si era addormentato nella roulotte del nano (ride). Per cui - sembra una barzelletta, ma è così! - ad un certo punto Paolo si sveglia, comprensibilmente intontito, si guarda intorno e vede che, una volta tanto, tutto intorno a lui è piccolo: il letto, la sedia, il tavolino. Esce dalla roulotte, per cercare di tornare alla realtà e vede 'sti sei matti che suonano su un camion! Al che, credendosi completamente impazzito, si ributta nella roulotte per cercare di smaltire la sbornia. Alla fine, recuperate le facoltà mentali, esce, ci viene a salutare (noi intanto avevamo finito il concerto) e ci racconta di questa visione surreale che aveva vissuto, mentre noi non ci eravamo accorti di nulla (ride)".

Bene Andrea, vuoi aggiungere qualcosa?
"Vorrei ringraziare questa radio, alla quale tengo molto. Le auguro di continuare sempre a svolgere il lavoro strepitoso che fa in un'area della città piena di contraddizioni e che conosco bene, perché in questa parte di Roma sono nato. E, se posso, vi saluto con il brano 'Sa mundana cummedia', che canto nel dialetto di mio padre, il sardo, lo stesso di Salvatore Poddi".

Grazie Andrea e alla prossima.

Sul web
www.tetesdebois.it
www.avantipop.it
http://myspace.com/avantipop http://myspace.com/tetesdebois
 
 
Ultimo aggiornamento: 30-03-2007
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