Il
ritorno di un genio dimenticato
di
Giorgio Maimone
La
storia di Rudy Marra magari la conoscete già. Un debutto
coi fiocchi a Sanremo negli anni '90, con "Gaetano",
premio della critica e ottimi giudizi per il ragazzo con la
voce da Adriano Celentano e l'aria di quello che ha delle
cose da dire. Impressione confermata dal primo ottimo disco:
"Come eravamo stupidi". Poi, un paio di anni dopo
un secondo disco, l'invenzione delle "sopa music"
e quindi la scomparsa e l'oblio. Quest'anno il ritorno e il
disco "Sono un genio ma non lo dimostro" è
ancora ottimo. Rudy è fluviale, ve ne accorgerete guardando
gli spazi riservati ai miei interventi o ascoltando l'audio.
La prima domanda, Rudy, è dove eri finito in tutto
questo tempo? Hai fatto due dischi, belli, negli anni ’90
e poi sei sparito per una dozzina d’anni.
Intanto
ero finito all’università. Ho pensato bene di
finire il mio corso di laurea in Sociologia che era rimasto
in ballo per un po’ troppo tempo. E questa è
già una cosa. Poi se devo essere sincero, finita l’esperienza
del secondo album ho tirato un po’ i remi in barca perché
non ero contentissimo. Non mi ci ritrovavo nell’ambiente,
nella situazione delle discografia musicale di quel periodo.
Ed essendo io uno che non media molto, ho difficoltà
proprio a tenere sulla bilancia i due piatti, ho detto: “li
mando a fanculo tutti quanti. Mi sono proprio rotto le palle”
(ridiamo). Tanto che avevo quasi appeso la chitarra al classico
chiodo. Ma non mi sono mai staccato dalla musica, perché
nel frattempo ho collaborato coi i miei musicisti. Per un
paio d’anni, dal ’95 al ’97 ho girato l’Italia
con la mia band, la Sopa band che è la mia band da
sempre, suonando in qualsiasi situazione dalla Sicilia fino
alla Valle d’Aosta anche se questo fatto lo sanno in
pochi (ridiamo). Abbiamo sempre fatto tutto in casa quindi
i giornali, le televisioni e le radio non ne parlavano. Io
ho suonato dappertutto. Tanto che venivo considerato una specie
di ufo che ogni tanto appariva da qualche parte: “Il
mito narra che Rudy Marra sia stato visto suonare a Trento!”.
(ridiamo) Guarda, ricevo ancora adesso un sacco di mail sul
sito di gente che si ricorda di avermi visto in giro alla
Cascina Monlué a Milano o a Santa Maria di Leuca. Tutti
eventi che organizzati da gente del posto, appassionati, organizzazioni.
Poi ho tirato avanti per un paio d’anni quasi per conto
mio, fuori dal giro. Poi ho collaborato come autore con Cristiano
De André. Tosca e altri. Non sono mai stato del tutto
fuori.
Come
hai scelto di tornare?
Dunque, il ritorno
me lo immaginavo pieno di lustrini e paillettes (ridiamo).
Invece ho visto che la situazione …
…
è uguale
Se vogliamo è
anche peggiorata! Perché comunque ci sono dei muri
di gomma invalicabili, situazioni che si sono sempre più
intorcinate su se stesse. Come le radio, le music control:
queste cose poi me le spiega il mio ufficio stampa, perché
io, nonostante la laurea, non ci capisco un cazzo! “Per
fare ascoltare il tuo disco in radio devi entrare a far parte
delle nove sorelle consociate nel music control …”
La madonna, ma che cazzo è? Neanche a fare un progetto
per le testate nucleari ci vogliono così tanti permessi.
Non basta un pezzo forte? No.
Però
ce l’hai fatta a tornare e hai fatto un signor disco!
