Ascolti collegati
Yo Yo Mundi
La banda Tom |
AAVV
Corpo di guerra |
AAVV
Danni collaterali |
AAVV
Materiale resistente |
YoYo Mundi
Resistenza |
Zuf de Zur
Partigiani |
|
Abbiamo
incontrato Michele Anelli per parlare del progetto
Festa D’Aprile, della sua gestazione e degli
ospiti presenti, senza tralasciare un accenno ai mitici
Groovers.
Come
nasce il progetto Festa D'Aprile? Come vi siete avvicinati
a questo materiale "scottante"?
Tre anni fa mi sono trovato a sistemare un po’
di materiale che disordinatamente avevo messo da parte
nel corso degli anni. Ho trovato alcuni dischi sui
canti popolari del lavoro e della Resistenza ma anche
libri ed appunti vari. Ho cominciato così ad
intravedere la possibilità di uno spettacolo.
Inizialmente l’idea era quella di un lavoro
diviso in tre parti ognuna con tematiche differenti.
Con l’avvicinarsi del 60° della Resistenza
però lo spettacolo ha preso forma intorno ai
canti partigiani. Gli arrangiamenti sono legati alle
nostre radici musicali e pertanto le versioni dei
canti non sono sempre fedeli all’originale.
Primo perché non era questo il nostro intento
ovvero quello di fare una produzione copia dell’esistente,
secondo perché volevamo trasferire il nostro
modo, il nostro impeto, la nostra voglia di rock’n’roll
in un contesto diverso. Impregnando con questo spirito
i canti della Resistenza.
Con quale criterio avete
scelto i brani, tra i tantissimi a disposizione?
Dopo aver cercato ed ascoltato un po’ di materiale
le canzoni sono state scelte per la loro adattabilità
al nostro stile. Testi non molto lunghi e possibilità
di trovare soluzioni semplici che non stravolgessero
l’originale ma che potevamo rendere personale
l’interpretazione. Il canzoniere è abbastanza
ampio così come le storie che sono infinite.
Il criterio è semplicemente quello di sentire
qualcosa che rientra nelle tue “corde”
e così è stato.
Rispetto alle tante pubblicazioni discografiche
sulla resistenza, penso ai MCR, Casa Del Vento e Yo
Yo Mundi, il vostro disco pur avendo avuto una distribuzione
più ristretta, ma secondo me è più
rispettoso dei canoni tradizionali. Come avete conciliato
tradizione e innovazione restando nell'ambito del
sound acustico?
Penso sia nella migliore tradizione folk quella di
reinterpretare i canti considerato che in fondo mentre
i partigiani cantavano nessuno era lì a registrare.
Penso che chi si vuol avvicinare a questi canti non
deve aver paura anche di osare l’importante
è la serietà con cui si affrontano,
la dignità con cui si interpretano, il calore
con cui si cantano: queste sono le cose che fanno
la differenza. Qualsiasi lavoro sui canti partigiani
e della Resistenza ha un suo valore. La sincerità
dell’approccio è la base per la buona
riuscita di un lavoro.
Come nasce la scelta di mescolare ai
brani i racconti di Giovanni Pesce, Bianca Bracci
Torsi, Rossana Carretto e Marino Severini?
Nello spettacolo sono previsti vari momenti di lettura
proprio perché il canto partigiano e le storie
partigiane camminano di pari passo. Nel campo dei
racconti poi le storie sono infinite e tutte di un
certo spessore così abbiamo pensato che era
bello se a leggere o raccontare nel disco fossero
persone che avrebbero potuto condividere quello che
stavamo facendo. Ho contattato Giovanni Pesce, Marino
Severini, Rossana Carretto e Bianca Bracci Torsi che
si sono resi disponibili a partecipare. Inizialmente
c’era anche Trincale ma per motivi personali
ha poi rinunciato. Rossana Carretto, cabarettista,
ci ha accolto nella sua casa di Milano e ha letto
il resoconto di quanto avvenuto a Fondotoce in provincia
di Verbania dove oggi sorge uno dei più importanti
luoghi della memoria ovvero la Casa della Resistenza.
