Come
catturare il sole dentro i solchi
di
Giorgio Maimone
Erano
anni che Eugenio Bennato non faceva un disco così convincente.
Caldo di un giusto calore mediterraneo, ispirato, cantato
benissimo, anche da lui che non si è mai considerato
un cantante. Soprattutto un disco che ha cose da dire e le
dice con chiarezza. Scegliendo posizioni, parlando in linguaggio
piano, ma delicatamente poetico di tutto un mondo che abbraccia
il sud dell'Italia e il Mediterraneo fino all'Africa.
Ho
ascoltato il tuo Sponda sud, un disco pieno di sole e di calore.,
Da dove nasce? Tra l’altro tu era molto che non facevi
un disco a nome tuo, no?
Beh,
sì. Ho fatto l’ultimo nel 2002. Penso che i dischi
vadano ben meditati oggi, perché c’è tanta
produzione di cose che spariscono subito. "Sponda
sud" è un po’ il diario dei miei
ultimi viaggi, molto intensi, in tante parti del mondo. Un
cammino che è iniziato con Taranta power che è
stato un po’ prendere coscienza un po’ di tutto,
ma soprattutto per i giovani del sud, della loro identità
culturale, recuperando i ritmi del ballo . Un affacciarsi
al Mediterraneo dalle campagne del nostro sud, spontaneo,
essenziale per me per riconoscere sonorità, ma soprattutto
un modo di essere musicisti che accomuna la gente di queste
due parti del mare. Li accomuna nel modo di porsi di fronte
la fatto musicale, nel senso di fare musica che spesso è
parte di un rito e nel caso della taranta è un rito
di guarigione. Questa musica che è terapia è
viva in tutti i paesi del Maghreb alcuni ritmi, ferma salva
la differenza che è fondamentale, hanno in comune la
stessa matrice che è ipnotica.
Anche
se in questo disco non hai utilizzato strumenti della tradizione
maghrebina o araba. Hai reso il tutto con strumenti della
nostra normale tradizione occidentale.
Guarda,
questi legami secondo me sono soprattutto legate alla sonorità
di alcune lingue e di alcune sonorità vocali. Per gli
strumenti direi che è talmente ricco il nostro sud
o il mio bagaglio musicale che non ho bisogno di mutuare darbuke
o altro dall’area mediterranea che tra l’altro
sono abbastanza sfruttate. Io invece sono sempre stato attratto
dalle storie e dalle voci. "Sponda sud"
parte proprio da un mio viaggio in Etiopia dove fui accolto
da alcuni bambini che avevano preparato alcune mie canzoni
di cui volevano farmi omaggio con le loro voci bianche. Io
in quel caso con molta prontezza scrissi "Sponda
Sud", la canzone, proprio mentre loro mi
facevano ascoltare i loro lavori e gliela feci cantare proprio
lì ad Adiss Abbeba e tornai in Itlaia con la prima
traccia di questi cori straordinari di bambini.
E
sono ancora loro nel disco?
Certo, la parte vocale è rimasta la stessa. Fatta altre
voci, fatta nella scuola, il giorno dopo il concerto. Se vuoi
il segnale, musicalmente, ma anche concettualmente è
quello: questa fantastica sponda misteriosa che forse non
si scoprirà mai. Ma che si possa andare sempre oltre
in questo aspetto magico, in contrapposizione con l’aspetto
razionale della nostra civiltà. Questo è un
po’ il senso di "Sponda sud",
anche se poi su dieci brani ognuno prende una sua strada e
si porta dietro una sua storia.
C’è
anche un clima generale nel disco. Oltre questa solarità,
una calma , una tranquillità, trasmette buone impressioni.
Sarò
forse un fatto di esperienza.. Dai miei contatti con il mondo
popolare ho preso alcuni elementi che sono forse non eclatanti,
ma intimi, sottili come una sorta di swing che spesso viene
malintesa da quelli che fanno il revival. Parlo per esempio
della taranta che spesso viene esagerata nel senso di gran
casino, mentre lì la vibrazione quella che ti porta
alla circolarità della danza è qualcosa che
non ha a che fare col pestare in maniera violenta. Infatti
questo disco è fatto con pochissimi strumenti, anche
se in due brani ho “ceduto” alla grande orchestra
del Cairo, non ricordo dove. Io sono stato recentemente al
Teatro del’Opera del Cairo dove ho suonato con l’orchestra
locale che ho inserito in un paio di brani, "Sponda
Sud" e non mi ricordo bene dove. E l’orchestra
con la sua imponenza e la sua classicità si contrappone
al resto della strumentazione che è fatta con due chitarre,
battenti, e le percussioni. E niente altro. E poi c’è
la mia voce che in qualche modo può essere il filo
conduttore. Io poi non mi sono mai ritenuto un cantante, anche
se l’influenza della mia amicizia con De André
o con altri cantanti brasiliani mi ha portato a pensare l’influenza
che il canto può avere sul tutto . Un impatto vocale
tranquillo, al di fuori delle intemperanze dei cantanti di
petto e di voce.
Certo
però si nota proprio una maturità artistica,
una trasformazione anche vocale che colpisce. Sei diventato
più caldo e pastoso nel proporre le tue storie.
E’
un disco in cui non ho avuto fretta. Veramente io non invidio
i miei colleghi che sono pressati dalle case discografiche
per fare un disco. Io sono pressato dal pubblico che me lo
sta chiedendo da tempo. Ed è un pubblico che è
diventato in questi ultimo tempi molto vasto . e devo dire
che sto vivendo questa stazione che non vivevo nemmeno quando
ero nella Nuova Compagnia di Canto Popolare
o in Musicanova. Proprio un accorrere di
giovani, di masse di ragazzi, come adesso al Leoncavallo all’ultimo
concerto che ho fatto a Milano che era strapieno ma di gente
giusta, di quella che sceglie che musica vuole sentire.
Ho
avuto una copia masterizzata del disco e non ho quindi le
indicazioni di copertina. Chi è che canta con te nel’alum?
Sento spesso una voce femminile …
Africana?
Sì
Si chiama
Zaina, Zena, che è venuta qui in Italia emigrata come
tante altre. Tutte le voci del disco sono mie scoperte. Più
che ai professionisti penso sia bello rivolgersi a questa
immensa ricchezza dell’emigrazione che arriva dalle
nostre parti. Lei viene dal Mozambico ed è una ballerina.
Io ho scoperto che aveva anche queste doti vocali che si riferiscono
proprio alle sue leggende, al suono delle leggende della sua
infanzia che suona un po’ come l’Africa. L’altra
voce araba è Mohammed che viene dal Marocco e per esempio
Mohammed faceva tutt’altro lavoro ed era nei campi vicino
a Mondragone a raccoglier frutta e poi tu vai a scoprire che
appartiene a una famiglia colta, una famiglia di grandi tradizioni
culturali. Insomma qui tu vai a scoprire che tra gli immigrati
abbiamo delle ricchezze immense. Basta guardarsi intorno.
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