Nel
2008 un nuovo disco e il ritorno degli Estra
di
Giorgio Maimone
Parliamo
con Giulio Casale, autore di una splendida riedizione dello
spettacolo "Polli di Allevamento" di Gaber e Luporini,
nonché di una più che esauriente biografia dell'artista
milanese, alla vigilia della serata-tributo in memoria di
Giorgio Gaber organizzata alla Bocconi per il 7 maggio. Che
tipo di tributo sarà? Un concerto? Una conferenza?
Un ricordo parlato o cantato?
In realtà
dovrebbe essere più un ricordo parlato. Ci sarà
Paolo Del Bon della Fondazione Gaber, una tua collega giornalista
e poi io. Poi in realtà mi hanno chiesto di portare
anche la chitarra. Quindi penso che ci sarà spazio
sia per qualche canzone di Gaber che per qualcuna delle mie.
Il
tuo ricordo di Giorgio Gaber? Ho avuto modo di leggere il
tuo libro e di sentire tue dichiarazioni in merito, ma se
dovessi enucleare un ricordo di Gaber? Un solo aspetto?
Una straordinaria
forza fisica che era peraltro specchio della sua straordinaria
ostinazione nel voler capire perché siamo messi così
male. Non arrendersi a questo, ma anzi arrivare alla necessità
di una reazione alla condizione dell’individuo di fine
novecento.
Tu
hai messo in scena il suo Polli di allevamento. Ne ho sentito
dire un gran bene e purtroppo non ce l’ho ancora fatta
a vederlo. Spettacolo che ripropone in modo filologico il
Gaber del periodo. O sbaglio?
Sì,
sì, sì. L’idea era proprio quella. E chi
ha creduto in me ha creduto proprio nella possibilità
di avere non solo la stessa macchina scenica, lo stesso impianto
scenotecnica, ma anche un po’ di quella carica che dicevo
prima. La scommessa più bella che abbiamo vinto è
stata proprio quella di essere riusciti a creare un forte
impatto in chi lo viene a vedere e non solo per l’operazione
nostalgia.
E’
un’operazione destinata a rimanere teatro oppure è
previsto disco, dvd o quant’altro?
C’è
un interessamento della televisione. Adesso vedremo. Abbiamo
già fatto delle riprese professionali. Adesso vedremo
che uso farne.
Per
quanto riguarda invece proprio la tua attività cantautorale
in senso stretto, sei fermo al 2005 con In fondo al blu, un
album ancora recente quindi. Che rappresentava già
una conferma della tua svolta decisa verso la canzone d’autore.
Ci sono già progetti nuovi? Stai già facendo
qualcosa?
Sì,
sto scrivendo nuove canzoni. Ma è più una canzone
di tempi. Nel senso che Polli d’allevamento è
andato così bene che c’è in corso una
seconda grande stagione, quindi, fino alla primavera prossima
siamo impegnati con questo spettacolo. Per cui iniziamo già
a ragionare per il 2008/2009.
Tempi
lunghi.
Tempi
lunghi. Sicuramente ho voglia di tornare in pista sia con
uno spettacolo, sia con un disco firmati da me. Comunque la
dimensione teatrale ormai credo che sia definitiva. Però
anche con le mie canzoni. Speriamo che con la stagione, non
questa, ma quella successiva riesca a far coincidere queste
due cose.
Mentre
invece il capitolo Estra è definitivamente chiuso?
In realtà
no.
Però
non c’è tempo.
Appunto
(ridiamo). Sto seguendo troppi spettacoli, troppe iniziative,
per cui è difficile veramente. Però abbiamo
tante richieste di concerti che dovremo anche trovare il momento
per un tour. E’ anche un qualcosa che dobbiamo a chi
ci ha seguito con passione. Anche se si trattasse di uno scioglimento
glielo dobbiamo; almeno un giro finale sarebbe bello e giusto
farlo.
Ma
per adesso quindi non sono sciolti gli Estra?
No, no.
Sono fermi, “in sonno”. In letargo.
Parlando
con Paolo Dal Bon, qualche tempo fa sulle presunte e possibili
eredità di Gaber, lui ha detto che ce n’è
soprattutto uno di erede di Giorgio e che quello sei tu. E’
un paragone che ti esalta o che ti atterrisce. Impegnativo
…
Naturalmente
il paragone con Gaber per me non è mai un insulto,
però è la parola erede che, insomma, è
un po’ greve. Mi fa subito pensare a parenti che litigano
per accaparrarsi i beni del defunto (ridiamo). Io credo semplicemente
di stare facendo il mio percorso che in questo momento omaggia
uno dei miei maestri.
E
comunque il tuo percorso va nel solco del teatro-canzone.
Esatto.
E ha questa grande forza d’attrazione, perché
mi rendo conto che è un medium che mi si confà
molto, questo essere a cavallo tra la prosa e il concerto.
Però Gaber non è il mio unico punto di riferimento:
ho tanti altri maestri. Oltre ad avere un mio modo di scrivere:
le mie canzoni non sono necessariamente derivanti da quelle
di Gaber.
Sotto
il profilo canzoni quali sarebbero gli altri “padri
ispiratori”? Il mondo del cantautorato classico?
Sì,
anche. Italiano ma non solo.
Anzi,
forse soprattutto non solo italiano.
Devo
dirti che in Italia io ho amato alla follia, fin da bambino,
Tenco, De André, ma anche Endrigo, per dire nomi tra
quelli meno mainstream per così dire. Dall’estero
da Nick Drake, a Nick Cave, passando per Tom Waits e i Velvet
Underground. Ci sono tantissime fonti che mi agitano e si
agitano in me, anche a livello musicale.
Ti
ringrazio. A presto.
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