Marino Severini, che penso non abbia bisogno di presentazioni,
ci ha portato a conoscere alcuni fatti sanguinosi
in quel delle Marche con quella sua voce resistente
e indomita che ancora oggi è stimolo a non
abbassare mai la guardia. Bianca Bracci Torsi, bambina
all’epoca dei fatti ed oggi una figura importante
nell’antifascismo italiano, ha portato alla
luce la storia dei “chiodi a quattro punte”
che nelle strade romane durante l’occupazione
nazifascista sono state una delle risorse utilizzate
per bloccare l’avanzata del nemico. Giovanni
Pesce, medaglia d’oro alla Resistenza, gappista,
diversamente dagli altri ha parlato a braccio raccontandoci
con sentimento la storia di una staffetta che non
lo tradì. Un fatto importante perché,
come ha riconosciuto lui stesso, se è ancora
qui a raccontarci qualcosa lo deve a lei ovvero a
Nori Brambilla diventata poi sua moglie. Sono stati
il valore aggiunto all’intero lavoro.
Magnifico è il booklet ricco di
foto e testi. Quando l'ho aperto ho avuto la sensazione
che il progetto di Festa D'Aprile, avesse dei contorni
differenti rispetto ad un disco normale. Mi sbaglio?
Come si è evoluto?
È vero. È stato considerato più
come un documento che solo un disco. La mole di materiale
esistente è impressionante. Non è facile
scegliere. Canti e racconti vanno nella stessa direzione
e sono tra loro complementari. Volevamo che il disco
fosse da stimolo per coloro che conoscono poco i fatti
della Resistenza e collocare le storie dentro il libretto
e sul disco era l’occasione per portare alla
luce un mondo che ancora per molti risulta sconosciuto.
Certo non potevamo esagerare sui contenuti però
rimane qualcosa di più che la semplice sensazione
di avere tra le mani un disco e basta.
Avete ospitato le Mondine che cantano
con voi Bella Ciao, come è nato quest'incontro
e cosa vi ha trasmesso il loro canto?
Le donne che compongono il Coro delle Mondine di Melegnano
sono speciali. Hanno un modo di coinvolgerti con le
loro storie e la loro simpatia che ti trascina nella
loro vita come se le avessi sempre conosciute. La
passione con cui condividono i loro spazi e il loro
tempo ti fa capire come la solidarietà sia
veramente un punto di incontro. Fanno parecchie serate
e, nonostante le varie malattie continuino a ridurre
la formazione, quando sono al centro anziani propongono
parecchie iniziative per la cittadinanza locale. Sono
un esempio. Inoltre l’Associazione Culturale
Il Levante aveva già prodotto, in passato,
due dischi per le Mondine di Melegnano e conseguentemente
non potevano non far parte di questo lavoro. Con loro
abbiamo registrato in diretta tutti insieme con l’aggiunta
della fisarmonica di Paolo Montanari. Tra l’altro
la registrazione così come è avvenuta
con loro è la stessa che abbiamo utilizzato
nel disco ovvero due microfoni aperti e via. Poche
le sovraincisioni. L’idea era quella di essere
diretti, semplici, senza fronzoli. E con le Mondine
così è stato. L’impegno di Daniele
Denti, il quarto uomo, alla consolle è stato
importante per consolidare il tutto.
Oggi c'è al governo la sinistra,
ieri la destra. Le cose non sono cambiate molto. Quanto
è importante ancora la canzone politica della
resistenza in Italia?