Un disco molto
meditato. Nel senso che ho avuto tempo per poterlo preparare,
programmare. Volevo esattamente fare questo disco. La cosa
a cui tenevo di più, al di là dell’aspetto
musicale, dove sono sempre coadiuvato da Stefano Melone con
cui abbiamo scelto suoni ben precisi e caratterizzanti. Tu
sai che io mi vanto di essere l’inventore della sopa,
che è questa zuppa che è stata male interpretata
da tutti: l’hanno pensata come un misto di un po’
di funky, un po’ di jazz, un po’ di blues, un
po’ di musica cantautorale. Invece è al contrario:
è la negazione di tutto. Non è né rock,
né pop, né jazz ...
E’
il calderone primordiale della musica.
Esatto, è
il calderone. Per far questo bisogna stare molto attenti perché
è ovvio che noi abbiamo background da tutte le parti,
però se andiamo a toccare le nostre fonti, dai grandi
gruppi ai solisti, alla new wave, al punk rock, rischi di
fare proprio quello che io ho sempre contestato alla musica
italiana: lo scopiazzare le musiche già esistenti.
Io non ho bisogno di andare ad ascoltare uno che rifà
Tom Waits: ho già il Tom Waits originale! Uguale per
tutta la musica rock. Perché devo andare a sentire
dei gruppi italiani che si spacciano per rock e fanno un misto
tra gli Oasis (quando va bene) e i Beatles? Mi sento gli originali!
Vado a vedermi i filmati! E’ una situazione che odio.
Che poi ci caschi, è ovvio. Vuoi un pezzo di atmosfera
suonato al piano? Basta che metti un contrabbasso e un sax
e vai a finire sparato su Tom Waits. E’ per questo che
bisogna inventarsi uno stile che prende lo spunto da tutto
quello che ho ascoltato, ma che va a diventare Rudy Marra.
Questo è uno dei peccati mortali di voi giornalisti,
di chi recensisce. Io capisco anche che avrete i coglioni
pieni: tremila dischi che arrivano e per ciascuno trovare
qualcosa da dire. Mi immagino quindi che sentiate il primo
pezzo e concludiate “ecco, questo assomiglia a tizio”
e via. Ma questo con Rudy Marra non funziona ed è un
errore madornale ascoltare solo il primo pezzo ...
Tra
l’altro nel tuo disco non è nemmeno quello che
mi piace di più (ridiamo)
Devi
andare avanti, anche perché io non costruisco mai a
pezzi. Io penso al disco nel suo insieme. E questo in particolare,
tanto per ritornare al tema, perché io ogni tanto mi
perdo (sparami quando mi perdo!), concettualmente è
sorretto dal fil rouge dei testi e alla situazione in generale
della comunicazione.
E
qui ritornano i tuoi studi ...
Certo.
E poi quella del genio in particolare, quando per genio non
intendo la mente eccelsa, ma quello che sposta i parametri
dell’attuale, coperte dalla coperta di Linus, cioè
il paradigma, la consuetudine e va a ricercare un altro lato
da cui vedere la luna, per dirlo alla Picasso. Scoprire che
ci sono altri modi per guardare alle cose.
Senti,
ma questo disco è nato nei dodici anni di silenzio
o è venuto fuori tutto di colpo nell’ultimo periodo?
Come è stato il processo?
Guarda,
il processo è stato “lento e inesorabile”
(ridiamo). Perché dalla situazione dei dodici anni
in cui sono stato fermo è maturata a livello viscerale,
di pancia, di istinto, la voglia di dire. “ma porca
puttana qua se non vado a mettermi dentro il greggione e a
fare le cose come tutti gli altri, sia come composizioni che
come contatti, io rimango come un cretino disperso nella grande
steppa!”. Vedi si fa presto a dire io faccio rock o
cantautorato. Ma c’è una massa indistinta che
forma un greggione di quelli pesanti che condiziona tutte
le scelte. Mi danno botte sulle orecchie, ma io ce l’ho
geneticamente questo problema: non riesco proprio per quanto
mi possa sforzare, a fare il pezzo paraculo! Potrei imitare
Tom Waits a mia volta o cercare le parole difficili: tanto
ce l’ho il vocabolario anch’io, come tutti. Apro
le pagine e cerco di fare il difficile, fare il contorto,
mi vesto anche un po’ strano e vado nel calderone. Però
questo non lo sopporto. E allora ho cominciato a pensare seriamente
che non c’era via d’uscita.
