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Presentazioni & concerti
Daniele Silvestri "Il latitante"






"Se ho finito il disco è grazie a Sanremo"
di Lorenzo Bracco

"Sanremo è servito a darmi una scadenza, uno stimolo per finire il disco: se non avessi avuto questo paletto sarei ancora qui a lavorarci. Sanremo per me è un momento propizio e liberatorio. E poi diciamo la verità: è l’unico evento che può competere in termini di ascolto con i campionati di calcio!" Spero che il pezzo sorprenda, perché ho davvero cercato di fare una cosa diversa, fuori dagli schemi consueti». Mentre parla Daniele sfodera uno di quei suoi sorrisi solari, quelli in cui gli ridono soprattutto gli occhi, e spiega che dopo due anni di latitanza "causa paternità" ha impiegato altri tre anni a fare il disco. «Latitante perché grazie a Salirò ho potuto smettere per un po’ di far dischi, pensare a far figli e fare per un po’ il papà per bene». Daniele Silvestri spiega così il perché del titolo del suo ultimo lavoro. Poi aggiunge che è stata in qualche modo una latitanza forzata, che non è stato facile ricominciare a far canzoni, perché gli sembrava che si fosse chiuso un ciclo. «Avevo bisogno di ripartire da zero, di ristudiare gli strumenti, di spezzare degli automatismi di scrittura».

Siamo al quartier generale della Sony-Bmg dove abbiamo potuto ascoltare "il Latitante in anteprima. E suona bene. Caspita se suona bene. Sotto un'aria danzereccia e scanzonata, poi, nasconde dei testi per niente banali.
L'assenza dalle scene è stata lunga, ma il cantautore romano non è mai rimasto inattivo. «A un certo punto mi sembrava di stare in un cantiere aperto: ne avevo tre di dischi, ma nessuno finito. Poi i brani si sono scelti da soli». E il risultato spazia tra molteplici generi - "Non sono legato nulla in particolare, perché è la curiosità che mi spinge a muovermi tra un genere e l'altro, la voglia di sperimentare ambienti a me sconosciuti" - ma ha una sua uniformità di base, una cifra stilistica comune che sta soprattutto nel coraggio costante di prendere posizione.

Dice scherzando che spera di non essere passato dal ruolo dell'Uomo col megafono a quello del latitante "anche se poi forse mi farà comondo. Così quando non mi presenterò agli inviti per promuovere il disco, potrò mettere le mani avanti. Non c'è Silvestri perché è un latitante".

Parla con disincanto e con un po' di tristezza dello spirito rinunciatario che negli ultimi anno prende sempre più piede e della tendenza ad abituarsi a tutto, al fatto che anche le cose peggiori diventano normali. "C'è una canzone, Love is in the air, che contrariamente al titolo non parla d'amore. E' il testo più politico del disco, parla di puzze. E del fatto che in Italia siamo particolarmente bravi ad abituarci. Una delle cose peggiori che sono successe in questi ultimi 10 anni - che io faccio coincidere con il berlusconismo, ossia non con Berlusconi, ma con un certo modo di intendere la politica e che voi potete chiamare come vi pare - è che il livello morale ed etico è spaventosamente sceso. Ma ancora peggio è il fatto che ci siamo abituati. Ecco, ogni tanto è necessario aprire la finestra e sentire un altro odore per poter riconoscere novamente la puzza. Perché la devi sentire per combatterla. Se ti abitui, l'aria viziata ti sembra naturrale. Non mi piace nemmeno questo spirito rinunciatario, questa tendenza a cercare un rifugio piuttosto che a trovare il modo per combattere ed affrontare i problemi. Cerco di raccontare nelle mie canzoni questo desiderio molto diffuso. Forse il tessuto sociale in cui viviamo è diventato così instabile e precario da impedirci di percepire un ruolo preciso, in un futuro costruito senza definizione. Mi preoccupa l'idea del rifugio, è una sorta di sottomissione inconscia".

Nel disco c'è la latitanza, dunque, ma si parla anche di confusione, di insicurezza, di assuefazione al peggio e di rifiuto dell'alieno. In questa ultima tematica rientra "Gino e l'Alfetta", una canzone dedicata ai gay. "Era un tema di cui volevo parlare da tempo. Avevo parecchi sensi di colpa nei confronti di alcuni amici omosessuali, che mi rimproveravano di non aver mai affrontato questo argomento. La cosa che mi disturba di più è che in Italia per assurdo per accettare un gay si sente il bisogno di ridurlo a una macchietta o di spettacolarizzarlo. Allora va bene. Ma se è uno che fa il bancario o il benzinaio, allora no. Non parliamo poi se fa il maestro o il professore. Poi mi sono trovato a suonare una serie di accordi che hanno tirato il lato femminile di me. Ed è uscita questa canzone".

Silvestri affronta poi il problema internet, il fatto che musicisti e case discografiche abbiano un mestiere da rinventare. "La rete porterà tali cambiamenti da non ragionare più in termine di produzione del disco. Questo mi dispiace soltanto perchè si perderà il concetto di album e si tornerà alle origini, quando il 33 giri era soltanto una raccolta di singoli. La differenza sarà che ognuno se la potrà comporre a suo piacimento. Io questo terreno non lo vivo con paura, credo che sia uno stimolo a trovare una nuova dimensione, magari più teatrale. Dopotutto Internet non si basa sull'imposizione di un prodotto, ma sulla libertà di poterlo cercare. E anche questo, in fondo, è democrazia".

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Ultimo aggiornamento: 21-03-2007
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