A mio avviso rimane fondamentale. Meri Franco Lao
scrive nell’introduzione a “Storia rivoluzionaria
dell’America Latina attraverso la canzone”:
scrivere una storia di un popolo significa sempre
dire troppo poco e dirlo male: quasi sempre significa
non capire l’esperienza di quel popolo. Entrare
nella storia di un popolo, farsi cubano tra i cubani,
come il Che nella guerra, per partecipare alla liberazione
di quel popolo, significa iniziare a capire. Cantare
le canzoni di un popolo, per chi realmente lavora
e lotta per la liberazione, è molto di più
che non scrivere e leggere tanti saggi sull’America
latina”. Le canzoni diversamente dalle pagine
dei libri non possono essere cambiate. Un testo di
un canto anche dopo sessanta anni è sempre
quello. E mentre lo canti racconti un fatto. Una storia.
Ecco l’importanza. Oggi con i libri si confondono
le idee, si utilizza il mercato per creare un business,
i tempi sono talmente veloci che non fai in tempo
a difenderti dal revisionismo sulle foibe che parte
quello alla Resistenza. Con le canzoni si può
combattere questo modo. Una chitarra, come ha scritto
Woody Guthrie sulla sua, è una macchina che
ammazza i fascisti. Alzate il volume e cantate. Si
può fare rock’n’roll e nello stesso
tempo dedicare un po’ di spazio ai canti partigiani
o del lavoro.
Dopo questo disco, ci saranno ancora
i Groovers o è un argomento chiuso?
I Groovers non sono un argomento chiuso. In questi
gironi stiamo preparando un nuovo disco. Certo non
è più come un tempo. Ci troviamo di
fronte un mercato saturo di cover e tribute band.
Noi non riusciamo ad usare il surf su quelle onde.
Siamo legati alla tradizione anche se innovativi.
Lo spazio per proposta particolari è sempre
più ristretto ma gli stimoli non mancano certo.
I Groovers possono ancora dire e fare qualcosa di
interessante nonostante il limite di cantare in inglese
che da noi è un handicap. Non siamo i Wilco
che possono sperimentare ma sai che ad un loro concerto,
in quanto americani, troverai comunque il rock che
speri di trovare. Siamo italiani e non ce lo possiamo
permettere. Quando spedisci il disco al festival,
all’agenzia, al locale non riescono a classificarlo
e tutto diventa più difficile. Non sanno che
ascolteranno un concerto rock con tutte le deviazioni
del caso ma chi ci segue sa che non deludiamo le aspettative.
Siamo legati al rock’n’roll anche se con
soluzioni personalizzate. Suonare dal vivo è
l’unico modo per restare vivi. Se questo avviene
con i Groovers, ad un concerto sulla Resistenza, al
basso di una garage band non ha importanza. Nella
difficoltà si amplificano le forze e se da
questo nasce un nuovo disco bene. Io le canzoni le
ho già scritte.
Quali sono i vostri progetti per il futuro,
parlo dei tuoi e di Evasio insieme?
Oltre al disco dei Groovers proseguiamo con lo spettacolo
dei canti della Resistenza che dal prossimo anno si
chiamerà “Siamo i ribelli” come
il libro che sto preparando per la Selene Edizioni
per la collana Distorsioni curata da Marco Denti.
Un libro che non è in stile storiografico ma
piuttosto la visione dei canti partigiani vista da
uno che da sempre suona rock’n’roll. Al
libro sarà allegato il cd che parzialmente
dovrebbe essere uguale a quello di “Festa d’aprile”
ma che potrebbe avere dei cambiamenti. Infine Evasio
sta lavorando al suo progetto solista mentre a breve
uscirà il disco della mia prima garage band
degli anni ’80, recentemente riunitasi, Thee
Stolen Cars nella quale suono il basso. Il disco esce
per la Nicotine records. E’ un ritorno dopo
parecchi anni di assenza dalla scena con tre quarti
di formazione originale. Non escludo anche altre strade
come quella di un disco di canzoni in italiano, già
sperimentato con un disco “io lavoro”
uscito per la rivista L’Ernesto. Sono anni che
con vari tentativi ho provato ad avvicinarmi alla
nostra lingua e non si sa mai che prima o poi ci riesca.
Devo solo essere convinto della proposta. .
|