Se
non quella di essere te stesso ...
Ma questo
ti fa tornare alla prima questione. Quando sono uscito non
sopportavo più di stare in quella situazione. Quello
che mi riguarda poi tanto tanto riesco a gestirlo. E’
quello che non mi riguarda che mi fa impazzire! Non riesco
a capire come è possibile che uno come me che ha fatto
quattro dischi, che ha girato due videclip, che è andato
a fare un disco in Francia chiamato dai francesi, che ho fatto
serate a Parigi, io non ho all’attivo nessun passaggio
televisivo, dico nessuno, al di fuori delle televisioni francesi
e del Festival di Sanremo del ’91! Quando andai a espormi
al “pubblico ludibrio” e mi cacciarono via a calci,
facendo passare la compilation delle ballerine di Domenica
In. ‘Na figura ‘emmerda! (ridiamo)
Beh,
io però il tuo disco l’ho comprato! Quello con
Gaetano e Pieno di Campari, per intenderci. “Come eravamo
stupidi” era il titolo.
Ecco
bravo, vedi! Comunque dopo quella situazione avevo voglia
di gridare. Poi è subentrata anche la teoria dagli
studi universitari e capisci che non sei l’unico pirla
a pensarla in quella maniera. Che ci sono stati fior di studi
illuminati. E allora ricomponi la situazione e cominci a capire
che è la situazione dell’uomo nella civiltà
moderna quella di essere opacizzati intellettualmente. Poi
c’è qualcuno che tira i fili. Chi detiene l’economia
a livello discografico, per intenderci, le radio, le edizioni,
ha bisogno di fare andare in un certo periodo certa musica
anziché altra, creare dei circoli, dei club privati
nei quali è impossibile l’accesso. E quindi chi
fa delle cose diverse incomincia a essere scartato, tenuto
lontano il più possibile, fino a che non c’è
una rottura del paradigma che è lo scoppio della rivoluzione.
Questo succede, grazie a dio, di tanto in tanto, vedi Vasco
Rossi vent’anni fa o i Beatles e i Rolling Stones negli
anni ’60. La rottura del paradigma poi può essere
recuperata e costituire la novità. Quello che è
frustrante è che l’Italia è al numero
uno nell’opacità mentale, nelle situazioni di
comodo ascolto, della coperta di Linus già citata.
L’Italia è la terra dei Papi: immoto secolare
immutabile. A livello musicale l’Italia non è
mai uscito da quel suo provincialismo becero che dagli anni
‘60/70 ha fatto salire alla cronaca gente che non avrebbe
dovuto nemmeno essere contemplata. Io odio tutto questo! Odio!
Cani e porci che vengono chiamati artisti e non tutti lo sono:
c’è gente che canta, gente che suona ... ma per
dire artisti ci vuole altro! Questa è gente strappata
non all’agricoltura, perché i contadini c’hanno
due coglioni così: questi sono strappati al nulla!
Io non mi sento rappresentato da quelli. Come oggi non mi
sento rappresentato da Eros Ramazzotti o Laura Pausini che
vendono venti milioni di copie. Ma non mi sento rappresentato
neanche da situazioni fantomatiche rock che in Italia non
esistono. I Sex Pistols quando al tempo del punk rock andavano
in giro dicendo “chi è questo vecchio di merda?”
e si riferivano a Mick Jagger, facendo crollare un momento
(sbagliando poi, perché Mick Jagger “è”
un monumento) era la situazione che contava, la violenza,
la provocazione. In Italia chi fa questo?
Senti
ma, capovolgendo un po’ le carte e facendo un gioco
in cui tu fai la parte del giornalista, in che ruolo lo vedresti
Rudy Marra? Che musica fa? Come parentele nobili da chi si
sentirebbe rappresentato?
