Il
trio
beat milanese col vizio del tutto esaurito
di
Giorgio Maimone
Dovunque
suonino fanno il tutto esaurito. Merito anche dello strano
nome, I Cosi, che è stato loro affibbiato da Morgan.
Sono un trio: basso (Antonio Mesisca), batteria (Stefano Stea
Aquino) e chitarra e voce (Marco Cosma); fanno canzoni anni
‘60, in bilico tra influenze britanniche, beat e cantautorali.
Un gruppo che si sta caratterizzando per una serie
di tutto esaurito in ogni posto dove suonano.Così mi
hanno detto …
No, guarda.
E’ vero. Noi siamo un gruppo estremamente live. Suoniamo
da dieci anni assieme e quindi, specialmente nel milanese
siamo facce conosciute. Da quando suoniamo nelle vesti dei
Cosi e quindi da quando il nostro tipo di musica è
un po’ cambiato, ai concerti la gente è molto
coinvolta. E quindi tramite il passaparola, quando siamo tornati
a suonare in locali dove avevamo già suonato in passato
con 4-5 gatti, li abbiamo trovati ben frequentati.
E
voi tra l’altro non avete ancora fatto un disco. Anzi,
l’avete fatto, ma non è ancora uscito.
Sì,
abbiamo finito nel mese di aprile le registrazioni e uscirà
a settembre/ottobre e avrà titolo “Accadrà”
che è anche una canzone presente nell’album.
Appunto
raccontami un po’ questo disco, come si articola, come
nasce, che musica fate? Voi grosso modo vi richiamate agli
anni ’60, no?
Sì,
il nostro progetto è proprio scaturito dal nostro ritorno
a livello di ascolto al materiale di quegli anni, dove la
musica in Italia era rappresentata da Bindi e Tenco, dalla
scuola cantautorale genovese, piuttosto che dai gruppi beat
che si rifacevano certamente a un beat inglese, ma rielaborato
in chiave italiana. Nel disco si sentono molto queste atmosfere
anche perché noi abbiamo incominciato proprio riproponendo
la musica di quegli anni: riproponendo magari in tre i pezzi
di Tenco che erano arrangiati da Reverberi per essere eseguiti
con l’orchestra. Siamo riusciti in tre a fare un arrangiamento
in cui l’orchestra, a volte, sembra quasi di sentirla,
ma c’è soltanto chitarra, basso e batteria. L’apporto
fondamentale comunque lo danno le due voci: la mia e quella
di Antonio che mi fa delle seconde voci abbastanza importanti.
E questo aiuta molto.
E
poi c’è un’importante sponsorizzazione
Morgan … E’ un po’ il vostro padre nobile.
Lui è
stato per quanto mi riguarda, un maestro, Cinque anni che
suono con lui e mi ha trasmesso tantissime cose. E’
uno degli artisti più in gamba che abbia mai conosciuto.
Questo oltre all’apporto umano e di musicista. E poi
è lui che ha coniato il fortunato nome della band:
i Cosi. A un concerto alla Casa 139, noi dovevamo aprire e
non avevamo ancora un nome per il gruppo. E allora Morgan
di ha presentato così, anche un po’ scherzando:
“Ecco a voi … i Cosi”. Il nome ci è
piaciuto e ce lo siamo tenuti. (Ridiamo)
E’
un nome che nessuno può dimenticarsi! Voi usciti dalla
sala prove di via Lombroso. Un ambiente che ha funzionato
bene ultimamente.
Noi abbiamo
ancora la sala lì, perché non riusciamo ad abbandonare
questo posto. E’ già una decina d’anni
che suoniamo in via Lombroso, un posto che è stato
molto importante per noi. Siamo cresciuti musicalmente assieme
a tantissime altre persone. Un posto dove ci si scambia idee,
si entra in contatto, jam session alle tre di notte, perché
lì è sempre aperto. Ci ha dato veramente molto,
perché poi un musicista cresce quando si confronta
con gli altri. Più rimani da solo nel tuo e meno cresci.
Posti come questi hanno visto nascere molte delle band che
ora vanno per la maggiore: è un ambiente molto prolifico.
Erano i vecchi Macelli della carne.
E
che nessuno dica che adesso lì si macella la musica!
(ridiamo) Le canzoni del disco sono scritte da voi o sono
anche cover?
Nel cd
ci sono undici pezzi inediti che sono interamente scritti
da noi. Io scrivo le canzoni, nel senso degli accordi e i
testi e poi le arrangiamo sempre insieme tutti e tre in sala,
che è il momento in cui le canzoni prendono la loro
vera forma. Nel corso delle registrazioni del disco, abbiamo
inciso anche due cover, a una delle quali siamo molto legati:
la canzone di Paul Anka “La verità”.
La facciamo spesso anche dal vivo. Ma nel disco non ci saranno.
Mi
dicevi che dal vivo funzionate bene. Ma qual è il motivo?
Una grossa presenza scenica? Oppure la musica?
Noi siamo
molto abituati a suonare live, quindi c’è grossa
spontaneità nei nostri concerti. Non è che facciamo
robe incredibili. Ci limitiamo a suonare e a seguire le emozioni
che ci comunicano le canzoni, che essendo però molto
varie (vanno dal valzer, alla bossanova, al beat) aiutano
la gente a lasciarsi andare. Sono in italiano, quindi il testo
è comprensibile ed è più facile lasciarsi
anche commuovere un po’ di più. C’è
sempre molto divertimento nei nostri concerti, più
che altro?
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