Simone
Cristicchi: un "matto" a Sanremo
di
Giorgio
Maimone
Ho letto il tuo testo per
Sanremo, Ti regalerò una rosa,
e ho capito che il matto sei tu! Uno che
va a Sanremo con un testo del genere non
può che essere pazzo. E’
bellissimo!
Hai
solo letto il testo? (ride)
Sì, per adesso sì
e l’ho trovato assolutamente commuovente
e di grandissimo livello poetico. Come
hanno fatto ad accettartelo a Sanremo
un testo del genere?
Non lo so. Però lo ritengo un fatto
assolutamente positivo: è la prima
volta che si affronta un tema del genere
a Sanremo. Ora come ora non avrei saputo
parlare d’altro, perché arrivo
da un viaggio - un viaggio che ho fatto
per il mio documentario sui manicomi -
e mi sono chiesto: “Di cosa posso
parlare in maniera emozionante. Cosa conosco
bene in questo momento"? Ed è
venuto fuori questo tema, questa idea.
Che in qualche modo è un’alchimia,
perché è anche una canzone
d’amore, volendo… Alla fine
Ti regalerò una rosa
è come se fosse una canzone dedicata
a questa Margherita che è andata
via. Però secondo me la cosa più
importante è che si parli di tutt’altro
nelle strofe.
C’è poi questo
finale struggente: “Mi chiamo Antonio
e sto sul tetto /… / ti lascio questa
lettera / adesso devo andare / perdona
la calligrafia da prima elementare / E
ti stupisci che io provi ancora un’emozione?
/ Sorprenditi di nuovo perché Antonio
sa volare”. Davvero mi ha commosso.
Non ho mai sentito niente di così
forte a Sanremo. Ma anche in assoluto,
poco di equivalente.
Ma davvero?
Non mi era mai successo di
commuovermi con una canzone di Sanremo!
Ho trovato il testo raffinato, poetico,
intenso: insomma, bello! Sono molto curioso
di sentire la musica adesso.
Musicalmente è un mezzo lento,
con una ritmica elettronica in quattro
quarti e una prevalenza di violini: quasi
incastro tra musica elettronica e musica
da camera. A Sanremo poi tutto viene “gonfio”,
enfatizzato dall’orchestra. Quindi
il quartetto d’archi potrebbe risultare
affogato e si riuscirà a sentire
meno. Io ti racconto di come è
stato concepito l’arrangiamento
e di come andrà su disco.
Ho visto che fai il duetto
con Sergio Cammariere. In quel caso è
solo pianoforte e voce o c’è
ugualmente l’orchestra?
C’è l’orchestra. Per
quanto so io, Sergio si inserirà
nella canzone. Naturalmente ci saranno
momenti in cui resterà solo piano
e voce... In realtà non ti so dire
bene come sarà, perché dobbiamo
ancora provarla (ridiamo). Ci troviamo
oggi pomeriggio (giovedì scorso,
ndr) e vedremo cosa ne verrà fuori.
Il due marzo uscirà
il tuo album, dove ci sarà “Ti
regalerò una rosa”, ma le
altre canzoni come sono? Sono sullo stesso
tema o variano?
Ce n’è un’altra sullo
stesso tema, perché è una
lettera originale del manicomio di Volterra,
si chiama appunto Lettera
da Volterra e andrà
a chiudere l’album. E' un duetto
con Giovanni Allevi: io recito questa
lettera su una sua improvvisazione al
pianoforte. Poi c’è un altro
pezzo che è molto attuale e parla
del caso Welby, in maniera particolare
però, perché ne parla…
Tutti temi leggeri ti sei
scelto? (ridiamo)
No, ci sono episodi anche più leggeri...
Questo è per la serie
di uno che ha vinto il Premio Charlot
per la canzone comica! (ridiamo). Sono
lontani i tempi di “Vorrei cantare
come Biagio Antonacci”. Dicevi della
canzone sul caso Welby…
Sì, si chiama “Legato
a te” ed è
scritta in prima persona.
“Legato a te”
… immagino voglia dire legato alla
macchina, vero?
E’ un’immedesimazione. Mi
sono un po’ immedesimato in lui
ed ho tirato fuori questo pezzo che, naturalmente
non prende una posizione, ma è
ricco di immagini e suggestioni. È
lui che parla alla macchina che lo tiene
in vita..
Poi c’è il proseguimento
di Studentessa universitaria
che c’era nel primo album. Non so
se te la ricordi...
Sì assolutamente. E
cosa è diventata?
L’abbiamo lasciata che aspettava
un figlio … e adesso è “Laureata
precaria” (“Il
seguito di quella storia”). Un’occasione
per parlare di lavoratori temporanei,
Co.co.co e quant’altro.
Insomma: matti, eutanasia,
lavoratori precari… è un
album agit-prop! Dannatamente serio.
Mah, c’è un’alternanza
di temi e di atmosfere, però, globalmente
è un album più cupo del
precedente. Anche come sonorità.
“Fabbricante di canzoni” era
un album assolutamente schizofrenico:
si iniziava con un quasi rap e si finiva
con pianoforte e voce e un duetto con
Endrigo. “Dall’altra
parte del cancello”, questo
il titolo del nuovo album, è molto
più unitario come atmosfere. Uscirà
contemporaneamente nella versione cd e
cd+dvd con il mio documentario sui manicomi.
Conterrà anche una sorta di cover
de L’Italiano
di Cutugno, ma in chiave da “italiano
nero”, ossia dal punto di vista
degli immigrati.
Sei diventato un vero artista
multimediale: cd, documentario e quasi
contemporaneamente anche un libro, di
cui tutti parlano molto bene.
Chi ne parla bene?
Tutti!
Beh, sono contento. Guarda, la cosa più
importante, la cosa per cui vado orgoglioso
del libro è di aver potuto pubblicare
le lettere degli internati del manicomio
di Volterra. Tu sai che per la normativa
vigente, gli internati non potevano spedire
le lettere. Quindi le scrivevano ma non
venivano consegnate. Ecco, a distanza
di tempo, mi è sembrato di offrire
loro un risarcimento: di essere io a consegnare
queste lettere all’esterno.
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