Rudy
si sentirebbe rappresentato da quei personaggi, e ce ne sono
stati tanti nella musica mondiale, che non hanno un’etichetta,
una collocazione precisa, non hanno magari neanche avuto un
grande successo, però sono stati quelli che hanno creato
dei semi dai quali hanno attinto tutto. Io, ad esempio vengo
dal punk/post punk, però vengo anche da prima, dai
grandi gruppi come Pink Floyd, Led Zeppelin. Ad esempio io
penso a Joe Jackson. Nessuno lo ha mai accostato a me, tra
i giornalisti che hanno commentato i miei dischi, nemmeno
sfiorato da lontano, ma probabilmente perché non sanno
nemmeno più chi sia. Joe Jackson è uno che ha
rivoluzionato la musica, perché da lì abbiamo
iniziato a pensare a una musica più raffinata rispetto
al classico punk rock solo fisico. Poi potrei citare David
Byrne dei Talking heads, Elvis Costello. Un sacco di gente
potrei citare: Dr John per esempio, che non c’entra
un cazzo. E’ un bluesman che però tocca tutto,
tocca ritmi tropicali.
In
effetti rende l’idea Dr John. Trovo dei nessi.
Sono
sempre stato su quell’onda. Sono convinto che non ci
sia un genere musicale, ma un’idea, uno stimolo, una
forza dirompente. Soprattutto nella musica detta rock. Per
rock io non posso intendere delle sonorità o uno stile
di suonare, dove proprio intendere quello che è l’origine
del rock, la pietra rotolante. Io devo proprio andare a rompere
i coglioni! Io sono l’urticante. A livello italiano
mi ricordo Piero Ciampi negli anni ’60, che pur essendo
un anomalo totale, rompe i coglioni a ogni riga che scrive.
Mi posso ricordare dei De André degli anni d’oro,
i De André che andavano ad abbattere il sistema precostituito,
un po’ anarchico, uno po’ così. Forse neanche
Tenco, perché Tenco era più raffinato. Rino
Gaetano chiaramente,.
Qualcosa
c’è. E’ il nome che avrei fatto. Per l’ironia
sferzante.
Sì,
l’ironia, il senso del divertimento.
Tu
però un po’ più cattivo, giusto?
Esattamente!
Diciamo che sono uno più incazzato, perché questo
è il termine giusto. Io l’ho vissuta molto sulla
pelle questo tipo di incazzatura.
Il
disco ti fa contento però. Sei soddisfatto di questo
disco?
Guarda
io sono soddisfatto del disco a livello di nascita. Adesso
il problema è che devo impegnarmi molto, ma molto,
ma molto a livello di crescita. Sennò ho paura che
anche questo disco faccia la fine degli altri miei album.
Che due anni dopo mi scrivano mail da mezzo mondo dicendo
che era geniale. Due anni dopo, tre anni dopo non mi serve
a un cazzo, sia chiaro! Mi serve che adesso cominci qualcuno
a dire “ma sai, lui ha uno voce un po’ particolare,
strana, un tipo di scrittura metrica strana, una musica originale,
forse che sia uno da tenere bene d’occhio per capirlo
fino in fondo?” Questo è il problema vero di
questo disco. Se riesco a tenerlo bello pimpante, qualcuno
prima o poi si accorgerà che ci sono significati nascosti
più profondi che vengono a galla, ci sono sonorità
non proprio comuni a tutti. E in questo modo inizi a fare
il viaggio che deve fare.
Gente
che se ne accorge ce n’è sempre, guarda, te lo
garantisco. E’ che è sempre e comunque in giro
piccolo. I giri della Pausini e di Ramazzotti sono più
grandi.
Ah guarda,
come ho scritto anche nella postfazione del mio comunicato
stampa citando una frase di Debussy: “il pubblico mi
apprezza? Avrò mica scritto una porcata?”. Io
pagherei per non diventare uno come Vasco Rossi. Diventare
una rock star proprio non mi interessa. Mi fa soffocare solo
l’idea. Io devo essere comunque libero nella mia vita.
Però vorrei riuscire a campare di questo lavoro.
(Per
la prima volta mi finisce lo spazio su disco prima di finire
l'intervista. Forse Rudy sarebbe andato avanti ancora a lungo.
Dopo 15 anni di silenzio di cose da dire ce ne sono veramente
tante. Sarà per un'altra volta Rudy, intanto grazie
di averci dimostrato di essere ancora geniale).
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